Considerazioni sparse su Sanremo sulla base di ciò che ho reperito in giro.

Ha vinto Diodato con una canzone dedicata alla sua ex. La sua ex è Levante anch’ella presente al Festival che a sua volta ha dedicato una canzone al suo ex Diodato, che al mercato mio padre comprò.
E noi mortali che ci lanciamo semplici frecciatine sui social. Questo è un altro livello.
Ma se si mancano perché non tornano insieme?
Attendiamo nuove hit per scoprirlo.

Eloide è di una figaggine spaventosa.
Per Sabrina Salerno ho finito gli aggettivi. Direi che questa settimana tra lei e l’accoppiata Shakira-JLo al Super Bowl, la mia eterosessualità ha vacillato di brutto. E le ventenni, mute.

I Ricchi e Poveri si sono riappacificati e sono tornati alla formazione quadrupla originale. Perché pure l’incazzatura da corna, a un certo punto, va in prescrizione.

Achille Lauro si è vestito perfino da Regina di Cuori di Alice. Alla sua vista, Enzo Miccio è svenuto. Non si è capito se per gioia o repulsione.

Il pubblico si è spaccato tra chi critica Achille Lauro ritenendolo un cretino privo di talento che non si può in alcun modo accostare, come è stato fatto, a mostri sacri quali Freddie, Bowie e Zero; e chi critica chi critica Achille Lauro gridando al genio, al suo essere avantissimo, tanto da non essere compreso dal volgo ignorante.

Vi lascio immaginare da che parte si collochi il mio pensiero…

All’uscita della Leotta sulla bellezza che “capita”, ho reagito nell’unico modo plausibile:

AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!

La presenza di Piero Pelù, Irene Grandi, Le Vibrazioni e Marco Masini mi ha illuso per un attimo che fossimo tornati agli anni’90/inizio 2000. Grazie, vi amo.

È stato tributato un applauso a Beppe Vessicchio che manco al vincitore stesso. Lui ha ringraziato con un sorriso che mal celava un “Pijateve ‘sti spicci. Così imparate a lasciamme a casa, stronzi”. Ha vinto lui.

Ho sviluppato un’imprevedibile simpatia per Elettra Lamborghini. Giovane, famosa, figa, miliardaria, fidanzata con un giovane, famoso, figo, miliardario, che avrà detto: «Vabbè ‘sta settimana non c’ho molto da fa’, me ne vado a Sanremo a famme du’ risate». Adorissimo. (Ele’, se t’avanza ‘na Diablo, sai dove trovarmi).

C’erano i “Pinguini Tattici Nucleari” non li conosco, ma il loro nome mi ha fatto ridere. Poi ho pensato che se veneriamo gli “Scarafaggi”, gli “Spazzatura” e i “Peperoncini Rossi Piccanti”, non vedo perché dovrebbero essere da meno i “Tactical nuclear penguins”.
Morgan ha litigato con un certo Bugo. Niente, fa già ridere così.

Paolo Jannacci è Herbert Ballerina. Punto.

Quest’anno vanno di moda le scollature larghe e aperte. Poi non ci stupiamo se le tette straripano.
Il buon Tiziano ha sbroccato a Fiorello che s’è offeso, poi hanno suggellato la pace con un bacio.

La reazione schifata di Ferro credo che sia una delle cose più belle che abbia mai visto in vita mia.

E, in tutto ciò, c’è un cantante che si chiama Rancore. Vi rendete conto? RANCORE. Ti presenti e fai: “Piacere, sono Rancore”. E non devi aggiungere proprio nulla. Sono invidiosa.

Ah, dice che c’era pure Amadeus.

Quindi abbiamo gossip sopraffini, litigi plateali, frecciatine multiple, inciuci, dediche, incomprensioni, rappacificazioni, ripicche, vendette, polemiche, strascichi, Rancore vero che manco Beautiful.

E io, cretina, che ogni anno mi ostino a non vederlo.

 

“Fai rumore” è da brividi… Andava detto.

PRIMO APPUNTAMENTO

Fra tutti i programmi dedicati alla ricerca dell’Ammmoooreee, “Primo Appuntamento” è quello che seguo con più morbosità e interesse.

Ho imparato a memoria le prime tre stagioni e ora, finalmente, siamo giunti alla quarta.

Il format è abbastanza semplice: tra tutti i candidati di tutte le età, la redazione forma delle coppie che reputa compatibili le quali affronteranno una ‘cena per farli conoscere’.

Solo una cena.

Molto meno impegnativo del vincolo eterno previsto da “Matrimonio a prima vista” (del quale vi ho parlato QUI).

Quindi si hanno a disposizione circa due ore di tempo per valutare se colui, o colei, che si trova al proprio cospetto può essere compatibile, appetibile e se fa venire voglia di rivederlo/a.

Ogni puntata è stata divertente e istruttiva, ci ha proposto una variegata e curiosa offerta antropologica e mi ha donato svariati spunti di riflessione.

Abbiamo assistito alla nascita di diversi amori, incompatibilità, scene melodrammatiche, rifiuti e, purtroppo, parecchia ma parecchia cafonaggine e cattiveria.

Come nella vita vera, quella senza spettatori, non capisco che bisogno vi sia di “maltrattare” qualcuno solo perché non corrisponde al nostro ideale, solo perché non ci piace, o ci aspettavamo di meglio o di diverso.

Alla fine devi trascorrerci due ore e poi addio, che sarà mai?

Comprendo che magari alcuni affrontano la serata carichi di aspettative che poi vengono disilluse, ma mica c’entra chi hai davanti. Mica è colpa sua!

C’è stato chi non si è presentato affatto, chi ha visto il partner designato ed è scappato, chi ha avuto un atteggiamento altezzoso, pesante e irritante per tutta la sera, ma che bisogno c’è?

Acidità gratuita a profusione, da donne ma anche da uomini, che ben si sintetizza nella frase che un commensale di una yogurtara ha pronunciato a fine serata motivando la scelta di non rivederla:

«’Na rompicoglioni, per carità!»

E c’aveva ragione.

Ad aggiungere mio ulteriore interesse per il programma, la partecipazione di diverse persone che conosco.

Le considerazioni sono le medesime che ho formulato quando su Tinder mi ero imbattuta in parecchi volti familiari: o conosco troppa gente, o davvero noi single ormai siamo diventati i “soliti noti”, già schedati, sempre quelli, e – se rimaniamo tali – un motivo forse c’è…

Vorrei poter aggiungere molto a proposito di questi personaggi, ma purtroppo ‘nze po’.

Come ha detto la mia amica, sarebbe stato interessante se alla registrazione avesse potuto assistere il pubblico.

Avrei partecipato per produrmi in sobrissimi:

«’Nte fa’ incanta’, è ‘na m***a!! È un cogl****!!» e così via.

Con sommo dispiacere non è stato possibile. Peccato.

Posso, però, parlarvi di alcuni altri protagonisti.

Come, per esempio, Silvia che ha partecipato a tutte e tre le edizioni e si vocifera che sarò presente anche nella quarta.

Della serie “Non me rassegno e me lo dovete trova’!”

Silvia ha un qualcosa che manca alla maggior parte di noi: ci crede. Ci crede molto. E fa bene.

Al motto di:

«Mangia glitter a colazione e splendi tutto il giorno!»

porta a spasso, fiera, il suo fisico giunonico, osando mise che io, per miei limiti, non indosserei nemmeno se pesassi trenta chili bagnata.

Ha un atteggiamento sicuro, che intimorisce gli astanti, fino a sfociare nello scostante.

In un’occasione, mentre si parlava della provenienza del suo compagno della serata, con un candore pari a un’ignoranza preoccupante, ha chiesto:

«…ma è tanto grande st’Africa?!»

Ecco.

Ma anche in quel caso si è mostrata ferma, tranquilla, per nulla imbarazzata dell’enorme gaffe nella quale si era imbattuta.

Perfino di fronte a un rifiuto di uno che la aggradava parecchio, ha chiosato:

«Non l’avrei voluto perché è troppo perfetto…»

Sì, vabbè.

Fa tanto “Ti lascio perché meriti di più” ma a chi non è mai successo di consolarsi con una frase del genere?

Alla fine, questo programma mi piace perché riproduce perfettamente la vita reale, seppur in un contesto da favola e sotto i riflettori.

Riconosci bene e sin da subito gli sfigati, gli stronzi, i finti, gli acidi, gli innamorati dell’amore, i disillusi…

Te la gusti e giochi a prevedere le mosse, a percepire l’eventuale feeling, a chiederti quel che succederà.

Nei titoli di coda ce lo raccontano come è andata a finire, come si è evoluta la storia, quel che è accaduto dopo quella sera.

È triste appurare come alcune volte, dopo le effusioni a favore di telecamera, i fuochi d’artificio da tubo catodico, le promesse frutto dello spettacolo, questi titoli ci rivelino un mesto “non si sono più visti”.

Come è accaduto anche nella prima puntata della quarta stagione, dopo che la coppia si era prodotta in un bacio con sei metri di lingua in diretta nazionale.

Ma è esattamente quel che accade nella vita vera, quella priva di pubblico, dove va tutto bene e a un certo punto e senza preavviso il tipo sparisce nel nulla.

Solo che non hai milioni di telespettatori come testimoni a chiedersi con te: «E perché? Che è successo??»

Quel che mi commuove e stupisce è constatare quante e quante persone di ogni età, nonostante tutto, coltivino una fiducia incrollabile nell’Amore. La certezza di volerlo e meritarlo e la gran voglia di mettersi in gioco per trovarlo.

Tra le varie storie, mi ha colpito quella di Emanuele, che è stato lì a cercare l’Amore per tre volte.
Il primo incontro era stato abbastanza disastroso, con una tizia pesantissima e antipatica.
Ha fatto passare del tempo, ma ha deciso di riprovarci, di ritentare, perché ci credeva ancora.

Perché per lui esisteva, da qualche parte, quella persona fatta apposta per lui; quella “dolce metà” da ritrovare; nonostante una singletudine di ventun anni. Questo batte pure me, ho commentato.

L’ho ammirato.

La sua tenacia, la sua fede, la sua sicurezza, a dispetto di tutto.

Emanuele si è presentato con un mazzo di fiori destinati all’ignota donzella. Roba d’altri tempi, cure che noi non conosciamo più. Oggi, al massimo, accendiamo un cero già solo se non dobbiamo andare a prendere il nostro cavaliere a casa. Figuriamoci se ci aspettiamo di ricevere questo tipo di attenzioni e carinerie!

Si sono svolti gli incontri, mentre Emanuele era lì, ad attendere.

Alcuni hanno funzionato, altri meno e lui è rimasto lì, da SOLO.

La fanciulla non si è presentata.

Dopo due ore gli hanno dovuto chiedere di lasciare il ristorante in chiusura.

Cazzo, che botta.

Mi sono sentita Emanuele in molte occasioni.

Sola, disillusa, ad aspettare, a crederci, ma non più, o forse sì?

«Appena comincio a rialzare un po’ la testa, mi arriva subito una mazzata a rimandarmi giù» questo ha detto, lui.

Già.

Funziona così, per alcuni.

Siamo e siamo stati un po’ tutti Emanuele. Fiduciosi, ma ogni tanto presi dal pessimismo e dallo scoramento. Quando siamo comunque felici – anche da soli –  però… Dove quei “però” a volte ci pesano così tanto…

E allora, che si fa?

Ho ripetuto più volte che avevo chiuso con tutto ciò, che non ci contavo più, che magari non meritavo un Happy End, che era tutto così difficile…

Lui ha detto che comunque continuerà a provarci, a crederci, a cercare, sperando – infine – di trovare.

Ne ho invidiato la forza e la fede.

Perché non lo so, io, se sia giusto e lecito continuare ad avere fiducia. Se occorra lasciarsi tirare giù dalle batoste, o rialzarsi sempre e comunque. Se sarei stata in grado di aspettare così tanto a quel tavolo o altrove.

Se ho mai atteso davvero, o ho solo fatto trascorrere il tempo.

Se ci ho mai creduto davvero, o ho sempre fatto prevalere la disillusione o lo scoramento.

Non lo so, oggi e ieri, mentre – ancora una volta – sono seduta a un tavolo, da sola, che aspetto, o forse no, mentre gusto un bicchiere di rosso che sono certa di aver meritato.

Sulla certezza di meritare l’Amore, be’, su quella sto ancora lavorando…

 

Ah, Emanuele al terzo tentativo l’ha trovata.

Così, per la cronaca.

 

PS: Al netto di tutta la simpatia che nutro per il nuovo maître, Valerio, se mi leggi e hai voglia di un Primo Appuntamento, chiamami. 😉

SOLO IN GREY’S ANATOMY

***SPOILER ALERT***

L’analisi arriva fino all’episodio 15×18.

Se non volete anticipazioni, NON LEGGETE.

 

 

Sono quindici stagioni e quasi altrettanti anni che ci appassioniamo alle vicende di Meredith & Co.

Interventi, inciuci, lutti, catastrofi, annegamenti, disastri aerei, automobilistici, ferroviari, di ferry-boat, bombe, ancora lutti, sparatorie, incendi, matrimoni, arrivi, partenze, ritorni, ancora lutti, ancora inciuci.

Abbiamo pianto per la dipartita di Denny, George, Lexie, Mark, Derek, il cane. Pure il cane!

Nonostante questo, Grey’s Anatomy ci ha insegnato un bel po’ di cose:

innanzitutto che se in ospedale non si trova il medico, è perché si sta sollazzando con qualcuno nella stanzetta.

Poi che è vero che nulla dura per sempre… Tranne le repliche di Grey’s Anatomy, quelle sono infinite!

Infine, e principalmente, che certe cose – purtroppo – accadono SOLO in Grey’s Anatomy.

Solo in Grey’s Anatomy ti rimorchi uno da ubriaca in un bar e quello poi diventa l’amore della tua vita. Che poi mica è uno qualsiasi, no. Becchi un primario, tuo capo, figo come pochi, passionale, pazzo di te. Su questa terra, oltre ai postumi da sbornia, ti ritrovi accanto uno strano esemplare di maschio poco-sapiens che ti ha regalato un coito da coniglio e ti dà il buongiorno con un rutto.

Solo in Grey’s Anatomy l’uomo perfetto, di cui sopra, ti lascia ma poi si pente. Fa la cosa giusta, ma poi pianta la moglie perché DEVE stare con te. (vabbè, poi muore, ma so’ dettagli).

Solo in Grey’s Anatomy un altro uomo perfetto come Jackson si mette con April, prima e Maggie, poi. Quelle che nessuno guarderebbe, figuriamoci uno come lui. Strane, un poco scialbe, manco belle, imbranate. E lui le ama, e pure tanto.

Solo in Grey’s Anatomy pure quel curioso soggetto soprannominato “Occhiali” ha il suo Happy Ending. Con un figone, ovviamente.

SOLO in Grey’s Anatomy ti si contendono in due. Già agli albori, quando Meredith era indecisa tra Derek e il veterinario e sottoponeva entrambi a una prova, un test, per poter scegliere. E loro acconsentivano, pur di conquistarla.

Pensiamolo nella vita reale…

AHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHAHAHAAHAH!!

Già sarebbe una botta di culo inimmaginabile trovarne due papabili, figuriamoci, poi, se costoro si presterebbero a una singolar tenzone per arrivare alla propria bella.

Nella vita reale, se non ci stai tu, ne hanno altre da vagliare. Incarnano il detto “Amare il prossimo” non mi ami? Passo al prossimo, o alla prossima.

Poi, di nuovo, Meredith diviene l’oggetto dei desideri sia di DeLuca che dell’ortopedico.

Ed è indecisa.

So’ problemi seri, veramente. Ma che ne so io.

(vi consiglio caldamente di guardarlo in lingua originale per apprezzare quando DeLuca alterna l’italiano all’inglese. Di una secsità infinita, proprio).

Ora, anche Teddy che pare preferire Koracick a Owen.

Solo in Grey’s Anatomy, appunto, nonostante la limitatezza di un ospedale, c’è tutta questa ampia e valida scelta di materiale umano. Di donne, uomini, o entrambi, come fu per Callie prima e per la DeLuca femmina, poi. Che è una generosa, una che interagisce con qualsiasi esponente ambo i sessi le si pari davanti… o dietro.

Solo in Grey’s Anatomy, se ti lasci, trovi subito qualcuno disposto a confortarti e poi magari vi innamorate. Anzi, sicuramente vi innamorate. Ed è tutto bello, tutto leggero, tutto che si risolve con semplicità. Nella vita reale, stocazzo.

Fatta questa doverosa premessa, vorrei concentrarmi sull’ultima puntata andata in onda.

Puntata che vede – quindi – un bel triangolo composto da Owen e Koracick che si contendono Teddy.

Koracick che per me è, e rimarrà sempre, Richard Fish di Ally McBeal. Quindi lo amo di default. Come personaggio è abbastanza simile: ironico, arrogante, inaffidabile, ma che ogni tanto ti tira fuori quella profondità che non ti aspetti.

Dalla sua comparsa, ha provveduto a “consolare” Amelia, April, Catherine e, infine, Teddy.

Teddy incinta di Owen.

Solo in Grey’s Anatomy se sei incinta di un altro ti si prende qualcuno, diciamocelo.

Mentre Owen e Koracick-Richard sono al corso pre- parto, in attesa che arrivi Teddy, quest’ultima ha un malore.

Un corso pre-parto in tre, che vi ricorda? Bravi! “Bridget Jones’s baby”. E chi era uno dei padri? Derek. Che delizioso crossover, vero?

Owen viene chiamato per il malore di Teddy. Si guarda bene – l’infamone –  dall’informare Koracick-Richard e corre a fare il bravo papino/compagno affettuoso.

Dunque…

Owen mio, io ti voglio bene, ma te ne voglio tanto. Te ne voglio da quando hai salvato Cristina dalla pugnalata di ghiaccio. Quando l’hai presa in braccio e portata in salvo, come un novello Principe non Azzurro, bensì camouflage.

E lo sappiamo cos’hai passato con lei: prendi, lascia, sposa, divorzia, riprendi, tradisci, ricomincia il giro e ripassa dal Via. Roba che, per interrompere ‘sto loop, hanno dovuto spedire Cristina a Zurigo.

E poi hai riiniziato con Amelia, uguale, stessa storia: stiamo insieme, poi no; vuoi un figlio, poi no; ci sposiamo, poi no.

Sei sempre stato un brav’uomo, un uomo innamorato. Inizialmente psicopatico, ma poi innamorato.

Al netto di tutto ciò, però voglio più bene a Teddy, perché Teddy è una di noi. Teddy c’ha il MaiNaGioia che la perseguita.

È innamorata di te da sempre, tu la consideri un amico. Manco un’amica, UN amico, un commilitone. Una da “sfruttare” per aggraziarsi la tua ragazza che bramava un nuovo mentore. Lei prima ti vede con la maestrina, poi con Cristina, poi con Amelia, nel mentre con svariate “distrazioni”.

Si mette l’anima in pace e finalmente si innamora di uno, malato terminale. E infatti poi lui muore.

Lei ci mette secoli a riprendersi.

Poi trova il tedescone che se la porta in Germania. (se fossi in te, ragionerei sul fatto che per sfuggirti, le tue amate sono costrette a rifugiarsi nel Vecchio Continente, ma ne parliamo un’altra volta) E tu? Tu ci ripensi dopo tempo, dopo che lei ti aveva ampiamente messo da parte – oltre ad aver messo svariati chilometri tra di voi – e le vai a rompere il cazzo fino a lì.

Scena grandiosa, per carità, gesto plateale, siamo d’accordo.

Ma perché lo fai? Perché te lo dice Amelia. In uno sprazzo di lucidità post-coitale-senza-coinvolgimento-sentimentale.

E tu glielo confessi pure. E Teddy comprende non solo che sei stato spronato dalla tua ex moglie – di nuovo Ex, quindi – ma che con questa ci hai copulato cinque minuti prima di farlo con lei. Cinque minuti prima di riscoprire questo grande e immenso amore.

Tempismo strano, ve’? A me hanno fatto pure di peggio, ma – vabbè – soprassediamo.

Lei ti accusa che, visto che il tuo matrimonio è finito, ti terrorizza stare solo e per questo l’hai cercata; che- nel corso degli anni – le hai fatto solo mezze dichiarazioni per poi sposare altre donne; e che non è più disposta a fare la tua ruota di scorta.

Indi, ti sfancula.

Mi pare giusto.

Visto che, come sappiamo,il MaiNaGioia è insito in Teddy, scopre di essere rimasta incinta e va a cercare Owen per comunicarglielo.

Owen che, nel frattempo, gioca alla Famiglia Cuore adottiva riappacificata con Amelia.

Teddy-MeNeAndasseBeneUna non vuole rompere l’idillio e si fa da parte. (tanto per cambiare)

Owen e Amelia si lasciano di nuovo (tanto per cambiare).

Amelia trova subito un altro pronto a consolarla (tanto per cambiare).

Owen – guarda caso –  riscopre questi grandi sentimenti per Teddy e cerca di sabotare il suo rapporto con Koracick.

Owen mio, caro, bello de casa, nonostante il bene che ti voglio, non ti sei proprio regolato.

Koracick-Richard fa il signore, abbozza per un po’, poi sbrocca. Dopo l’ultimo scherzetto del non renderlo partecipe del malore della sua donna, gli sale – giustamente – il veleno e ti prende da parte per dirti due paroline:

«Se dovessi fare una sceneggiata. Se dovessi presentarti con un anello e approfittare di vecchi dispiaceri e della vulnerabilità di una donna che più volte hai ferito e abbandonato, ripensaci, ti prego. Perché io non mi arrenderò e non me ne andrò. Combatterò per lei. E nasceranno problemi e nuovi dispiaceri per una donna che tu vuoi felice».

«Non sai niente della mia storia con Teddy»

«La tua storia con Teddy è che hai scelto Amelia, più di una volta. La mia storia è che amo Teddy. Sì, sono innamorato di lei. E solo di lei. Merita un uomo che la metta al primo posto e per il quale sia l’unica».

BOOM, BABY.

La camera passa sulla faccia da stronzo (sì, di quando uno rimane come uno stronzo) di Owen che vedete.

E io ero lì che singhiozzavo, che facevo la ola col piumone a Koracick-Richard e ripensavo alle sue parole che, cazzo sì, ce lo meritiamo tutte uno che ci dica:

AMO SOLO LEI.

COMBATTERÒ.

PRIMO POSTO.

UNICA.

Roba da farne un poster e appenderselo in camera, e in bagno, e in macchina. E rileggerlo e urlare: «Sì lo voglio!»

Che rappresenta il riscatto di tutte noi MaiNaGioia.

Roba che allora è vero che, se patisci sufficientemente, il lieto fine arriva. Arriva sotto forma di un uomo che ti ama, che ti vuole, che ti difende da chi vuole farti del male. Un uomo che per tutti è un tipo strano, ma con te è impeccabile.

E ti si prende, pure se sei incinta di un altro, pure se non sei perfetta, perché gli VAI BENE COSÌ. E ti vuole così.

E rimane solo quella faccia.

La faccia da stronzo di cui sopra, la faccia di quello che – forse – si rende conto che ‘sta povera donna l’ha fatta patire e manco poco, la faccia di quello che capisce che l’ha persa, che poteva evitare di fare il coglione, che di occasioni ne ha avute a bizzeffe, per anni e pure extracontinentali. La faccia di quello che comprende che non è molto carino, né etico, né auspicabile che lui si butti su di lei solo perché è rimasto solo, e un’altra volta.

La faccia che io ho rimirato, per cinque secondi buoni, poi ho messo il fermo immagine. E ho pensato, e ho goduto, e ho rimuginato, e ho pianto, e ho riso e l’unica cosa che – infine – mi sono sentita di dire e che ripeto qui e che sintetizza al massimo tutto il discorso di cui sopra e un bel po’ di sentimenti contrastanti è:

Owen, STACCE.

Sottotitolo: Piatelander****.

Parafrasi: Il Karma è micidiale.

Ma almeno in questo, sono certa che il Karma non funzioni SOLO in Grey’s Anatomy.

7 LIBRI IN 7 GIORNI

Durante le ferie, cerco di smaltire maggiormente l’enorme quantità di libri che ho acquistato, ma che non ho mai letto.

Quelli che mi scelgo con cura e altri che mi ritrovo nella libreria, chiedendomi come, quando e perché ci siano finiti.

Visto che nulla capita per caso – e gli innumerevoli libri sulla quantistica che ho letto lo dimostrano – questi testi, a diversi livelli, mi hanno fatto riflettere.

I libri che ci segnano sono quelli ai quali ci ritroviamo a pensare spesso, alla storia, ad alcune frasi, alle sensazioni che ci hanno fatto provare, per questo vorrei parlarvene.

Non vedevo l’ora di avere del tempo per gustarmi “Il maestro delle ombre”, di Donato Carrisi. Ultimo libro della “Trilogia di Marcus e Sandra” iniziato con “Il tribunale delle anime” poi seguito da “Il cacciatore del buio”.

Consiglio caldamente di leggerli nell’ordine di pubblicazione, per avere una panoramica sulla storia più puntuale e di maggiore comprensione.

Da romana, detesto Carrisi, perché mi ha spiattellato tutta la mia ignoranza a proposito di luoghi, meandri e angoli di Roma da lui così meravigliosamente descritti.

Viceversa, si riesce perfettamente ad assaporare dai suoi scritti quelli che si conoscono già, così bene compenetrati nella sua storia, tanto da diventarne parte integrante.

Immaginare la distruzione della mia Roma – attuata in questo libro – è una delle cose più dolorose che potessi mai leggere.

La bellezza della Capitale contrasta con tutta la violenza, i peccati, le perversioni, il male che viene sviscerato in questa trilogia.

Carrisi ci allena ad avere buona memoria, a far caso ai dettagli, alle “anomalie”, come le chiama lui. A guardare in faccia il male e la violenza, che possono provenire anche da chi non sospetteremmo mai.

Ci svela parte dei segreti che si celano in quel piccolo Stato autonomo che detiene il potere spirituale, e molto altro.

Ci fa interrogare su quanti effettivamente ne sappiamo e quanti saranno tramandati solo a pochi eletti, nei secoli dei secoli, Amen.

Soprattutto, dopo aver aspettato per ben tre libri che Marcus e Sandra finalmente copulassero… Niente, non ve lo dico per non spoilerare.

«Era vero: la vita aveva bisogno di distruzione per andare avanti. […] L’esistenza è una catena di eventi e se non si impara ad accettare quelli dolorosi, non si ottiene alcuna felicità come ricompensa. […]

C’è un luogo in cui il mondo della luce incontra quello delle tenebre. È lì che avviene ogni cosa: nella terra delle ombre, dove tutto è rarefatto, confuso, incerto. Noi siamo guardiani posti a difesa di quel confine. Ma ogni tanto qualcosa riesce a passare… »

 

Di tutt’altro registro “Stronze si nasce” di Felicia Kingsley. La Kingsley è divenuta famosa col suo precedente romanzo, che io non ho letto perché non leggo mai i libri che “hanno letto tutti” o che “vanno di moda”.

Romanzo “leggero”, ma da non sottovalutare.

La stronzaggine è stata abbastanza trattata in letteratura moderna [io stessa l’ho inserita perfino nel titolo del mio libro].

Esistono svariati manuali che insegnano a diventare una perfetta stronza, nell’accezione più ampia del termine.

Del mio amatissimo Giulio Cesare Giacobbe, ricordo “Come diventare bella, ricca e stronza” e “Il fascino discreto degli stronzi”.

Scrittura fluente  e vivace, arricchita nell’incipit di ogni capitolo da citazioni tratte da canzoni o serie tv (adoro le citazioni, non ci posso fare niente!)

Se nella vita vi siete sentiti spesso soccombere di fronte a qualche Stronzo, se avete subìto da questi angherie e ingiustizie varie, se vi siete interrogati se, davvero, Stronzi si nasce o lo si può diventare, questo è il libro che fa per voi.

Una stronza la conosciamo tutti: è quella che attira costantemente l’attenzione; che calpesta chiunque intralci il proprio cammino; che “usa” abilmente le persone come proprie pedine riuscendo perfino a far credere loro di essere una buona amica; è quella priva di scrupoli, etica, regole morali.

È quella che, poi, ti frega pure il ragazzo.

Nel libro, la Stronza dapprima fa credere alla protagonista che le attenzioni che riserva al suo amato, sono solo atte a preservarlo da altrui interessi, poi – come da copione – glielo ruba.

Capitò anche a me.

Serata col mio tipo e una mia amica, molto impegnata a elargirgli battutine e complimenti e pacche sulla spalla e carezze e “trescamento vario”, repertorio completo.

Appena lui si allontanò, alla mia richiesta di spiegazioni, lei rispose candidamente:  «Te lo sto scaldando…» (le donne sono delle creature eccezionali).

Al che io dissi: «Ciccia, mica è un diesel! Basta che te ne vai e ci accendiamo subito, fidati».

Non so se Stronze ci si possa diventare, magari – col tempo – si impara a reagire e a trattare gli stronzi come tali, però consiglio sempre di agire secondo coscienza e come “vorremmo essere trattati noi”.

A beneficio del Karma. (che quello è stronzo e puntuale davvero)

Vi spoilero che c’è un Lietissimo Fine, abbastanza scontato, ma che ben si coniuga col genere letterario nel quale questo libro si può inserire. E a noi femminucce l’Happy Ending piace.

«Tu sei una donna costosa, Allegra. Costi tanto in energie, in impegno, in attenzioni, in sentimenti. Hai idea quanto costi, ogni volta, guardare i tuoi occhi e non voler vederli mai piangere? Costi tanto quando sorridi, perché un uomo si strapperebbe il cuore se il tuo sorriso si spegnesse anche per un secondo. Tu costi l’anima di chiunque sia disposto a dartela e a non riaverla indietro. Meriti un uomo che invece di pregare Dio chiama il tuo nome, e si sente salvo da tutti i suoi peccati. Tu meriti un uomo che ti ama. Ti amo tanto da stare male».

 

“Mi dicevano che ero troppo sensibile” Federica Bosco.

Ho iniziato ad amare Federica Bosco col suo libro d’esordio “Mi piaci da morire”, poi divenuto il primo di una trilogia. Scrittura entusiasmante, ironia impeccabile, alternanza perfetta di copiose risate a lacrimoni. Col tempo ha affiancato a tali scritti diversi manuali sempre concernenti “come fare a” – problema amoroso.

Ultimamente ha subìto una svolta personale che ben si evince dal libro in oggetto.

Una guida, quasi un diario attraverso il quale l’autrice – esponendo episodi della sua vita e affiancandoli a puntuali studi compiuti sull’argomento (su tutti quelli di Elain Aron psicoterapeuta americana prima a studiare il tratto) – illustra e insegna come si può riconoscere e convivere con l’ipersensibilità. Sfruttandola come la nostra dote speciale.

«Essere una persona altamente sensibile significa cogliere mille sfumature in ogni dettaglio, sentirsi sommersi dalla stimolazione del mondo esterno ma anche da quello interno, sentirsi fuori posto, nel luogo sbagliato e mai giusto, sentire tutto con intensità, sia le cose positive che quelle negative, e nel contempo faticare per farlo comprendere agli altri».
Per chi si sente il famoso “vaso di coccio tra vasi di ferro”;

per chi si sente perennemente fuori posto;

per chi passa gran parte del proprio tempo a rimuginare e riflettere;

per chi sente spesso la necessità di strasene per conto proprio;

per chi si sente un po’ “Strega”;

per chi non ha ancora capito di appartenere alle fila degli ipersensibili e speciali, consiglio questa lettura.

«L’emisfero destro è quello dell’emotività, delle arti; quello sinistro è quello della pragmaticità, del calcolo, del mondo insomma. Come a dire, gli artisti (a destra) e gli imprenditori (a sinistra). A seconda di dove hai l’intelligenza sarai più o meno in balia delle tue emozioni. L’ipersensibile sente tutto prima dal cuore che dal cervello, ciò che sta fuori arriva come uno tsunami di emozioni, qualunque cosa prende un’enorme importanza, non riesce a farsi scivolare addosso nulla. Quindi nell’arco della giornata sono milioni le emozioni che giungono addosso e tutte hanno la stessa importanza. Immaginati lo stress. […]

Ho sempre saputo di essere troppo sensibile. Fin da quando ero piccola mi accorgevo di non percepire le cose come gli altri bambini, ma di sentirle in maniera molto più profonda, intensa, lacerante, da qualche parte fra il cuore e la pancia. Però non riuscivo a esprimerle in nessun modo…»

 

 “Splendi più che puoi” Sara Rattaro

La Rattaro è balzata agli onori e oneri dell’editoria vincendo il Premio Bancarella nel 2015.

Il titolo è un omaggio a Pasolini e contrasta parecchio col contenuto. Perché il libro parla di violenza domestica ed è una storia purtroppo vera.

L’inizio di ogni nuovo capitolo è preceduto da riferimenti storici sulle svolte della nostra giurisprudenza in merito alla disciplina del diritto di famiglia e la violenza domestica . Da mezza-giurista ho apprezzato particolarmente, e risulta molto, molto, molto, avvilente come alcune “conquiste” delle donne siano avvenute con tanto colpevole ritardo e/o leggerezza.

«Solo nel 1981 non avrebbe trovato più spazio nel nostro ordinamento l’istituzione del “matrimonio riparatore”, che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla salvando l’onore della famiglia».

Mi piacerebbe dirvi che è un libro semplice, scorrevole e godibile. Non lo è affatto. Leggerlo mi ha fatto male, mi ha accompagnato un pugno allo stomaco per tutto il tempo.

Ho ricordato episodi simili accaduti a me, ad alcune mie amiche, alla consuetudine con la quale, ormai, ne udiamo notizie ogni giorno e che si concretizza nel neologismo “femminicidio” a conferma di un fenomeno talmente diffuso, da meritare un nome proprio.

Ho riconosciuto degli atteggiamenti e dei campanelli d’allarme che abbiamo il dovere di ascoltare sempre.

Mi ha costretta, ancora di più, a guardarmi intorno, a controllare se vi siano segnali evidenti di quello che tutte temiamo.

A impegnarmi per prevenire che accada a me, a te, a chi ho accanto, a tutti.

A chiedermi come sia possibile che quelli che dovrebbero prendersi cura di noi, possano arrivare a manipolarci e soggiogarci.

«L’amore non chiede il permesso. Arriva all’improvviso. Travolge ogni cosa al suo passaggio e trascina in un sogno. Così è stato per Emma, quando per la prima volta ha incontrato Marco che da subito ha capito come prendersi cura di lei. Tutto con lui è perfetto. Ma arriva sempre il momento del risveglio. Perché Marco la ricopre di attenzioni sempre più insistenti. Marco ha continui sbalzi d’umore. Troppi. Marco non riesce a trattenere la sua gelosia. Che diventa ossessione. Emma all’inizio asseconda le sue richieste credendo siano solo gesti amorevoli. Eppure non è mai abbastanza. Ogni occasione è buona per allontanare da lei i suoi amici, i suoi genitori, tutto il suo mondo. Emma scopre che quello che si chiama amore a volte non lo è. Può vestire maschere diverse. Può far male, ferire, umiliare. Può far sentire l’altra persona debole e indifesa. Emma non riconosce più l’uomo accanto a lei. Non sa più chi sia. E non sa come riprendere in mano la propria vita. Come nascondere a sé stessa e agli altri quei segni blu sulla sua pelle che nessuna carezza può più risanare. Fino a quando nasce sua figlia, e il sorriso della piccola Martina che cresce le dà il coraggio di cambiare il suo destino. Di dire basta. Di affrontare la verità. Una verità difficile da accettare, da cui si può solo fuggire. Ma il cuore, anche se è spezzato, ferito, tormentato, sa sempre come tornare a volare. Come tornare a risplendere. Più forte che può».

Nota lieta, scema e sdramatizzante: uno dei personaggi porta il mio nome. Visto che non mi capita mai, sono stata parecchio contenta.

“Novecento” Alessandro Baricco.

Sebbene conosca il film a memoria e lo ami sempre di più ogni volta che lo vedo – mea culpa – non avevo mai letto il libro.

Sono rimasta perplessa dalla lunghezza: appena novanta pagine, e ho pensato che la sceneggiatura della trasposizione cinematografica fosse stata arricchita un bel po’, dato che il film dura quasi tre ore.

No. Baricco espone tutto e bene in “poche” righe.

Il libro si presenta come un copione teatrale che sarebbe davvero entusiasmante vedere in scena!

La storia la conoscete, e se non la conoscete vi invito a colmare questa immensa lacuna, e posso descriverla con una sola parola: emozionante.

Si ama lui, la sua singolare storia, la scrittura così coinvolgente ed elegante di Baricco, i suoi ragionamenti  illuminanti e meravigliosi.

A partire dalla sublime e raffinatissima metafora dei quadri che cadono. FRAN!

«Anche solo le strade, ce n’era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una. A scegliere una donna, una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire.
Tutto quel mondo, quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce. E quanto ce n’è.
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla…
»

T.D. Lemon ha ragione, come facciamo a scegliere e a essere sicuri delle nostre scelte? Come facciamo a limitare la nostra vita, quando c’è un’infinita pletora di possibilità che ci si offrono? Come facciamo ad avere il coraggio di decidere, sapendo di poter sbagliare?

Vi chiederete questo. Vi chiederete se sia ragionevolmente possibile farlo.

Vi risponderete che la vita è fatta di scelte, noi siamo le nostre scelte. Ed è preferibile scegliere e fallire, che rimanere a guardare.

«Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli suon buoni tutti, sapeva leggere la gente. I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia… Tutta scritta, addosso. Lui leggeva, e con cura infinita, catalogava, sistemava, ordinava…»

“Storie di ordinaria follia” Charles Bukowski.

Ho inframmezzato le letture di questi testi, con il ripasso dei quarantadue racconti che compongono il libro di Zio Hank.

Se non l’avete mai letto veramente e volete approcciarvi a lui, potete cominciare da qui.

Sesso, cavalli, alcool, sesso, Amore, sesso.

Bukowski lo amo, ma me lo devo centellinare. Perché incrementa di brutto la mia voglia di birra e di… altro.

Adoro quella sua scrittura sporca ed essenziale (magistralmente tradotta, a mio avviso).

Non mi stupisce che lo Zio Hank all’epoca sia stato bistrattato e ostracizzato. Il suo tipo di narrazione esplicita, così verosimile e senza orpelli, che ben descrive vizi e debolezze umane, mal si concilia col politically correct che tanto ce piace. Allora più di ora.

A parer mio, sarebbe stato un bene se fosse rimasto un prodotto di nicchia e non così conosciuto e fruibile, tanto da essere relegato a mera didascalia a corredo di selfie discutibili e foto di tette.

Mi dispiace, Hank!

Ma, come dice lui: «La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto».

La citazione è veramente sua [ormai tutto quel che gira su internet viene attribuito a Bukowski, la Merini e Oscar Wilde. Anche robaccia che non avrebbero mai detto. E nessuno si prende la briga di verificare la paternità delle parole.]  e la trovate in questo libro.

«Quando chiusero il locale ce ne andammo su da me. Avevo della birra e ci sedemmo a chiacchierare. Fu allora che avvertii quanto fosse gentile, percepii la bontà che era in lei. Si tradiva a sua insaputa. Poi però si ritraeva, ritornava selvatica, d’uno balzo, piena d’incongruità. Balzana. Schizoide. Una bellissima schizoide spirituale. Forse qualcuno, qualcosa, poi l’avrebbe rovinata per sempre. Io speravo che non toccasse a me».

 

“Molestie per l’estate – Le 7 volte che non ricordavo”

L’autrice è Stella Pulpo, che ho avuto modo di apprezzare personalmente lo scorso anno col suo romanzo d’esordio “Fai uno squillo quando arrivi” e da un po’ più di tempo, grazie al suo fighissimo e illuminantissimo blog “Memorie di una Vagina”.

Partendo dallo scuotimento di coscienze scatenato dal movimento #MeToo, si interroga se sia mai stata lei stessa oggetto di molestie.

«Nessuno mi ha mai molestata, com’è possibile? Dev’essere colpa della mia stazza, ho pensato. Peso quanto un uomo magro e in alcuni periodi della mia vita ho superato il peso medio di un uomo sano, alto 1.85 e sportivo. Insomma, forse non ero appetibile. Forse, non avevo l’aria (e la taglia) di una indifesa, o fragile, o molestabile. Magari, semplicemente, non ero preparata sul tema. Non ci avevo mai riflettuto abbastanza».

Scoprendo che, pensandoci bene, lo siamo state tutte.

Perché anche tu ti trovi a ricordare “Quella volta che…” è successo a te.

Anche se si tratta di episodi sepolti nei meandri della memoria, magari stigmatizzati dalla tenera età degli attori che – sicuramente – in preda ai subbugli ormonali, neanche si rendevano conto del fastidio che arrecavano.

E neanche noi ci rendevamo conto. Perché non avevamo né l’esperienza, né gli strumenti per saper riconoscere e gestire certi atteggiamenti.

“Ci serve tempo per imparare a non far succedere le cose che ci fanno schifo”.

Magari pure capitati in quell’incerto e pregno di insicurezze periodo anagrafico durante il quale non ricevere apprezzamenti significa essere una cozza e una sfigata, perciò ben vengano le generose pacche sul sedere profferte fin dalla nostra adolescenza (quando ci va bene).

A Roma, se ti senti sola e inappetibile, basta prendere la metro. Troverai sempre uno sconosciuto altruista pronto a palpeggiarti con vigore.

O confusi in quei comportamenti divenuti “normali”, quasi un costume di genere.

Quale sia il confine tra l’innocente apprezzamento ricevuto per strada, e la copiosa bava che accompagna certi sguardi “spogliatoi”, Stella lo ben identifica nel disagio che si percepisce.

Come quella volta che ero in fila per entrare in discoteca e uno dietro di me, con la scusa della ressa, me lo appoggiò per bene. Dapprima pensai davvero che fosse imputabile allo spintonamento generale, poi tentai perfino di razionalizzare quel che non riuscivo a comprendere con un: «Che gusto ci può provare, visto che io sono inerme e non partecipo?? Magari mi sbaglio…» Infine capii che, no, era un chirurgico “appizzamento”.

Chiesi a un mio amico di mettersi dietro di me e non dissi nulla.

Quello che viene ben esplicitato da Stella, è il senso di impotenza che ha accompagnato questi episodi.

In seguito, l’interrogativo se gli stessi ce li siamo auto-procurate e perché.

Fino ad arrivare all’era delle molestie digitali che si concretizza con la ricezione quotidiana di istantanee di membri esibiti come trofei.

L’autrice ci dà notizia che una certa Whitney Bell, nel 2016, ha addirittura allestito una mostra intitolata “I Didn’t Ask for This: A Lifetime of Dick Pics” incorniciando e appendendo oltre duecento foto di peni ricevute da lei e dalle sue amiche.

Ponete l’attenzione sul titolo: “Non l’ho chiesto…”

Da ultimo, il geniale e allo stesso tempo inquietante interrogativo:

e le donne possono essere moleste?

E io lo sono stata?

Siamo moleste quando raccontiamo alle amiche i dettagli intimi dei nostri partner? (quando accade il contrario, non abbiamo dubbi circa la risposta).

Siamo moleste quando stalkeriamo qualcuno in tutti i modi e in tutti i laghi, ridimensionando il tutto al nostro essere adorabili psicopatiche?

Siamo molestie quando pretendiamo che Tizio/Caio ci salti addosso in nome della maschia virilità? E chissenefrega se è lui ad avere mal di testa?

Siamo moleste noi donne?

Accanto al crescente aumento dei MdF, abbiamo il dovere di registrare un pari incremento di MdC, che magari sono sempre esistite, che magari prima si limitavano a commentare con le amiche o a scrivere sui propri diari. Oggi, invece, lo esplicano bene su Facebook o coi mezzi pocanzi citati.

Subito mi sono tornati in mente episodi nei quali ho notato che l’imbarazzo fosse tutto maschile: battute pesanti, avances fin troppo esplicite, pacche sul sedere perché “se lo fa una donna, che male c’è?” Magari il tutto concluso con una risata.

E se fosse accaduto il contrario?

A prescindere dal vostro sesso, vi invito a riflettere sulle molestie, quelle ricevute e quelle – orrore, orrore! – attuate.

Vi sorprenderete nello scoprire quando e quanto possiamo essere fastidiosi e inopportuni.

Pensateci.

Magari contribuiremo a rendere questo posto migliore.

 

[NdBB: mentre scrivo, mi giunge la notizia della presunta condanna di Asia Argento per molestie sessuali. La stessa Asia che aveva scatenato il movimento #MeToo. Non mi stupirei se segnasse l’inizio dello stesso movimento al maschile e, sarò impopolare, ma ne sarei felice].

 

Come negli album quelli fighi, fighi, nei quali inseriscono una “Bonus Track” per far felice il fruitore, io vi inserisco il #8, Bonus Book.

Stavo scartabellando la lista dei titoli disponibili su “Prime Video”, e vengo attirata da uno accompagnato dalla dicitura “Stephen King’s”  

(Il film è “A good Marriage”. Carino, niente di trascendentale. If you want, potete trovarlo su Prime Video).

Come mai non mi dice nulla? Perché non ricordo un testo del Re? IO??

Non è possibile!

Dovevo capire…

Ho scoperto che, non solo avevo quel libro, ma l’avevo anche già letto, perciò era doveroso che lo rispolverassi.  (Il racconto dal quale è tratto il film si intitola – appunto – “Un bel Matrimonio”).

Quindi ho (ri)letto “Notte Buia, Niente Stelle” del mio amato, adorato, venerato Stephen King.

Composto da quattro racconti molto crudi, parecchio violenti e spaventosi.

Graziearca’, direte voi, è Stephen King! Sì, ma c’è altro.

I libri più terrificanti che abbia mai letto del Re, sono quelli nei quali viene sviscerata la malvagità umana.

Al di là dei mostri, del soprannaturale, di fenomeni inspiegabili, tutto quel che è contingente e vicino.

Insomma in tutto ciò che capita, che potrebbe capitare e che è capitato.

Per lo stesso motivo, non mi hanno mai spaventata gli horror: perché so che sono finzione.

Ma un marito che uccide la moglie, una donna stuprata, seviziata e lasciata a morire in un canale, sono eventi che – purtroppo – rientrano nella “quotidianità”, nella “possibilità”, nei racconti che ci siamo purtroppo “abituati” ad ascoltare al tg.

Questo spaventa davvero.

Se non avete mai letto King, sappiate che molto, molto, spesso terrorizza perché narra scenari che “potrebbero accadere”.

Con quella sua capacità di compenetrarti nel libro che solo il Re possiede.

Non so se sia stato un “caso” che quest’anno le mie letture siano state parecchio incentrate sulle tematiche delle molestie, della violenza sulle donne e della paura.

Ma forse serviva per ricordarmi che il buio è solo assenza di Luce. La Luce è quella che dobbiamo perseguire. Sempre.

«Le storie raccolte in questo libro sono molto dure. Forse, in certi momenti, le hai trovate difficili da leggere. Ti assicuro che io stesso le ho trovate difficili da scrivere. […] Fin dal principio, ho avuto la sensazione che la migliore narrativa fosse propulsiva e aggressiva. Ti arriva dritta in faccia. A volte ti grida in faccia. […] Nei miei lettori voglio provocare una reazione emotiva, quasi viscerale. […]

Bene, credo di essere rimasto quaggiù al buio abbastanza a lungo. C’è un altro mondo al piano di sopra. Prendi la mia mano, Fedele Lettore, e sarò lieto di riportarti fuori al sole. Anch’io sono contento d andarci, perché credo che la maggior parte della gente sia fondamentalmente buona. Io so di esserlo.

È di te che non sono del tutto certo».

I LOVE KINDLE

Se neanche troppo tempo fa, qualcuno mi avesse detto che un bel giorno sarei diventata dipendente da quell’aggeggio chiamato Kindle, lo avrei guardato con lo stesso sguardo schifato e sprezzante di Miranda Priestley.

Avrei, poi, replicato che un fatto del genere non sarebbe MAI successo perché queste diavolerie moderne non fanno per me.

La mia anima vintage ama i cari e vecchi libri cartacei in toto.

Mi piace l’odore di quelli nuovi.

Mi piace farci le orecchiette per ritrovare i passi che ho preferito.

Mi piace perfino l’ingiallimento delle pagine dopo anni. Li fanno vissuti, li fanno tuoi.

Mi piace vederli ben sistemati nelle librerie, dividerli per autori e genere (sì, sono ossessivo-compulsiva) o impilati sul mio comodino.

Mi piace tenerli in mano.

Mi piace tenere il segno coi miei infiniti segnalibri colorati. 

Adoro tutto questo.

Gli e-book non mi avranno mai.

Caso chiuso.

Poi arrivò il giorno in cui qualcuno osò regalarmi il vituperato aggeggio. 

A me??

Ok, e adesso?

Giacque mestamente per mesi nella mia borsa da lavoro.

Anzi, a onor del vero, lo accesi, gli diedi un’occhiata, cercai di comprenderne il funzionamento  (mai aperto un manuale d’uso in vita mia e non vedo perché debba cominciare ora) lo registrai perfino, e vedere sull’angolo in alto a sinistra campeggiare la scritta “Il Kindle di BBxx” mi regalò un brivido di piacere.

Ora era davvero mio.

Quindi?

Bello e inscatolato, riprese il suo posto accanto alle agende.

I libri – quelli veri – continuavano il loro grazioso pellegrinaggio tra mia libreria-mio comodino-mia borsa-repeat.

Una volta terminati, almeno sei mesi di stanziamento sopra la fila dei dvd. 

Poi Ah, ok ora vi trovo un posto.

Ne ho ancora tantissimi da leggere, ma questi devo comprarli per forza.

Cavolo, devo aggiungere ancora un’altra libreria. E dove la metto??

Tutto regolare, insomma.

In vista dell’imminente uscita del nuovo film, durante le ferie, avevo deciso pure di (ri)rileggere It. 1300 pagine adorate e consumate.

Bicipiti tonificati per tenerlo su.

Nelle sere successive rimuginavo su tutta la storia e mi chiedevo cosa facessero Bill, Ben, Bev e tutti gli altri e che sarebbe stato difficilissimo farmi appassionare così tanto a un altro libro, mentre ero ancora immersa mentalmente nel capolavoro del Re.

Fu lì che ripensai all’aggeggio.

Lo presi e lo caricai.

Frattanto iniziai a ricercare titoli sull’App di Amazon.

TUTTI.

Quegli infingardi ce li hanno TUTTI.

È una cospirazione, capite?

Libri che ricercavo da anni che né il mio libraio di fiducia, né gli infiniti siti di ordini online ai quali sono iscritta erano riusciti a farmi avere, lì invece risultavano semplicemente Disponibili.

E subito. 

Subito!

Capite?

“Acquista ora con un click”

Click.

Click.

Click.

Tutti miei! 

In un attimo!

Come posso, quindi, non amare questo aggegg…gioiello che in ogni momento soddisfa tutti i miei desideri, sposandosi con la mia pigrizia, la mia insaziabile bulimia libresca e la mia insonnia cronica?

Come posso rinunciare all’immane comodità che porta, in meno di un minuto, un qualsivoglia libro dai miei sogni al mio possesso?

Come??

Senza tralasciare pure il notevole risparmio in termini economici.

Il kindly Kindle, inoltre, ti permette con una piccola pressione di conoscere istantaneamente il significato della parole che selezioni. Liberandomi così dall’onere di cercarlo altrove. 

Come posso non amarlo?

Quella notte capii che tra me e lui era nato qualcosa.

Il giorno dopo il gioiellino si era guadagnato il posto nella mia borsa ufficiale.

Il livello della mia salute mentale si misura dai libri salvavita che mi porto dietro. In genere sono almeno quattro.

Ora porto solo un coso della grandezza e spessore di un telefono che di libri ne contiene ben più di quattro.

I manici delle mie borse e le mie spalle hanno gradito il cambiamento. E pure la mia psiche.

Sono andata dal mio amico indianino spacciatore di cover contraffatte chiedendo se avesse una custodia per lui.

“Ne è rimasta solo una. Rosa

Ho sorriso.

Era esattamente come la volevo.

Cospiravano ancora. 

Il Kindle di BBxx in rosa.

Era proprio mio.

Mi sono detta che a dispetto dei miei pregiudizi finora avevo notato solo pregi nell’ex aggeggio.

Lui ed io meritiamo una possibilità.

Non so come andrà a finire, come ogni inizio d’amore, ma finora mi rende felice.

Mi ha rammentato pure quel vecchio adagio che raccomanda di non sputare mai in aria. In nessun ambito.

E che nulla è più certo del cambiamento

(Per fortuna)

MATRIMONIO A PRIMA (S)VISTA

Ieri sera ho guardato, con molta curiosità, la prima puntata di “Matrimonio a prima vista”. Aspettavo questo momento da quando ero venuta a conoscenza di questo programma. Ovvero con mooolto ritardo rispetto al resto del mondo.barbie-bastarda-matrimonio-a-prima-vista-ev

In pratica questo “esperimento sociologico” promette, a chi partecipa, di trovare l’anima gemella.

Un team di esperti, composto da un sociologo, una sessuologa (perché mica ce devi solo chiacchiera’…) e uno psicologo (giusto per evitare un connubio coi pazzi. Forse… ) e coadiuvati da un software, somministrando dei test e svolgendo colloqui, stabilisce CHI sia la persona della vita, tra coloro che hanno partecipato al “gioco”.

Piccolissimo particolare che è stato svelato ai concorrenti soltanto una volta arruolati, la persona te la trovano, ma tu la devi sposare, con rito civile a tutti gli effetti di legge. E -sorpresa, sorpresa! – potrai conoscerla esclusivamente il giorno del matrimonio.

Seguiranno cinque settimane di prova, durante le quali verificherete se effettivamente c’è questa affinità, se no divorzio.

Appreso ciò, molti hanno abbandonato, i più coraggiosi hanno deciso di rischiare. Curiosità? Disperazione? Estremo tentativo? Eccessivo ottimismo? Non si sa.

Alla fine gli esperti, molto convinti e ben argomentando le loro scelte, hanno formato tre coppie.

TUTTE le donne, quando è stato comunicato loro che la settimana successiva sarebbero convolate a nascoste nozze, sono scoppiate a piangere.

Che emozione, che emozione! Ma lo sposo non lo conosci! Embè? Ah, ok…

Delle tre coppie, due sembravano quasi perfette, mentre la terza era formata da una ventiseienne che sperava in suo coetaneo divenuta moglie di un quarantunenne che non ha per nulla gradito.

Come sottolineato anche dalla sessuologa, uno dei momenti più imbarazzanti si è concretizzato quando tutti i neo sposi sono stati invitati dagli ospiti a baciarsi. Era, in effetti, il loro Primo Bacio.

Sì, lo so che siamo sposati, ma ti conosco da cinque minuti, cinque e non è che – normalmente – io vada in giro a baciare sconosciuti (non da sobria, comunque).

In particolare nella terza coppia – la sposa infelice – lui, durante il commosso (nel senso che c’era da piangere) bacio, l’ha subito bacchettata con un:

«Ma neanche chiudi gli occhi!» barbie-bastarda-matrimonio-a-prima-vista2

Davvero strano, se fossi stata in lei e nel suo disagio, almeno mi avrei impedito di vedere quella scena. Ma so’ scelte.

Mi sono andata a spoilerare il finale perché non resistevo e non ne sono rimasta affatto stupita.

A voi non lo dirò.

Se esistesse un metodo scientifico e inconfutabile che garantisca la scoperta della famosa “altra metà della mela”, penso che lo useremmo tutti.

Pensate un po’ che bello: niente più sbattimenti, appuntamenti disastrosi, ore spese a guardare il telefono, niente di niente! Arrivano questi tre, ti trovano Mr Right e te lo piazzano direttamente sull’altare ad aspettarti. Figo, no?

Oltre una certa età, o presentando adeguata documentazione medica (attestante tutte le batoste subite e gli stronzi patentati incontrati, nonché le cicatrici sul cuore) dovrebbe passarlo direttamente la mutua.

«Ha bisogno del Trattamento Matrimoniale Obbligatorio, salviamolo!»

Questo sì che aiuterebbe la sanità. Soprattutto quella mentale.

Dopo essermi beata di questa idea di come sarebbe tutto più semplice se un cervellone tecnologico ci dicesse CHI è il nostro lui, la nostra lei, e non ci lasciasse vagare alla cieca, ho pensato a quanto disincanto e infelicità ci sia in giro e a quello che certe persone siano disposte ad affrontare pur di trovare, finalmente, il lieto fine: App, siti, agenzie matrimoniali ed ora il cervellone e il matrimonio al buio.

Sarebbe davvero bello – forse – se funzionasse questo metodo, ma poi, di contro, c’è tutto quello che ci perderemmo.

I primi sguardi, i primi sorrisi, il primo bacio (senza telecamere), i primi scazzi, i primi tutto, e poi la serenità della quotidianità, finanche una proposta vera e propria, vecchia maniera e frutto della consapevolezza.

“L’Amor move il sole e le altre stelle”, ma pure il bisogno di esso ne muove di azioni, spesso lesive di sé e scellerate.

Un software non riuscirà mai a sostituirsi alla chimica e al batticuore e tutto quel che “sulla carta” potrebbe essere perfetto, non è per niente garantito che lo sia. Anzi.

Senza contare quanto ci indigniamo quando apprendiamo che, nel mondo, esiste ancora la pratica dei cd “matrimoni combinati”, che lede la libertà personale e il femminismo. Non vi pare la stessa cosa?

Al confronto, pure aspettare un messaggio e urlare di cuore: «Sei uno Stronzo!» non mi sono sembrate affatto  prospettive così brutte. Soprattutto decidere SE sposarmi e con CHI, emozionandomi NON all’idea del matrimonio in generale – il bel vestito, il trucco e parrucco, la festa – ma emozionarmi per aver scelto ed essere stata scelta, tra milioni di persone e senza nessuno che faccia da tramite.

Perché, fortunatamente, ancora ci è data la possibilità di decidere di chi e se innamorarci.

 

 

 

SPOILER: FINALE

Ieri sera abbiamo assistito all’epilogo di “Matrimonio a prima vista – Italia”.
Come preannunciato, tutti i matrimoni sono andati in malora. Soprattutto, in malora ci sono andate le donne, poiché i NO sono stati decretati da TUTTI e tre gli uomini. TUTTI. Le fanciulle, nonostante i vari “M’hai rotto i co*, mi fai schifo”, conditi da lacrime, avevano scelto di continuare (te credo, mo che c’ho la fede al dito, me la volete togliere?? Siete matti??)
E già qui, mi sarebbe bastato. Ma il punto più alto di memorabilità, lo ha raggiunto Andrea, che vedete in foto.Barbie Bastarda Matrimonio a prima vista
Invitato a pronunciarsi sul destino del legame, ha così risposto: “Non voglio continuare il matrimonio, però se vuoi ci possiamo frequentare…”
Capito? Matrimonio, sì, ma niente di serio. Ovvero se vuoi siamo trombamici. Ovvero, sì ci stiamo frequentando ma non è che stiamo insieme, insieme, cioè no, sì, niente di impegnativo, easy e scialla. Ovvero, sta storia l’abbiamo sentita tutte.
Se quest’esperimento serviva a comprovare il desiderio di impegnarsi da parte di certi uomini, sì, l’abbiamo (nuovamente) capito.

 

BB & I SEGRETI DEL SESSO

In questi giorni, ehm… mesi… ehm… anni… va be’, COME SEMPRE, sto avendo interessantissime discussioni con altri esseri umani, riguardo preferenze sessuali, fantasie, perversioni, feticismi e quant’altro.

Non poteva capitare più a proposito la visione del film Kiki & i segreti del sesso decantato come provocatorio, politicamente scorretto, libero e trasgressivo. Ovviamente sono andata a vederlo per amore di sapere antropologico, assolutamente non per soddisfare le mie di perversioni e la ben nota curiosità.

Il mio commento alla fine del film è stato: «Ok, mi vado a cercare un cactus…» Tenetelo a mente.

Di seguito si farà un bel po’ di spoiler, quindi, se non volete rovinarvi la visione, NON LEGGETE.Barbie Bastarda (4)

Se dovessi definirlo, lo definirei innanzitutto “spagnoleggiante”, non mi viene altro termine. Se avete passato in rassegna, come me, tutta la filmografia di Pedro Almodóvar sapete esattamente cosa intendo, nel bene e nel male.

Riguardo ai contenuti, devo dire che mi consideravo una abbastanza avanti, sapiente in materia, relativamente esperta e poco meravigliabile. Da oggi, mi sento una santarellina, una novellina che ha tutto da imparare e Alice nel paese della vastità delle meraviglie sessuali, coi miei gusti e fantasie abbastanza comuni e banali.

O no…?

Perché questo film va a sdoganare passioni delle quali, io personalmente, ero del tutto all’oscuro, parafilie poco conosciute, per arrivare ad altre già note, tipo il piacere di farsi mingere addosso, il Pissing.

Non a caso le ho chiamate “Passioni” e non perversioni, perché penso, come sempre, che finché non si sfoci nella pedofilia o necrofilia, o in qualche altra pratica oggettivamente condannabile – per il resto – in camera da letto, ognuno sia libero di fare ciò che vuole, se si è entrambi adulti e consenzienti, ovvio. Potrò non capire certi gusti, potrò perfino riderne, ma – ripeto – ognuno fa quel che più gli aggrada. Se pensate che la perversione (nell’accezione più dispregiativa possibile) o il feticismo (idem) non abbiano a che fare con voi, ma siano appannaggio di una piccola cerchia di zozzoni deviati, sbagliate di grosso!

È fondamentale imparare che “pervertiti” lo siamo tutti e che, forse, vivere appieno le nostre fantasie e dare sfogo a tutti gli istinti, senza tabù, ci renderebbe meno frustrati, oltre che frustati, e che il vizio è proprio accanto a noi…per fortuna!

Quindi, la prossima volta che vedrete delle adepte Crudelia De Mon, ovvero, tutte le stronze patentate che conoscete, provate a pensare che siano affette da Dacrifilia, cioè si eccitano guardando il loro partner piangere. Se costui dovesse risultare un masochista – signore e signori – avremmo la coppia perfetta! E sicuramente felice e libera.

A proposito di felicità, da bambina, come Linus, non mi separavo proprio mai da un cuscinetto di raso, perché mi rilassava e dava piacere toccarlo. Avevo già capito tutto. Questa pulsione mi si è tramutata nel toccarmi ossessivamente i capelli in generale e quando sono appena lavati, in particolare. Li trovo “smooth” (non riesco a trovare un aggettivo completo equivalente in italiano, perdono) e non riesco proprio a trattenermi dal farlo.

Oggi apprendo che potrei essere una praticante dell’Efefilia, termine che indica chi riesce a godere, toccando determinate stoffe. Ecco fatto. Fin da piccola, quindi, avevo la chiave della felicità e poi mi sono lasciata distrarre. Perché crescendo vogliamo infarcire la vita coi sentimenti quando, invece, la gioia te la potrebbe dare un guanciale di raso?

Vado a riesumarlo e vi racconterò come va tra di noi…

Un’altra inclinazione illustrata nel film, viene incarnata dal marito infelice, di un’altrettanta moglie infelice – e pure un pochetto stronza –  che la riempie di sonniferi per poterla amare, una volta addormentata, attuando così la Sonnofilia.

Qualsiasi uomo medio avrebbe reagito alla di lei acidità e al divieto di farsi toccare, con un «Fanculo a te e la tua stronzaggine, vado a scoparmi qualsiasi altra cosa!» Invece lui no, ci tiene ad abbracciare e amare la moglie. La SUA donna. Non una qualsiasi. La donna che ha sposato e alla quale ha giurato eterno amore.

Perché io l’ho vista così.

Qui si potrebbe obiettare che compie queste azioni su una donna incosciente, vero. Ma io mi sono soffermata di più sull’altro aspetto: il desiderio di intimità che si prova nei confronti dell’oggetto del nostro amore. Non so voi, ma io in questo momento ho in mente qualcuno e, se potessi accarezzarlo mentre dorme, lo farei. Zitto, fermo e amami! Vedrai che ti piacerà.

Infatti, alla fine, pure la moglie stronza si addolcisce. Alimentando ancor di più il vecchio adagio che vuole le donne acide rese tali dalla carenza di Vitamina C. Mi sa che è vero.

Un’altra coppia interessante, vede lei che sta con uno figo monumentale aspettando che la chieda in moglie… Costei è corredata da ben due pulsioni particolari. La prima è la Arpaxofilia che fa provare piacere nell’essere aggrediti; la seconda è la Dendrofilia, ovvero l’eccitazione sessuale provocata dalle piante. E, niente, lì ho cominciato a ridere perché ho immaginato come ci si debba sentire rimirando un cactus di quelli alti, con sembianze falliche. Tin, tin, tin, jackpot!!

Ma il figo, che la ama, mette su pure una messinscena, una finta aggressione, per farla eccitare. Capito? Spesso ci vergogniamo di confessare i nostri difetti o debolezze, dimenticando la regola base che chi ci ama davvero, ama tutto il pacchetto, stranezze comprese.

Non solo, ma questo dimostra pure che gusti particolari potrebbero rivelarsi anche utili all’interno di una relazione, per attizzare costantemente la fiamma. Basta dirselo!

Certe volte, quello che manca in una coppia è…un’altra persona! Nel film un connubio poco soddisfacente, viene risolto con un ménage à trois su richiesta di lei e l’accondiscendenza più che entusiasta di lui. Ascoltando pure racconti di coppie che praticano con costanza lo scambismo, mi sono chiesta se questa non sia la nuova frontiera dei rapporti 3.0, l’antidoto alla routine, la ricetta per la felicità. O se vale sempre e comunque il credo monoteista che esclude l’infedeltà.

Se due persone, in accordo, hanno “bisogno” di esperire questo tipo di situazioni e, soprattutto, il coraggio di confessarselo e di affrontarlo insieme, credo che, piuttosto che un rapporto malato, vivano un rapporto libero. Libero dagli schemi prefissati, dai limiti, dai tabù imposti o autolimitanti, quindi, beati loro!

Onestamente, non so se io riuscirei a farlo, ma è pur vero che non vivo un rapporto decennale, un po’ spento.

Quello che potrei fare sicuramente è vendere perizomi indossati, per procurare piacere a qualcuno…

Qualche giorno fa, mi hanno rivelato che in Giappone esistono dei distributori automatici di mutande usate.

Premetto che non mi sono presa il disturbo di verificare se sia vero o meno, ma – visto che scene simili sono presenti nel film e che, ormai, non mi stupisco più di niente – a questo punto, mi sembra plausibile.

Quindi, sto pensando di mettere su anch’io il mio bel business di perizomi usati, risolverei un sacco di problemi. Il mio lavoro consisterebbe solamente nell’indossare biancheria pulita ogni giorno, quindi ciò che già faccio, e – in più – eliminerei lo sbattimento di lavarmi le mutande a mano perché, si sa, in lavatrice si sciattano. Vuoi per caso andare in giro con la biancheria sciatta? Se poi ti succede qualcosa e ti vedono le mutande consunte che figura ci fai? Passeresti per una barbona e per la figlia di nessuno, siamo mica matti?

Quindi utilizzerei capi nuovi ogni giorno, coi proventi di quella usata, comprerei sempre lingerie intonsa e questo appagherebbe sicuramente il mio di piacere. Perché se c’è un nome che indica il feticismo per quelli che amano la biancheria intima, io ce l’ho di sicuro.

Perciò, abbiamo appurato che – nonostante le premesse – sono potenzialmente, e in atto, una pervertita, che conservo un discreto numero di pulsioni nascoste nel cassetto delle mutande, altre che non vi sto qui a dire e altre ancora nelle quali mi sono imbattuta durante il viaggio nel paese degli interessi altrui, raccontati o incontrati.

Svariati sono stati, ad esempio, i feticisti di piedi e scarpe e io, da brava shoes addicted quale sono (aggiungere alla lista), non potevo che compiacermene.

Diversi racconti anche sul godimento dato dalle docce di pipì:

«BB lo devi per forza provare…»

«Ma non mi attira… »

«Se non l’hai mai provato, come fai a saperlo??»

«Allora, per lo stesso ragionamento, dovrei provare anche la coprofilia!!»

«Cioè??»

«La stessa cosa, solo con la cacca…»

«Ah no! Quello proprio no!»

Ecco. C’è un limite anche nelle deviazioni.

Moltissimi, quelli che amavano farsi frustare. Ora non so se sia vera la leggenda che vuole che gli uomini pubblicamente “potenti” amino la sottomissione in privato ma, di sicuro, posso garantirvi che la maggior parte di loro erano imponenti. E vedere un omone grande e grosso implorare la sculacciata e la punizione, be’, un po’ di effetto ne fa…

Uno su tutti mi chiese se potessi colpirlo ferocemente proprio “lì”. Guardai l’emblema della virilità mascula che sonnecchiava ignaro di quel che gli stava per succedere. Che mi si offriva, gratuitamente, come capro espiatorio di tutte le angherie subite da me e dalle donne in generale. Ed io, novella Lorena Bobbit nel paese del contrappasso sessuale, avevo la grandiosa opportunità di pareggiare i conti a colpi di frustino e non vedevo l’ora di vendicarmi e vendicarVi degli uomini e allora, sì, cazzo, che ti frusto! Così impari te e quelli come te!

In teoria…

Perché in pratica, un po’ la pena (è proprio il caso di dirlo) per il divin gingillo, un po’ l’egoismo che mi montò dentro, mi fece rispondere:

«No, porello, poi si fa male…» considerando – infatti – che un pene che dà pene, è un pene che non può dare gioie (a me), declinai l’invito. E mica so’ scema e neanche masochista (io no!). Tu ci godrai pure a distruggerti l’attrezzatura di piacere, ma poi io che faccio??

Se, da quella esperienza, imparai che non sempre otteniamo l’agognato Happy End, fortunatamente questo non accade in Kiki.

Noi romantiche fanciulle smielose che guardiamo il film porno auspicando al lieto fine, sperando che, in ultimo, sia finalmente lui quello che si inginocchia per chiedere la mano alla solerte donzella, possiamo essere contente, perché anche in Kiki, ci sono vari “Lieto Fine”. Anche per tutti questi zozzi e viziosi.

Allora capisci che, forse, davvero viviamo in un mondo perverso e fatto di pervertiti, o, più semplicemente, sorridi  e continui a sperare.

Perché se la stronzaggine si cura con botte di Vitamina C; se pure le corna non sono più corna, ma atti d’Amore condiviso; se fai piangere tuo marito per diletto personale, ma, alla fine, lui riesce finalmente a fecondarti; capisci che, a volte, non puoi proprio sapere da dove provenga la felicità, ma arriva. E, per quanto possiamo biasimare noi stessi, le nostre stranezze e impulsi, e vergognarcene, potremmo perfino trovare qualcuno che le accetti e accolga, anche più di noi.

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Cactus erectus. Non vi ricorda qualcosa??

Perché, se l’anello se l’è meritato una che si bagna guardando un cactus, be’, cazzo, allora ce lo meritiamo proprio tutte!

50 SPUNTATURE DI MAIALE: IL FILM!

Ok, ve l’avevo promesso e l’ho fatto: ho guardato “Cinquanta sfumature di grigio”, ahimè…

Però almeno adesso posso demolirlo non con pregiudizio, ma con cognizione di causa, esattamente come ho fatto con il libro. (Leggi QUI). Ero curiosa di vedere se mi avrebbe provocato il così tanto decantato attizzamento che sento dire in giro. No, non pervenuto.2016-01-26 10.36.48

Forse io non faccio molto testo perché pure YouPorn lo guardo con occhio clinico e non sapete le risate che mi faccio. Che non dovrebbe essere proprio il fine auspicato da una tale visione… Ma, niente, i miei ormoni certe volte non vogliono proprio collaborare…

Ammetto di non avere molto da aggiungere a quanto già detto a proposito del tomo. Continuo a non capirne il successo. Sul film le critiche sono volate soprattutto sulla Signorina Dakota, ma mi sento di dissentire. Alla fine Anastasia doveva risultare una ragazza semplice e ingenuotta, cosa che credo abbia reso appieno. Il Signor Grey, be’, trovo mooolto più attizzante Russel Crowe vestito ne “Il Gladiatore” che il signor frustatore nudo e impecorinante. Ma forse sono io ad avere qualche problema…

Magari le Sfumature piacciono perché incarnano comunque la favola, della piccola sfigata salvata dal principe figo.

Chi non vorrebbe una cosa così? Il miliardario che ti salva, ti fa regali, ti porta su macchine lussuose, con una casa da paura. Lo sognano tutte. Questo mi sta bene.

È il coinvolgimento erotico che proprio non capisco…

Quello che mi lascia davvero molto, molto, perplessa, sono gli elogi che continuo a leggere in giro:

«Ogni donna vorrebbe un uomo come Mister Grey, che abbia la cura che ha lui nei confronti di Anastasia…»

Ciccia, quella non è cura! Quello si chiama “Bastone & Carota” e, sebbene Anastasia dimostri di gradire il Bastone (ancor di più perché non l’aveva mai visto…) ogni tanto il magnanimo Christian sente l’esigenza di ricompensarla con una bella carota travestita da macchina, pc, elicottero e quant’altro. Perché, purtroppo, forse le frustate non bastano.

Ma davvero ogni donna di questo pianeta aspira a farsi frustare? Perché forse questo particolare vi sfugge. No alla violenza sulle donne, a meno che non ti firmi una liberatoria? Cosicché io non sia più libera nemmeno di mangiare il cazzo che voglio? (perdonate il doppio senso…)

Trovate davvero romantico e arrapante tutto questo?2015-02-22 12.15.49

I giochini sono grandiosi, ma se avvengono con un accordo di entrambe le parti. Qui la poveretta una cena a settimana la paga con cinquanta badilate sul fondoschiena. E poi fila in camera tua, perché dormire insieme è troppo confidenziale. È davvero questo quello che sognate?

Io no, Anastasia nemmeno. Infatti se ne va.

«Chrì, tanto lo sai dove te lo devi mettere il dilatatore, vero? Ciao, Amore! Ciao!»

Grande!

Ma, a questo punto, sono convinta di essere io quella strana…

A tal uopo, mi torna utilissima e parecchio esplicativa una conversazione casuale avvenuta qualche giorno fa con una collega di lavoro. Premetto che sono notoriamente asociale e riservata e che non spiattello i cavoli miei in giro, nemmeno con chi vedo tutti i giorni.

Attirata da dei dvd, la fanciulla (ammaritata e con prole, poco più grande di me) mi ha chiesto cosa fossero:

«La serie completa di “Sex and the city”!» ho risposto, fiera.

Sulla sua faccia, il disgusto.

«Per carità, non lo posso vedere! Né lei, né la serie!»

Una coltellata. Ma, non potevo dire nulla. “De gustibus…” , va bene così.

E andava bene. Andava tutto bene, perché non possiamo avere tutti i medesimi gusti. Poco importa se considero SATC la Bibbia delle donne. Non conta se ne consiglio la visione a chiunque, per farle comprendere che – spesso – le problematiche che ci sembra di affrontare in solitaria, accomunano diverse femminucce, ma magari ci vergogniamo a parlarne. Che fa bene condividere fantasie, dubbi, paura e perplessità. Che forse anche i maschietti dovrebbero guardarlo per rendersi conto di quale sorta di pensieri e paranoie possano passarci per la testa. Non fa niente. Questo è il mio pensiero, lei dissente, ma è giusto accettarlo.

Andava bene, bene davvero.

Finché lei non ha detto:

«Hai visto Cinquanta sfumature?»

E va be’,  te me provochi però! Ecco un’altra “Greyna” mascherata. Rassegniamoci, siamo circondati.

«Ehm… No, non l’ho visto…» quasi giustificando il fatto di avere dignità.

«E il libro? Il libro l’hai letto?»

«Ehm… Il primo, ho DOVUTO…» qui proprio vergognandomi di me stessa.

«Perche hai dovuto?»

«Ehm… Perché dovevo recensirlo» mi ha guardato perplessa, visto che – ripeto – non conosce le mie velleità da pseudo-scrittrice. Sospetto anche dubbiosa su quel che avevo detto.  Ma ha voluto rincarare:

«Ma non li hai letti tutti e tre!»

«Ehm… No…» e non li leggerò mai. Perché io non sono masochista (io no…)

E finalmente ha sentenziato:

«Li DEVI leggere!» con quello sguardo allusivo che ti fa intuire che, dopo, scoprirai un mondo nuovo, sconosciuto,  che la tua vita cambierà e diventerai la pornodiva de noantri.

Io ho annuito abbozzando un mezzo sorriso e ho replicato con un:

«Che bel sole, oggi, vero?»

Eccolo. Il momento in cui ti rendi conto che a una persona non hai davvero più nulla da dire.

Io non comprendo loro e loro non comprenderanno mai me. Continuo a pensare che l’Amore sia altro e non sottostare a ordini e compiacere, che la letteratura erotica sia ben altro e che, soprattutto, il sesso fatto bene sia tutt’altro. Ma sono io quella strana.

In un mondo ormai costellato dal “grigio”, io continuo a sentirmi una mosca bianca. E, sapete, adesso mi va davvero benissimo così. 🙂 

 

Le foto sono di Barbie Bastarda, le manette pure. A Chrì, te lo ripeto, ’nte sei inventato niente… 😉

 

 

 

 

 

SIAMO TUTTI SCRITTORI…EROTICI!

Questa cosa dei romanzetti erotici vi sta sfuggendo di mano, ve lo dico…

E non mi presterò a fare squallidi doppi sensi sulle mani e sull’erotismo…1424275979-parodia1-0

Come vi ho detto nell’articolo “Siamo tutti scrittori!”, «…faccio parte di diversi gruppi facebookiani di pseudo-scrittori (e scrittori molto, molto convinti). Quando mi sono iscritta pensavo che mi sarebbe stato utile per spammare un po’ i miei lavori, ma non lo faccio mai. Credevo che fosse un mondo in cui poter condividere le proprie idee, dubbi e per scambiarsi dritte e suggerimenti. Teoricamente è così. In pratica sono tutti post personali di “Questo è il mio libro, questo è il mio lavoro, compra qui, ecc…” Abbastanza noioso, a dire il vero. Avevo pensato di abbandonarli (o di nasconderli dalla mia home), ma l’unico motivo per il quale resisto è che ogni giorno si può godere della lettura di notevoli perle…»

Oltre ad innalzare notevolmente la mia autostima, mi regalano innumerevoli spunti per scrivere e sparlare.

Ultimamente, sto notando un preoccupante incremento nella produzione di racconti e libri erotici o con velleità di esserlo.

La mia opinione sulle sfumature e suoi derivati la conoscete già. No? Allora leggetela QUI.

Ma, da quando la signora James ha risvegliato un popolo di vogliose – e fatto soldi a palate – la produzione di libretti con intenti porchi si è decuplicata. Signori, siamo messi proprio male!

Mi sono divertita a salvarmi solo alcune delle produzioni più meritevoli e oggi, bontà mia, voglio condividerle con voi.

SC20150812-101917 edA lato un esempio: ma guarda che straordinaria originalità! Un titolo di un libro erotico che riporta la parola “sfumature”! Ci avrai perso il sonno per riuscire a partorirlo!! E poi… Ma daaaiii… Che innovazione spettacolareee!! Una trama con una donna fintamente felice che viene salvata da Mister P!! Che novità!! Wowww… Sono davvero, davvero, curiosissima di leggere questo RACCONTO LUNGO di ben 49 pagine!! Non so voi, ma io non credo che in 49 pagine possa riuscire a svilupparsi una torbida passione minuziosamente descritta, tanto da definirsi “erotica”, ma magari mi sbaglio… Poi se bastano 49 pagine per definirlo “lungo” ora capisco perché quasi tutti gli uomini si ritengono superdotati…

Questo è uno dei miei preferiti, giuro che lo amo!! L’ironia mi è piaciuta, solo quella SC20150803-101941però… Prima domanda: se il sorriso miagola, lo sguardo che potrebbe fare?? Barrire?? “Godo sul tuo sguardo barritoso e voglioso”… Azz ho un talento! Ora mi metto pure io a produrre testi per smanettoni. Per il resto, non si capisce
granché, o forse sono io troppo ignorante da non riuscire a comprendere una prosa così sopraffina. Probabile. Chiuderei con il “condon”, da applausi! Gli condono l’errore, perché l’immagine di un preservativo usato che ammicca, è fenomenale!

Di questa non possiedo la foto, mi sono rifiutata, perché conteneva solo un titolo sicuramente d’impatto, che non riporterò mai – perché non ti faccio pubblicità – che allude ad una protagonista discinta e molto“generosa” e una sponsorizzazione che non fa altro che sottolineare il titolo.  Mi verrebbe da chiedermi se sia perché i contenuti non siano altrettanto d’effetto, ma non lo saprò mai!

Questa di erotico non ha molto, ma mi lascia comunque perplessità. Ammirevole il riferimento al padre della lingua italiana, partendo dal quale poi parte una filippica prosopopica – con tanto di riferimento pure a Renato Zero messo SC20150925-105027lì così, tanto non se ne accorge nessuno – sulle maschere, il perbenismo e lo spezzare le catene (avete presente la pubblicità del profumo con Julia Roberts?? Ecco, praticamente quella…). Ora, potrei passare pure sopra e concordare sul pippone socialmente utile, quello che proprio mi sfugge, novella Dantina, ma – in  tutto ciò – le tue cosce e le tue unghie che c’entrano?? Sul serio non capisco! Dici che pure Dante per rafforzare i concetti, se avesse potuto, avrebbe corredato l’Opera magna di un bel selfie del suo nasone?? Ognuno mostra quel che ha, in fondo. Appunto.

Anche girando per supermercati, ogni volta che vedo dei libri, devo soffermarmi a curiosare tra titoli e copertine. Sono stata rapita da questo: “Non meriti un minuto in20150413_094250 più del mio amore” recita il titolo minaccioso, da leggere con voce tremula semi-singhiozzante e punta di orgoglio stizzoso. Il sottotitolo è : “Tié! Zumpappero!!”. Primo dato allarmante: anche questo fa parte di una trilogia. Quindi posso presumere che la poverina per i primi due libri abbia subìto e al terzo s’è svegliata. Anche in questo caso non mi infliggerei mai la lettura dell’opera magna, ma – se sono arrivati a partorire il terzo libro – come al solito, appartengo a una sparuta minoranza, perché, sì, le donne continuano a leggere solo questi “Harmony e i suoi derivati”.
Interessante la dicitura della fascetta: “Solo per persone speciali”. Alla Newton Compton ci sanno fare col marketing, non c’è che dire. Una subdola strategia che fa leva sull’ego di ognuno di noi, perché tu lo guardi e pensi subito: «Cavolo allora è per me, perché io sono speciale!!» …fregato! Ma questo è nulla in confronto alla scelta della foto di copertina sapientemente mimetizzata – ma non troppo – dal titolo: due cosce ignude e zona pubica allusiva con tanto di vedo-non-vedo. La domanda è scontata e lecita: è proprio l’amore che non avrà più, o ti riferisci ad altro?? O forse è solo tutta una questione di minuti?!?
Un applauso speciale, infine, alla mente geniale e ironica che ha curato l’esposizione di questi testi (sperando che l’abbia fatto di proposito…). Partendo dal citato e continuando sulla destra, troviamo un testo che funziona, a quanto pare, perché accanto gli risponde subito un altro ammiccante e lascivo.
Volendo leggere i titoli insieme, con mente perversa come la mia, suonerebbero più o meno così:
«Non do più!»
«Io sono il conquistatore!»
«Sono tua…»
C’è un lieto fine anche per i libri… Chissà come sarà rimasta “colei che non dà più”… Probabilmente con solo un Harmony in mano!

Altro giorno, altra sfornata di capolavori.

20150630_195350Per soli due euro e novanta (il novanta sarà messo a caso?!) potete godere – è proprio il caso di dirlo – di “Sensuali carezze”, “Eccitanti alchimie”, restando “Sottomessa di piacere”. Credo che non occorra aggiungere altro… Ma che mestizia vedere il mio amato “Principe” relegato allo stesso scaffale del “Numeriere degli animali”!

Lo so cosa state pensando… E va be’, sono una stronza che giudica il lavoro altrui, senza leggere effettivamente, soffermandosi su estratti, titoli e fotografie. Sì è vero,avete ragione, lo sono!

Non mi spreco nuovamente a consigliarvi letture più impegnate, perché ormai abbiamo capito che questa è l’offerta e questo – purtroppo –  il mercato.

Ma una cosa ve la devo assolutamente dire…

Perdonate la mia brutalità, ma d’altronde il blog si chiama “Barbie Bastarda” e non “Barbie-te-lo-dico-con-dolcezza” e poi qualcuno ve lo deve pur dire una volta per tutte…

Ma, piuttosto che perdere tempo a scriverne o leggerne… ma una sana e ricca trombata VERA, no?!?

PS: questo è il mio articolo numero 50. Ma quanto sono geniale?? Non ho resistito!! 50 sfumature di BB… 😉317762-400-629-1-100-i-minion-vestono-50-sfumature-di-grigio