E POI…

E poi mi avresti detto che quella gonna mi stava davvero bene.

Io ti avrei ringraziato col mio sorriso più bello, abbassando la testa. Mi imbarazzano i complimenti, lo sai. Almeno quanto mi fanno piacere.

Oppure avrei ammazzato il momento facendo una battuta per togliermi dal disagio. Devo imparare a incassare gli apprezzamenti. Lo so, lo sai…

E poi mi avresti avvicinata a te prendendomi la mano. E io avrei continuato a sorridere.

Quindi ci saremmo incamminati vicini e mano per mano. Discutendo su qualcuna di quelle banalità che si usano per colmare i silenzi, per intrattenere.

Mentre entrambi saremmo stati assorti a pensare a qualcos’altro.

Io, ad abbracciarti, tu – con ogni probabilità –  a qualcosa di più spinto.

E poi avremmo riso molto.

Pensando a noi, mi figuro sempre una gara di umorismo e tanta ilarità.

Sai quello stuzzicamento delizioso che stimola il gioco, l’eccitazione e la complicità? Proprio quello.

Magari io avrei fatto finta di prendermela e tu saresti stato col dubbio se stessi scherzando o meno. Sono brava in questo. Ci caschi spesso.

E poi avremmo cercato un locale carino, non molto affollato, senza pretese, ma grazioso. Un po’ nascosto, non sfacciato, né scintillante, però accogliente.

Intimo.

Entrando, ci saremmo sentiti addosso gli sguardi degli altri avventori e tu mi avresti fatto l’occhiolino per distrarmi.

Ci saremmo accomodati e avremmo cazzeggiato col cameriere.

Sarebbe venuto almeno due o tre volte perché, troppo intenti a chiacchierare, ci saremmo scordati di guardare i menu.

Mi avresti presa in giro sul mio essere “erbivora” e io mi sarei tappata le orecchie, simulando di non ascoltarti nemmeno.

Ti avrei fatto perfino scegliere il vino senza interferire, pensa.

E poi avremmo brindato.

Alla salute, a noi, alle stelle, al cielo magnifico di quella sera, al vino designato, al locale, al cameriere, ai vicini di tavolo che scherzavano con noi, al cibo, alla felicità, alla vita, all’amore.

E poi avremmo parlato.

Tanto, troppo e di tutto. Per via delle nostre effervescenti menti aperte. Che poi è una definizione che non mi piace perché oltremodo abusata. Per via delle nostre effervescenti menti curiose. Sì, curiose. Con la nostra curiosità che ci spinge al sapere, alla conoscenza e al voler condividere e imparare.

E poi avremmo percepito la sensazione di perfezione che raramente riesci a provare. L’appagamento. La sicurezza che non vorresti essere in nessun altro posto e con nessun altro al mondo.

Quei momenti sincronici durante i quali ogni singolo tassello si incastra perfettamente al tutto, formando degli attimi di assoluto splendore e puro piacere.

Piacere di ogni fibra del proprio essere.

E poi ti avrei sorriso ancor di più.

Con calma ci saremmo congedati dal locale e i suoi avventori, e ci saremmo persi nelle viuzze del centro, a tarda notte, continuando con la nostra produzione di elucubrazioni profonde, mischiate alle più infime battutacce da osteria.

E poi, probabilmente, ci saremmo beccati qualche “Aho! Mortaccia vostra” provenienti dalle finestre sopra le nostre teste, per la troppa caciara.

E quindi, poi, saremmo scappati.

Ridendo.

E poi ci saremmo fermati davanti a un nasone per bere e rinfrescarci, mentre il Ponentino ci spettinava. E mi avresti dato la tua giacca perché sai che ho sempre freddo.

E poi ci saremmo fissati per un po’, finalmente zitti.

Senza la necessità di parole, ma assaporando la quiete. Godendo solo della nostra reciproca presenza.

E poi…

Hai presente quando si parla di quelle banalità per colmare i silenzi, mentre si ha in testa qualcos’altro?

Ecco.

Poi avremmo fatto quel qualcos’altro…

Io ti avrei abbracciato e tu…

Tu, boh.

 

E invece…

Invece sono qui ad immaginarmela questa serata.

Anziché parlarci davvero, fissandoci, tenendoci per mano, in modo complice, intenti a stuzzicarci e a far susseguire parole e sorrisi.

Perché poi…

Poi, i silenzi, le cazzate, la mia testa dura, le troppe cose non dette, le paturnie, l’isolamento fisico e mentale, la lontananza fisica e dal cuore…

Visto che a tutto questo preferisco non pensare, me ne vado lì.

In un posto senza pretese, ma grazioso. Un po’ nascosto, non sfacciato, né scintillante, però accogliente.

Intimo.

È lì che siamo.

Mano per mano.

Lì.

 

 

Considerazioni sparse su Sanremo sulla base di ciò che ho reperito in giro.

Ha vinto Diodato con una canzone dedicata alla sua ex. La sua ex è Levante anch’ella presente al Festival che a sua volta ha dedicato una canzone al suo ex Diodato, che al mercato mio padre comprò.
E noi mortali che ci lanciamo semplici frecciatine sui social. Questo è un altro livello.
Ma se si mancano perché non tornano insieme?
Attendiamo nuove hit per scoprirlo.

Eloide è di una figaggine spaventosa.
Per Sabrina Salerno ho finito gli aggettivi. Direi che questa settimana tra lei e l’accoppiata Shakira-JLo al Super Bowl, la mia eterosessualità ha vacillato di brutto. E le ventenni, mute.

I Ricchi e Poveri si sono riappacificati e sono tornati alla formazione quadrupla originale. Perché pure l’incazzatura da corna, a un certo punto, va in prescrizione.

Achille Lauro si è vestito perfino da Regina di Cuori di Alice. Alla sua vista, Enzo Miccio è svenuto. Non si è capito se per gioia o repulsione.

Il pubblico si è spaccato tra chi critica Achille Lauro ritenendolo un cretino privo di talento che non si può in alcun modo accostare, come è stato fatto, a mostri sacri quali Freddie, Bowie e Zero; e chi critica chi critica Achille Lauro gridando al genio, al suo essere avantissimo, tanto da non essere compreso dal volgo ignorante.

Vi lascio immaginare da che parte si collochi il mio pensiero…

All’uscita della Leotta sulla bellezza che “capita”, ho reagito nell’unico modo plausibile:

AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!

La presenza di Piero Pelù, Irene Grandi, Le Vibrazioni e Marco Masini mi ha illuso per un attimo che fossimo tornati agli anni’90/inizio 2000. Grazie, vi amo.

È stato tributato un applauso a Beppe Vessicchio che manco al vincitore stesso. Lui ha ringraziato con un sorriso che mal celava un “Pijateve ‘sti spicci. Così imparate a lasciamme a casa, stronzi”. Ha vinto lui.

Ho sviluppato un’imprevedibile simpatia per Elettra Lamborghini. Giovane, famosa, figa, miliardaria, fidanzata con un giovane, famoso, figo, miliardario, che avrà detto: «Vabbè ‘sta settimana non c’ho molto da fa’, me ne vado a Sanremo a famme du’ risate». Adorissimo. (Ele’, se t’avanza ‘na Diablo, sai dove trovarmi).

C’erano i “Pinguini Tattici Nucleari” non li conosco, ma il loro nome mi ha fatto ridere. Poi ho pensato che se veneriamo gli “Scarafaggi”, gli “Spazzatura” e i “Peperoncini Rossi Piccanti”, non vedo perché dovrebbero essere da meno i “Tactical nuclear penguins”.
Morgan ha litigato con un certo Bugo. Niente, fa già ridere così.

Paolo Jannacci è Herbert Ballerina. Punto.

Quest’anno vanno di moda le scollature larghe e aperte. Poi non ci stupiamo se le tette straripano.
Il buon Tiziano ha sbroccato a Fiorello che s’è offeso, poi hanno suggellato la pace con un bacio.

La reazione schifata di Ferro credo che sia una delle cose più belle che abbia mai visto in vita mia.

E, in tutto ciò, c’è un cantante che si chiama Rancore. Vi rendete conto? RANCORE. Ti presenti e fai: “Piacere, sono Rancore”. E non devi aggiungere proprio nulla. Sono invidiosa.

Ah, dice che c’era pure Amadeus.

Quindi abbiamo gossip sopraffini, litigi plateali, frecciatine multiple, inciuci, dediche, incomprensioni, rappacificazioni, ripicche, vendette, polemiche, strascichi, Rancore vero che manco Beautiful.

E io, cretina, che ogni anno mi ostino a non vederlo.

 

“Fai rumore” è da brividi… Andava detto.

LA DONNA SCIMMIA E L’UOMO RAGNO

«Le donne sono come le scimmie: non lasciano mai un ramo prima di averne afferrato un altro».

Questa è una delle massime di un mio amico. Massima che, nel corso degli anni, ci ha fatto discutere parecchio, incazzare e litigare. Misogina, politicamente scorretta e volgarotta, alla quale ho sempre ribattuto con dei convinti:

«E allora io, scusa?? Ti sembro una scimmia?? Vedi rami in giro??»

Tesi che veniva avvalorata da lui facendomi di volta in volta freschi esempi di reciproche conoscenze che, con una cadenza commovente, saltavano di ramo in ramo, senza neanche passare dal “Via”.

Alla fine, siamo giunti all’accordo che gli è concesso recitarla, modificando l’incipit in “Alcune donne”.

Sono certa che ne conoscete di “Donne Scimmia” (“DS”, d’ora in poi): sono quelle che non restano mai sole, quelle che apparentemente trovano il coraggio o l’input di lasciare l’amore infelice solo se ne hanno già pronto uno di scorta, o la fortuna di trovare un altro grande amore all’indomani della fine di una storia.

O sono di innamoramento facile, o qual è la verità?

Non si tratta di innamorarsi di un’altra persona, è questo il punto. Quello capita e non è prevedibile, né sindacabile.

Sembrerebbe che le DS siano innamorate dell’Amore. E che questo le spinga a raccattare qualsiasi esponente maschile sembri loro donargliene anche solo un pochino.

Mi sono chiesta se fosse un’usanza tutta femminile, o se anche nella fauna maschile ci fossero esemplari accecati dalla vita di coppia, il “Noi”, il condividere sempre, comunque e ad ogni costo.

Non so se un uomo abbia la sensibilità (o il sesto senso?) necessari a percepire un pericolo imminente, se non gli viene manifestato apertamente.

Mi è capitato spesso di sentirgli riferire che LEI gli avesse detto di non essere pronta. Ma loro lo sanno che una neo single va evitata?

Invece, so per certo che qualsiasi donna sana di mente e con un pizzico di amor proprio ha cognizione che è assolutamente sconsigliabile frequentare un uomo fresco di rottura, ma che bisogna rispettare religiosamente  i tempi di quello che io chiamo il “Periodo Refrattario”.

Più il rapporto defunto è stato lungo, più tempo occorrerà al maschio per ristabilirsi, superare e – soprattutto –  essere pronto e consapevole per una nuova liason.

«Da quanto ti sei lasciato?»

«Un mese…»

«Ok, ci rivediamo tra un paio di anni»

Una cosa così.

Questo perché nel post-rottura gli uomini appaiono estremamente fragili, spesso incazzati, ma di sicuro non sufficientemente lucidi per buttarsi in una nuova storia. A meno che non si amino i disastri annunciati. O si abbia l’istinto della Crocerossina (uccidetelo, per favore!).

Alla prospettiva di una frequentazione con un neo-scapolo, una donna saggia, cosciente e consapevole, scappa. Perché sa quello a cui andrebbe incontro.

Ed è qui che entra in scena “L’Uomo Ragno”(“UR”, d’ora in poi).

Il subdolo predatore circuisce la propria preda avviluppandola in una tela fatta di rassicurazioni, conferme, belle parole e buone intenzioni. Nega qualsiasi tipo di “deficienza” sentimentale, afferma di essere nel pieno possesso delle sue facoltà intellettive e affettive, proclama amore solo per lei che ha scacciato via tutti i brutti ricordi.

Mente.

E la donna diventa DS in un’altra accezione, ovvero “Donna Scema”, perché si fa fregare, convincere, mentre finisce pian piano intrappolata del bieco ordito.

Passerà poco tempo perché l’UR manifesterà tutti i sintomi precedentemente negati e scapperà a tessere un’altra tela.

O, passerà molto tempo, finché lo stesso non troverà pronta un’altra preda da avvolgere nel caldo imbroglio dell’amore a tutti i costi.

Ora, io non so dirvi se la DS quanto l’UR siano mossi da buone intenzioni o da mero egoismo.

Se provino davvero una qualche specie di sentimento o se debbano soddisfare a discapito di altri il loro disperato bisogno di amore.

Però mi rimane difficile credere che abbiano SEMPRE il gran culo di imbattersi in un grande amore, di avere più anime gemelle che amici, di essere sempre ricambiati e mai rifiutati e viceversa.

E poi nutro particolare diffidenza per chi non è in grado di stare da solo/a.

Se potessi farlo senza incorrere in denunce, vi riporterei nomi e cognomi di svariate DS e molteplici UR che conosco – direttamente e non – così, giusto per mettervi in guardia da loro.

Perché, purtroppo, il problema fondamentale è che costoro non nuocciono quasi mai a loro stessi, ma agli altri.

Sfruttando, spesso, un sentimento sincero o simulando di provarlo.

Ho avuto a che fare con un UR dal quale ero subito scappata, per le motivazioni di cui sopra. Poi lui ha saputo tessere così bene, da farmi cadere in una ragnatela tanto bella, quanto frangibile.

Ha fatto male realizzare che lui non teneva a me, BB, in quanto tale, ma solo in qualità di femmina che gli è venuta in mente in quel momento, che era libera, disponibile, soggiogabile.

Che non ero “quella che lui voleva”, ma che servivo a soddisfare un suo preciso bisogno di coppia.

Che se ci fosse stata un’altra al mio posto, non avrebbe fatto alcuna differenza.

Questo è devastante. Questo fa capire quanto le DS e gli UR siano dannosi per sé e per gli altri.

Non dimostrano Amor proprio perché si “concedono” a tutti. Fanno diventare “Amore della vita” il primo che capita, nutrono le proprie insicurezze con l’affetto e le attenzioni altrui.

E nessuno merita di essere il “ramo” o il “bozzolo” di qualcun altro, solo perché è quello/a al momento disponibile. Quello/a che è passato/a.

Bisognerebbe dividere la vita con qualcuno che ne valga la pena, che si voglia davvero e non per dovere sociale o esigenza.

E, prima di questo, bisognerebbe iniziare a innamorarsi di se stessi.

Per non nuocere né a sé, né agli altri.

 

LETTERA APERTA A TE CHE NON SOPPORTO

Leggo continuamente tomi e articoli vari a sfondo psicologico, per la mia mania di cercare di comprendere, capire, scoprire, conoscere. Per sviscerare tutto quel che si cela nella nostra testolina e che si concretizza nell’azione.

Uno degli ultimi trattava la gestione delle persone e/o difetti di queste che troviamo insopportabili.

Veniva presentata anche la solita vecchia storia: negli altri non tolleriamo i difetti che – inconsciamente – riconosciamo come nostri.

Ogni volta che mi si pone davanti questa frase considero che – minchia – allora io ne ho davvero tanti…!

Ma mi sento di dissentire parzialmente da questa teoria, perché, sebbene ne possieda un’elevata quantità, alcuni  di quelli che non accetto negli altri non mi appartengono proprio.

E mi piacerebbe pure esserne dotata, eh! Sia chiaro.

Infine, l’articolo suggeriva vari approcci attraverso i quali “curare” questo fastidio, queste diatribe, questa insofferenza che ci causano certi soggetti o i loro difetti.

In primis, contattare queste persone per dirimere le controversie.

Che?

Scherziamo??

Alcune non ci tengo proprio a rivederle; con altre non vale la pena discutere; altre sanno esattamente quel che penso di loro.

In mancanza di volontà o impossibilità di incontro, consigliava di scrivere loro una lettera.

Questo, sì.

Questo posso farlo.

Ma perché tenerle per me, quando ho la grandiosa possibilità di esternarle al mondo virtuale?

Quindi, ecco quel che non sopporto di voi.

Partirei senz’altro da te:

Tu sei stata una delle più grosse delusioni della mia vita, tanto che ora mi rallegra il pensiero che tu non ne faccia più parte. Coi tuoi difetti ho convissuto per anni, fino a quando non li ho tollerati più.

Solamente le TUE esigenze e sticazzi quelle degli altri. Il tuo profondere sorrisi a chicchessia soltanto per aggraziartelo, fartelo amico, per poi nutrire un interesse nullo, solo di facciata. Il tuo spettegolare di tutti.

La tua costante ricerca della ragione, senza minimamente, mai, provare ad accogliere il punto di vista altrui, a capirlo, ad essere un minimo empatica, mai. Però guai a farlo con te, ovvio.

Tu, tu non vali neanche molte parole, hai così tanta cattiveria in corpo che, se si potesse canalizzare, risolveremmo il problema della produzione di energia elettrica.

Tu sei così disfattista! Ma che palleee!

Un conto è una critica costruttiva, tutt’altro sparare a zero su qualsiasi pensieri, parole, opere e omissioni facciano gli altri e che non ti vede come protagonista. Fare la conta delle pagliuzze altrui, mentre noi siamo lì a fissare le tue enormi travi come a dirti:

«E c’hai pure il coraggio di parlare??»

Non ti ho MAI sentito elogiare qualcuno. Ci credi? MAI.

Se fossi in te, ci penserei…

A proposito di protagonismo, ci sei tu: forse l’insicurezza fatta donna, o – piuttosto –  il desiderio costante di essere al centro dell’attenzione e di mettercisi con così tanta fastidiosa meticolosità.

So che questa notizia ti sconvolgerà, ma devi sapere che il mondo NON gira intorno a te.

È bene che tu lo accetti, esattamente come ha fatto ognuno di noi essere umani.

Sbracciarsi non serve a molto, se non a palesare la tua scarsa personalità. E non attiri attenzioni: attiri compassione.

Tu, tu e tu. Gli “IoIoIo”, i logorroici incoercibili, quelli che non ti dicono neanche “Ciao” e partono subito a parlarti di loro stessi e dei beati mazzi loro e che riescono a far diventare qualsiasi conversazione un pretesto per ciarlare di loro stessi.

Sono stanca di ascoltarvi, ve ne sarete accorti, perché – col tempo –  ho limitato al minimo indispensabile le occasioni di incontro e, in alcuni casi, le ho eliminate totalmente.

Mettevi allo specchio e parlatevi, fate un favore all’umanità. Tanto non vi interessa l’opinione degli altri, vi interessa solo vomitare parole.

Anzi, se proprio ci tenete, qualcuno disposto a udirvi e a darvi preziosi consigli esiste, ma dovete pagarlo.

Sono stanca di ascoltare anche un altro tipo di “IoIoIo”: quelli che fanno tutto loro, capiscono tutto loro, sanno tutto loro e – soprattutto – gli altri non valgono mai un cazzo.

Di questi tipi ne conosco purtroppo parecchi. E li evito.

Tu. Tu accresci la mia autostima ogni giorno. La tua santa pontificazione quotidiana sui social mi dà alla nausea. Perché ti conosco e so che sei una persona di merda.

Il tuo essere così proba e buona virtualmente, cozza col tuo trattare le persone come feccia (termine del quale abusi in modo rivoltante sempre rivolgendosi ad altri, ovvio) cosa che hai fatto – come ben sappiamo – in più di un’occasione.

Risparmiaci le prediche, fai il favore, che di razzolare bene non sei in grado.

Accresci la mia autostima, perché ogni giorno ringrazio il cielo di non essere come te.

Sono stufa, ma stufa davvero, di voi che mi cercate ogni volta che avete bisogno di qualcosa, che non avete alternative migliori, che dovete risolvere un problema.

Non ci sono per voi, non più.

La porta si è chiusa tempo fa, non ve ne siete accorti?

Detesto allo stesso modo, chi mi cerca solo quando resta solo/a.

Un’altra domanda per entrambi: quando vi va tutto bene, che fine fate?

Menzione speciale per Voi: che in assenza sparlate senza contegno e, in presenza, vi producete in effusioni degne di adolescenti.

Ecco, voi mi fate abbastanza schifo e vi ammiro allo stesso tempo.

Perché io non riesco proprio a nascondere quando una persona mi sta sulle ovaie.

Sul serio, ma come fate?

Ovviamente non credo di essere immune da tale trattamento, perciò ho imparato a diffidare di voi a non credere più ai vostri falsi sorrisi.

Da grande, ambisco a diventare anche come quelli che pensano solo ed esclusivamente ai cazzi propri. È una dote che vi invidio molto, lo ammetto.

Mi piacerebbe riuscire a fregarmene di chicchessia come fate voi. Farsi scivolare tutto addosso e fare dell’egoriferitismo il solo credo.

Così, invidio e biasimo te e te: così naif, così inattendibili, così leggeri, così incuranti, così inaffidabili. Vi osservo e cerco di apprendere l’arte dell’irresponsabilità.

Tu. Tu pensi di avere tutti i problemi del mondo.

Ma che cojoni, davvero!
Ogni accadimento è una difficoltà insormontabile, fai un dramma per le cazzate, ma bastaaa!

Basta pure Tu: che ti lamenti costantemente di tutto e tutti, ogni giorno, sempre e comunque.

Fattela una risata! Impara a ridere di tutto che sei pesanteee!!

Ma pesante in maniera pesante!!

Non riesco a vedere trasparente te. Ci ho provato, giuro! Mi sono impegnata, ma c’è qualcosa che proprio non mi convince in te. E, in genere, alle mie sensazioni do retta.

Tu non prendi mai posizione o – meglio – assumi quella del tuo interlocutore, quindi mutabile, conveniente, mai scomoda per chi ti parla. Rabbonente per tutti, ideale per uscirne sempre puliti.

Ce l’ho con te, lo sai. Nel bene o nel male, io una posizione la prendo sempre ed è spesso scomoda.

Le donne e ne conosco tante, e mi ci metto pure io, che si sminuiscono in nome di un penemunito qualsiasi. Che spesso non vale nulla, e di sicuro non vale MAI la propria svalutazione.

Mi fanno proprio incazzare!!

In generale, gli stupidi. Ad alcuni fanno tenerezza. A me, no. Credo che uno stupido non sia uno poco dotato, ma uno che fa uno scarso uso della mente, quindi perché dovrei compatirlo?

Se riconoscete di essere stupidi e/o ignoranti, almeno abbiate la buona creanza di tacere.

Questo non è da stupidi, anzi. Denota immensa intelligenza.

Infine voi, gli uomini che mi hanno lasciata andare. Mi dispiace, ma manifestate una totale mancanza di buon gusto.

Menzione speciale per tutti quelli che non capiscono l’ironia: con voi non ci voglio parlare.

A molti voglio anche bene, c’è da dirlo. A molti, evidentemente, non ne voglio abbastanza. E per questo vorrei scusarmi.

Perdonatemi se non riesco a essere così pura da amare in maniera incondizionata anche i vostri difetti.

Perdonatemi se non riesco (più) a soprassedere.

Se è vero che l’accettazione degli altri sottintende una piena, preventiva e completa accettazione di sé, ecco, capite come sono messa.

Comunque, provateci.

Scrivete le vostre letterine, è davvero terapeutico.

09.07.2016 – AAA: APPARENZA, APPARECCHI TELEFONICI E ACIDITÀ.

Uno dei mali del nostro tempo risiede nel fermare il nostro giudizio all’apparenza. Ancora peggio, quando qualcuno è convinto che ciò che pensa sia l’assoluta realtà, senza beneficio del dubbio e senza basi concrete sulle quali formare il proprio giudizio.

Questo ho pensato, durante quella che doveva essere una innocua spedizione fine solo a comprare il cellulare nuovo.

Ma andiamo con ordine.

All’epoca, lavoravo anche di sabato e questo fatto, oltre a rendermi perennemente stanca e stressata, riduceva al minimo il tempo che potevo dedicare a me stessa.

Sabato nove luglio 2016 avevo deciso che avrei sfruttato la pausa pranzo per le mie commissioni, tra le quali, quella di cui sopra.

Inoltre, dopo un mese di silente preoccupazione, mi ero decisa a fare un controllo che l’avrebbe placata o concretizzata.

Se esiste un termine contrario di “ipocondriaco”, io lo incarno alla perfezione. Se si palesa un minimo problema di salute lo liquido con un «Come è arrivato, così se ne andrà» e non me ne occupo più.

(e il bello è che rompo le scatole a tutto il resto del mondo con la prevenzione, ma – vabbè – questa è un’altra storia…)

Quindi, potete immaginare quale fosse il mio stato d’animo e i miei pensieri visto che, alla fine, avevo preso  in seria considerazione la possibilità che avessi un problema serio.

Trascorsi oltre trenta giorni in cui non solo non passava, ma peggiorava pure, avevo finalmente prenotato un esame diagnostico che avrebbe potuto cambiare il corso della mia vita.

Potete capire quel che mi passava per la testa.

Ero andata sola, senza dire nulla a nessuno, e avevo deciso che – qualunque fosse stato il risultato – poi sarei andata a comperarmi il telefono nuovo. Perché me lo meritavo.

E così ho fatto.

Non sono una fanatica della tecnologia, ma ci tengo a comperare prodotti di qualità, perciò avevo già dato un’occhiata online e avevo le idee abbastanza chiare sui modelli da prendere in considerazione e, sicuramente, la marca.

Sono andata dritta verso l’espositore degli smartphone per vederli da vicino.

Un nanosecondo e mi si è affiancata una sorridente venditrice “monomarca”, brandizzata dalla testa ai piedi, che voleva decantarmi le meraviglie dei loro telefoni.

Sebbene non promuovesse la compagnia che avevo scelto, l’ho lasciata parlare.

Pure loro stanno qui per lavorare, la ascolterò. Non mi costa nulla.

Ha iniziato enunciando i pixel delle fotocamere, come se fossero la discriminante fondamentale.

Quindi, mi ha scansionata dalla testa ai piedi, per poi apostrofarmi con un:

«Tanto tu che ci dovrai fare col cellulare? Lo userai giusto per Whatsapp, Facebook e per farti le foto…»

D’istinto, ho alzato il sopracciglio sinistro e mi sono passata la lingua sulle labbra, come una fiera che si prepara a pregustare il proprio pasto.

Alle 14.45 di sabato 9 luglio 2016 ho avuto la conferma che la gente si basa sull’apparenza, che se hai un aspetto curato sei per forza una sciacquetta e che gentilezza e cordialità vengono spesso scambiate per stupidità, con il tacito permesso di poter dire tutto.

La fiera iena che è in me ha disteso la schiena, portato i capelli dietro le orecchie e continuato a mordersi le labbra.

Quella che stava per fungere da pasto ha aperto la fotocamera e ci ha inquadrate, per mostrarmi l’alta definizione e la possibilità di modifica delle pic. L’ho fermata con la mano e mi stupisco molto di come non l’abbia colpita al volto.

«Ehm… Mi dispiace tanto deluderti, ma non passo la vita a farmi le foto e non mi interessa farlo. Perciò, se la tua illustrazione concerne esclusivamente quanto questo telefono sia performante dal punto di vista fotografico, non mi conquisterai mai. L’unico motivo per cui ti ho lasciata parlare, è perché ho visto – da sola dalla scheda tecnica – che questo smartphone ha 2 Gb di RAM, 16 di memoria interna e memoria espandibile,  ed era quello che mi interessava. Tu non ne hai fatto minima menzione, ma – sai – io sì, perché noi ochette usiamo gli occhi mascarati non solo per specchiarci, ma anche per guardare ciò che ci preme.

In merito al fatto che la gente col telefono ci lavori, ti dirò che io di lavori ne faccio due e, per diletto, mi piace scrivere. Quindi, questo vuol dire che, non solo uso quasi tutte le app che un apparecchio possiede e che forse – benché sia il tuo di lavoro – tu non hai nemmeno mai visto, ma anche che ho a che fare, quotidianamente, con una quantità di persone, mail, problemi, cazzi e mazzi, che non puoi proprio immaginare! In più, quando mi avanza tempo, mi piace divertirmi e quindi, sì, uso pure WhatsApp e Facebook e aggiungici altre centinaia di persone e gruppi e situazioni e cazzi e mazzi per diletto. Ti ho lasciata parlare perché ho sempre rispetto di chi lavora, ma tu non sembri averne per chi potrebbe regalarti una percentuale. Forse ti risulto un pochino esagerata e inacidita, ma se ti raccontassi quel che ho passato nell’ultimo mese, forse ti metteresti a piangere insieme a me, ammesso che la tua tracotante supponenza possa concedertelo. Comunque questa marca non l’avrei mai comprata, perché fa schifo. E tu di certo non aiuti a incrementare le vendite. Buon lavoro» .

Forse dovrei rallegrarmi che il mio aspetto non tradisca mai i miei profondi turbamenti interiori.

Sogno un mondo in cui tutti sappiano guardare oltre le apparenze e le maschere.

In cui si riesca a cogliere l’intima essenza delle persone, le paure, il carattere, le intenzioni, al netto delle difese.

Ma, forse, è meglio di no. Non avremmo più la possibilità di nasconderci.

Di scegliere a chi destinare la parte più intima di noi, quel posticino riservato a pochi, con le mura rivestite di empatia.

Forse è meglio così. Ci aiuta a riconoscere i superficiali. A distinguere quelli veramente interessati.

Comunque state tranquilli tutti, so a cosa state pensando e so che siete preoccupati.

Non dovete. Non siate in apprensione.

I selfie col nuovo telefono vengono benissimo.

Allego prova fotografica . 😉

 

I PROFESSIONISTI DELLA CAZZATA & IL FATTORE “PRESA PER IL CULO”

Molti anni or sono, quando ero una ragazza semplice e ingenua, mi imbattei nel mio primo esemplare di Professionista. “Professionista della cazzata”, per la precisione. (PDC, d’ora in poi).

Per quante ne aveva inventate – che mi ci volle molto tempo per decifrare e smaltire – lo soprannominai “Il Genio del Male”. Genio perché – per mentire – occorre davvero una gran mente e una gran memoria; Male perché tutti i comportamenti lesivi della mia persona che attuò, furono del tutto gratuiti.

Mi aprì un mondo che, fino ad allora, ignoravo. Mi insegnò a dubitare, a non credere a tutto quello che mi veniva detto, ad ascoltare le parole, ma – sopra ogni altra cosa – a verificare che a queste seguissero fatti concreti. A osservare le azioni e attenzioni che mi venissero rivolte e mancanza di esse.

E scoprì un nervo nella mia pelle che – tuttora – se toccato, mi irrita come poche altre cose al mondo: tira fuori il mio lato peggiore e tutta la mia ienaggine e bestialità, mi fa tagliare ponti, strade e gallerie con chiunque lo stuzzichi.

Ovvero tutte quelle sensazioni che certe azioni e frasi mi provocano, e che si possono sintetizzare nel “Fattore presa per il culo”(FPPIC).

Ho già spiegato che esistono innumerevoli componenti dell’Esercito degli SS: Scopa & Scappa.

La differenza fondamentale tra i membri dell’SS e i PDC risiede senz’altro nel protrarsi nel Lungo Periodo del FPPIC. Infatti, mentre i primi fuggono all’alba del primo amplesso, i secondi risultano parecchio più subdoli, perché perpetrano il comportamento ingannevole finché più gli aggrada o – più verosimile – finché non vengono smascherati.

Un PDC è per sempre, non ti lascerà mai! E chi glielo fa fare? Spesso ha la botte piena e sette/otto mogli ubriache.

Infatti, pregevoli esempi di uomini dabbene, fieri PDC sono, ad esempio, quelli che conducono due o più vite parallele con compagne ignari.

Ma vi immaginate che fatica?

Recentemente, una mia cara amica ha conosciuto l’uomo perfetto.

Lui ha fatto tutte le mosse giuste, le promesse giuste, le parole giuste, al momento giusto.

Si è presentato come un novello Terence da compatire perché – benché lui e la sua compagna vivessero come fratello e sorella già da tanto – non se la sentiva di lasciarla. Ma lo stava facendo, eh! Mancava poco…

A dire il vero, si erano poi – di fatto – già lasciati, però lei non aveva un posto dove andare e lui, Gran Cuore, non se la sentiva di sfrattarla e consegnarla a un destino da Piccola Fiammiferaia ai bordi delle strade. Porella, che devo fa’?? Solo chi ha un quore, capirà!1!

[Già vista, già sentita. Vi omologate anche le cazzate??]

A parte questo piccolo inconveniente, lui non si scordava mai di ripeterle e dimostrarle quanto fosse importante, quanto si sentisse felice – ora – insieme a lei, e di quanto volesse continuare a renderla felice nei secoli dei secoli, amen. Quanto fosse l’unica donna per lui. Allora dammi il tuo amore e non chiedermi niente e te lo do, sì!

L’uomo perfetto palesava anche un’avversione verso i social network, che lo portava ad essere sprovvisto di account, mentre l’ultimo accesso avveniva sempre e solo con lei. Bravo ragazzo!

Bastava aspettare. Per l’uomo perfetto si aspetta, eccome.

Giuro, sistemo tutto e poi saremo tu ed io. Solo noi due…

Peccato che…

L’account lo avesse eccome (fake chiaramente) e, appena terminato di whatsappare con lei, iniziasse a messengerare con almeno un’altra. Mentre quella “ufficiale”, la quasi-sfrattata, non si sa se fosse consapevole del tutto o meno.

Il colpo di scena vero e proprio, è avvenuto quando la mia amica ha avuto il (dis)piacere di conoscere, per caso (che non è mai a “caso”), una delle altre concubine del PDC-Terence-Poligamo-GranFiglDiPutt.

Immaginate la conversazione:

«Sai, io sto con Gino!»

«Madddaaaiii!! Pure iooo!! Che figataaa!!»

Ecco.

Da lì, hanno iniziato una meticolosa ricostruzione tramite incrocio di date, dati, dettagli, messaggi e telefonate che solo due donne e la CIA possono riuscire a compiere. Ma sulla CIA non sono così sicura.

Ne è uscito che questo Gran Signore, questo Professionista della presa per il culo plurima e continuata, questo moderno Enrico VIII con le mogli tutte vive e tutte con la testa – sebbene infarcita di monnezza – oltre la già citata genialata del mezzo di comunicazione disgiunto, inviava loro gli stessi messaggi, dedicava le stesse canzoni, riciclava le stesse frasette e poesie copia-incolla e gli stessi messaggi vocali, per evitare di sbagliarsi.

[È capitato anche a me. Ragazzi, io ve lo dico: quando inoltrate un messaggio vocale, si vede, è diverso. Così, giusto per farvi capire che forse non siete così tanto furbi come credete.]

Cos’è il genio?

Insomma una sceneggiatura così intricata e contorta che Beautiful scansate proprio.

Quando me l’ha raccontato, credo di essere rimasta a bocca aperta per almeno un paio d’ore. Successivamente, l’unica frase che sono riuscita a proferire in loop è stata: «Nooo… Che schifo! Ma davvero??»

Sì, queste “persone” esistono DAVVERO.

In genere succede così: ci si conosce, ci si frequenta, la cosa può andare o meno, fa parte del gioco. A volte sta bene a entrambi mantenere un profilo “basso”, poco impegno, scialla e easy, come si dice tra i ciovani. Ci sta. È accettabile.

Quello che è inaccettabile, quel che ci tramuta in Cerberi sanguinari assetati di vendetta è, appunto, il FPPIC: promettere, pompare la storia, millantare sentimenti, sciorinare paroloni.

Ingannare, per il solo gusto di farlo.

Allo stesso modo, può capitare che l’interesse scemi, capita, non serve negarlo, è palpabile, è palese.

Perché continuare a oltranza la PPIC?

Per vigliaccheria?

Per non arrecare dispiacere?

E quindi mi state dicendo che arreca meno dispiacere prendere per il culo qualcuno che con voi è sincero?

Mentre i pochi uomini decenti che sono rimasti sono lì a chiedersi perché siamo così prevenute, noi abbiamo dovuto ascoltare gente che paventava trasferimenti e convivenze, gente che – dopo una settimana – voleva presentarci alla madre, gente che “Ci sei solo tu” e lo diceva a una decina, gente che “Ti giuro”…

Noi donne lo sappiamo, il nostro famoso sesto senso è sempre attivo, non servirebbe ingannare, se iniziamo a sentire puzza di bruciato, il nostro uccello è già bello che arrostito.

Tutto questo, fa parte di quella che chiamiamo “Esperienza” che ci educa, ci fa capire e che fa sviluppare in noi un senso critico che ci permette di individuare da subito “Cosa ci farà” l’uomo che abbiamo di fronte.

In teoria.

In pratica è tutt’altra faccenda.

Nonostante la nostra destrezza e l’imperativo di diffidare sempre in attesa di smentita, nonostante l’addestramento atto ad evitare le pallottole e pugnalate dei PDC, spesso, ci caschiamo ancora.

Ci crediamo, ci vogliamo credere.

Ma senza questo bisogno di promettere mari e monti e colline e praterie, dove corrono dolcissime le mie malinconie.

No, non c’è proprio questa necessità.

Il mondo sarebbe un posto migliore se tutti dicessimo la verità.

Invece, ogni giorno ne sento di nuove. Ogni giorno ne capitano di diverse e disgustose, a me, a chi mi è accanto, o di terza e quarta mano, all’amica della cugina, della sorella, della parente…

Se aprissi un contest chiedendo di raccontare episodi simili di degrado umano, sono sicura che sarebbe difficile assegnare il premio del peggiore.

Dopo il “Genio del Male”, ho avuto la fortuna di conoscere innumerevoli PDC.

All’ultimo, in ordine di tempo, esasperata dal protrarsi della PPIC, ho fatto una cosa che non avevo mai fatto nella mia vita: l’ho bloccato. Dal mio profilo personale, dalla pagina, dalle chiamate.

Per poi ricontattarlo, circa un mese dopo, perché dispiaciuta di quella situazione. (non infierite, per favore).

Mi ero detta che, se avesse voluto davvero contattarmi, avrebbe potuto farlo in altra maniera, nonostante i blocchi. In effetti, oggigiorno, esiste un’ampissima offerta comunicativa, che non ci permette mai di sparire del tutto. Aveva a disposizione i vecchi sms, le mail (LE), il blog, perfino l’indirizzo.

Chi lo vuole davvero, sa come trovarti.

C-H-I  L-O  V-U-O-L-E  D-A-V-V-E-R-O.

E invece Puff!

Sparito lui e il suo immenso interesse, così decantato.

Quando gliel’ho chiesto, ha provato a giustificarsi:

«Ma io ti ho chiamato diverse volte! »

«Davvero?»

«Sì, però tu mi avevi bloccato!»

«Il telefono me lo segna se hai provato a chiamarmi, anche se sei bloccato, e di chiamate tue non ce n’è nessuna…»

«…ma ti ho chiamato con l’anonimo

«Ah, ecco. Certo! Però di chiamate perse sconosciute, non mi pare di averne…»

«Eh perché una volta era occupato e altre volte non ti prendeva!»

«Ma guarda caso! »

«Sì, giuro!»

«Davvero?»

«Ma certo!»

«Allora perché non mi mandi lo screeshot delle chiamate che mi avresti fatto? »

«Eh perché… Perché tre settimane fa ho dovuto formattare il telefono e si è cancellato tutto!»

«Ma ari-guarda caso, eh!»

Non me la sono sentita nemmeno di continuare. Non mi andava neanche di ribattere che, secondo una consecutio temporum semplicissima, quelle presunte chiamate sarebbero dovuto risultare in un periodo di tempo inferiore alle famigerate tre settimane. Quindi quelle chiamate sarebbero state presenti, se solo fossero esistite…

Non mi andava di sentire altre cazzate.

Non mi va più di sentire sempre cazzate. Sono stanca.

Se esistesse un cazzatometro, il mio starebbe straripando.

Non c’era bisogno di umiliare ulteriormente me stessa e la mia intelligenza, chiedendo spiegazioni che poi, fondamentalmente, non mi interessava neanche avere. Perché non avrebbero cambiato la bassissima considerazione che ora ho di questo “uomo”. Non lo avrebbero mai riabilitato ai miei occhi e – soprattutto – non avrei più creduto a una sua sola parola e agli spergiuri di un Professionista della cazzata doc.

Non avevo voglia neanche di ascoltare le accuse di risposta sul mio “eccessivo pensare male”.

Sarebbe stato molto più semplice raccontare la verità, quella che ho richiesto più volte, quella che non necessita di una memoria e di una capacità di improvvisazione formidabili.

Ora, io di conversazioni di questo genere ve ne potrei riportare a iosa. Di frasi che sono costretta a udire per tentare miseramente di camuffare una montagna di cazzate, ci potrei scrivere un altro libro.

Se avessi assecondato l’istinto omicida che mi pervade ogni qualvolta le odo, ora vi scriverei dalla mia cella in quel di Rebibbia. E magari sarei mooolto più serena. (che poi, se a giudicarmi fosse stata una donna, mi avrebbe assolto sicuramente!)

Ammetto di aver sviluppato un’idiosincrasia violenta verso i bugiardi, che mi ha resa intollerante alla menzogna, tanto da allontanare chiunque manifesti i sintomi, anche solo una volta.

Perché chi mente, probabilmente lo farà sempre e la bugia non può coesistere con un rapporto civile, a qualsiasi livello.

Allo stesso modo, detesto profondamente chi non fa quello che dice.

Chi si scorda di me. Chi sparisce.

Quando poi questi si ricordano di scrivere (perché tanto tornano TUTTI) inizio io a scordarmi di rispondere.

Nessun condono, non più.

Non mi interessa se, fino al minuto prima ci siamo promessi mari e monti, chi si scorda di me, può continuare a farlo.

Chi si scorda di te, non tiene a te. Così semplice e così doloroso.

Tutto quel che ha detto, tutto quello che probabilmente non ha fatto, determina il fattore presa per il culo di un professionista.

Dopo, resta da smaltire la delusione che ogni maledetta volta ci fa smontare quel bel ritrattino che avevamo costruito di costui. Quel sorriso che ci ballava sulla faccia da ebete a ogni messaggio e a ogni chiamata. E che ora, solo a pensarlo, ha lasciato il posto a un senso di nausea e disgusto, e un’altra bella fila di mattoni su quel muro che interponiamo tra noi e gli altri.

Peccato.

Quando da sole – di notte – ripercorriamo tutte le tappe della storia, le frasi, i gesti, i discorsi, le discussioni, le risate e tutto l’avvicendarsi di emozioni che l’hanno accompagnata, quel che ne rimane, è solo la domanda che sempre, sempre, mi pongo e alla quale non riesco mai a dare una risposta:

«Ma perché? Ma che bisogno c’è di tutto questo?»

Questa la giro a voi, perché proprio non lo so…

Per il finale, ho lasciato uno che – per me – si è guadagnato il primo posto sul podio, nel famoso contest.

Quello che mi ha fatto capire fino a dove si può spingere un Professionista.

Quello che ha superato un limite che non credevo valicabile.

Quello che mi viene in mente, ogni qualvolta qualcuno mi accusa di essere troppo diffidente e pessimista.

Quello che, forse, mi ha tolto definitivamente la fiducia verso un altro essere umano.

No, scusate.

Ho sbagliato, mi sono espressa male.

Mi rimane difficile definire “essere umano” uno che, per giustificare le proprie nefandezze, si è addirittura inventato una patologia invalidante per il figlio (smascherata con una banalissima sessione di stalking virtuale incrociato, neanche tanto complessa…).

Preferisco non dedicargli più parole.

Solo una considerazione: forse sono troppo pervasa dalla superstizione, o dal mero buonsenso, ma – miei cari Professionisti – non mi capacito e non so davvero con quale cazzo di coraggio, voi riusciate a giurare su parenti, su voi stessi, le vostre minuscole palle, senza avere paura che – prima o poi – paghiate le conseguenze delle vostre spregevoli azioni e spergiuri. Oltre a chiedermi come riusciate a specchiarvi senza sputarvi, ovvio.

Non so davvero come possiate pensare di essere immuni alla legge del Contrappasso e al glorioso Karma.

Al vecchio adagio che ci ricorda che “Si raccoglie ciò che si semina”. Sempre.

Quando seminate montagne di cazzate, mortificazioni, prese per il culo e umiliazioni, dovete essere consapevoli che ve ne arriveranno tutti i frutti.

E noi saremo lì, a ridere della vostra poraccitudine.

Perché, come ho già detto, la nostra delusione svanisce. Invece se sei una merda, no quello non cambierà MAI.

 

“Puoi dire quello che vuoi,

ma sei quello che fai…”

Cit.

 

 

NDBB: Comportamento assolutamente girabile alla sfera femminile: esistono svariate Professioniste e lo sappiamo bene. Ma – al solito – io, in quanto possidente di ovaie, parlo dal mio squisito punto di vista.

 

PS: Mi ha detto un Professionista di aggiungere nell’articolo che, nonostante io l’abbia descritto come uno stronzo, lui mi vuole bene. Ok, l’ho scritto. Ma, per completezza, devo aggiungere anche la mia risposta: “Per fortuna mi vuoi bene, pensa se mi volevi male!” 😉