SORELLANZA & PORACCITUDINE

Mi fanno sorridere quando mi dicono che ce l’ho a morte con gli uomini.

Non è vero.

Sono cresciuta in mezzo agli uomini, sono sempre stata la compagnona e loro amica. Li conosco così a fondo perché li ho frequentati moltissimo e ho accolto le loro confidenze.

Mi sono sempre trovata bene con gli uomini.

Casomai ce l’ho con le donne…

 

 

Anni fa, ero a cena col mio fidanzato dell’epoca e ci stavamo divertendo molto.

Locale intimo, ambiente curato, gente rilassata, buon cibo e risate. Una serata perfetta.

Il nostro idillio fu ben presto interrotto quando, poco distante da noi, una coppia iniziò a litigare in maniera violenta.

In questi casi, si viene pervasi da un certo imbarazzo, una lotta interiore tra il desiderio di intervenire e il pudore che ci spinge a far finta di niente. Noi altri commensali rimanemmo tutti così, sospesi, finché l’uomo iniziò a colpire la donna sul volto. Fortunatamente, intervenne subito il personale di sala che lo condusse fuori.

Lei continuò a piangere e rimase seduta al tavolo, da sola.

Mentre pian, piano nelle altre cene riprendevano i discorsi e l’atmosfera distesa che vi albergavano prima dell’interruzione.

Sono passati anni, ma non ho mai scordato tutta quella scena.

Poco dopo mi alzai per andare in bagno. Tornando, incrociai lo sguardo di quella donna che cercava di concludere la sua cena, come se nulla fosse accaduto. Le abbozzai un sorriso, al quale lei rispose, ricominciando a piangere.

Fu l’istinto a muovermi, perché ricordo che non ci riflettei per nulla, fu un attimo, uno slancio. Mi avvicinai a lei e l’abbracciai. Forte. Lei ne fu così grata che offrì da bere a me e al mio ragazzo, ci invitò a sedersi con lei e noi le regalammo un’oretta di risate in un finale di serata che, altrimenti, non le avrebbe affatto previste.

Avevo circa vent’anni, ma sapevo che, se fosse successo a me, di essere picchiata e umiliata in pubblico e di restare poi da sola, avrei voluto che qualcuno mi avesse abbracciato.

Un’amica, una sorella, magari.

Ero molto pura, ingenua, con una bontà d’animo innata, amplificata dalla giovane età.

Di quella bontà che, scontrandosi con la vita e l’esperienza, inizia ad avvizzire, per poi quasi sparire.

I maschietti di qua, le femminucce di là. Ci dividono, ci raggruppano, a scuola, nei bagni, nei giochi, veniamo cresciuti con un senso di appartenenza di genere ben delineato.

Per questo, da piccola vedevo le altre donne come sorelle da difendere e spalleggiare, custodi comuni della femminilità, delle forme aggraziate, perfino della debolezza e delle paturnie.

Le altre donne sono mie sorelle. Solo loro possono comprendere certe cose, sono il mio confronto, il mio conforto, il mio specchio.

Questo pensavo, sicuramente fino ai vent’anni.

Poi le donne mi hanno delusa.

Si sono trasformate in sorellastre.

Questo legame dato dal genere capii che era un qualcosa che percepivamo in poche.

Le altre… Be’, le altre mi hanno insegnato a evitare l’intera categoria.

Biasimiamo gli uomini, ma non teniamo conto che loro di certe meschinità non sono capaci. Ne siamo coscienti, eccome, ma non lo proclamiamo a voce alta, per paura che qualcuno pensi a noi e ci omologhi come quelle arpie che ha avuto il dispiacere di incontrare.

Ma lo sappiamo, certo che lo sappiamo.

Ci sono sempre piaciuti di più gli insegnanti di sesso maschile; sul lavoro speriamo di interagire con uomini; quando ci presentano una donna abbiamo sempre il timore che possa rivelarsi un’immensa stronza, non è forse vero?

Io stronza lo sono, ma con chi sa meritarselo.

Invece di stronze gratis ne ho incontrate tante: quelle acide, eccessivamente dure senza motivo, abbrutite nei modi e nella parvenze, meschine e snob. Quelle donne che mi fanno rinnegare il mio genere.

Sono molta più prevenuta nei confronti delle donne che degli uomini, lo ammetto. Ma sono sempre ben lieta di ravvisare un cambio di opinione sulle persone, specie se prima era negativo.

Perciò, una volta, fui molto felice di annunciare alle mie amiche che, quella che prima avevamo etichettato come brutta arpia, avendola frequentata un po’ di più, non lo era per niente.

Era cambiata, o l’avevamo giudicata male e frettolosamente, che – sul serio! – non è male, anzi!

Ragazze, ve lo dico, è stata una gran sorpresa.

Ne ero contenta.

Poi il destino volle che ci ritrovammo una sera una mia amica e io, l’ex iena e innumerevoli altre persone.

Fu in quell’occasione che la redenta stronza ebbe la cura di rivelare un mio dettaglio intimo e riservato, davanti a una pletora di una quindicina di persone che – oh mannaggia – avevano tutte sentito, ma certo.

Io guardai qualcuno di questi per coglierne l’espressione: i sorrisi trattenuti e pure lo stupore nell’udire l’esternazione, mi confermarono che su quell’argomento ne erano già stati fatti parecchi di commenti, ovviamente.

Lei mi fissava con un sorriso stolido che si beava della cattiveria gratuita appena regalata.

Anche io le mostrai il mio sorriso, ma di disprezzo.

Quello muto che, però, esprime molto bene i miei sentimenti. Quello che riservo a esemplari di una “poraccitudine” leggendaria. Che non è povertà economica, nemmeno povertà d’animo, quelle spesso sono condizioni involontarie. La poraccitudine è un’altra cosa: è compiacimento della propria grettezza; il provare gusto dalle cattive azioni; godere dei colpi bassi e miserrimi, pochezza estrema, questo è.

Questa qui, fulgidissimo esempio di poraccitudine femminile nei confronti di un’altra donna.

E gratuita, soprattutto.

Perché io questa qui, più di tanto, non l’ho mai coperta – come si dice a Cambridge – e forse questo è il suo grazioso modo di attirare attenzione. Mi fa quasi pena, togliendo il quasi.

Ho sorriso alla mia amica e commentato con un:

«No, rettifico. È sempre una grandissima stronza

Lo è davvero e non mi prenderò più la briga di scoprire se, sotto sotto, riserva anche del buono.

Queste donne qui mi confermano che la solitudine è sempre preferibile a certe compagnie.

Può inoltre capitare, e spesso, che signore che nemmeno conosci impieghino parte del proprio tempo a parlare di te. Rilevo sempre un certo moto di orgoglio e di soddisfazione, apprendendolo, perché io – invece – non me lo sognerei mai di sprecare i miei preziosi minuti per sparlare di illustri sconosciuti. Grazie per l’attenzione, davvero.

Quel che mi ha lasciato abbastanza interdetta è stato il fatto che questa donna (manco ragazzina e discretamente più grande di me) perdesse del tempo della propria vita a commentare i miei outfit. Ovvero di una che non conosce nemmeno il suo nome.

Tanto per completezza di informazioni, prediligo i vestiti perché sono più pratici e “tattici”, conosco il buongusto e, purtroppo, ho una fisicità già appariscente che – quindi – può facilmente scadere nella volgarità, che detesto. Perciò evito gonne inguinali, scollature esagerate e tutto ciò che reputo “troppo”, ma questi sono ragionamenti troppo elevati per le menti piccole.

Nella fattispecie, la signora aveva commentato i miei vestiti invernali, che accompagno a calze coprenti da cento (100!!) den, e stivali. Quindi vi lascio immaginare la quantità di carne che fosse visibile. Zero.

Non scordando di chiedersi perché mai ogni giorni fossi vestita e truccata di tutto punto (Cazzi miei, magari? Svegliati prima e fallo anche tu, tesoro! Io sono sempre per il movimento “No sciatteria!”);

Domandandosi ancora chi mi credevo di essere (seria?! Se una osa non trascurarsi si crede chissà chi, logico);

E, infine, rammentando che non ero una ragazzina e non potevo andare in giro come mi pareva (che autogol clamoroso! Dare della tardona a una che ha vent’anni meno di te! Un giorno facciamo lezione di insulti, dai).

Ah! Ovviamente tutto questo mica l’ha detto a me, figuriamoci! Ma alle mie graziose terga debitamente agghindate.

Neanche ci credevo io a questa cosa dell’invidia, ma – col tempo – mi sono parecchio ricreduta.

 

Mi fanno sorridere quando mi dicono che ce l’ho a morte con gli uomini.

Non è vero.

Sono cresciuta in mezzo agli uomini, sono sempre stata la compagnona e loro amica. Li conosco così a fondo perché li ho frequentati moltissimo e ho accolto le loro confidenze.

Mi sono sempre trovata bene con gli uomini.

Casomai ce l’ho con le donne.

Queste donne qui che sviliscono la categoria, che ci fanno passare tutte per un branco di meschine mestruopatiche.

Quelle che danno voce all’invidia e alla cattiveria gratuite.

Quelle che ti fanno notare a voce alta, tra la folla, se non hai qualcosa a posto.

Quelle che ti squadrano, senza mai complimentarsi.

Quelle in competizione continua con le altre che, spesso, ne sono pure inconsapevoli.

Quelle che devono essere sempre e comunque protagoniste, a discapito di tutto e tutti, che distruggono rapporti pur di non scendere dal loro piedistallo immeritato e auto-costruito.

Quelle perennemente incazzate col mondo, con la puzza sotto il naso che, probabilmente, proviene da loro stesse.

Quelle che hanno dimenticato cosa significhi ridere con gli altri e non degli altri, o che additano come pennuta starnazzante qualsiasi collega d’utero che ha imparato a vivere con leggerezza e che della vostra severità d’animo se ne strafotte, perché le donne intelligenti sanno anche quando sorridere.

Quelle, invece, col sorriso finto più dei miei ventinove anni. Il sorriso rabbonitore atto a ottenere perché loro – oh sì – sono proprio furbe e ammaliatrici! E che malcela un’anima infima che non lesina di vomitare improperi sovente alle spalle di quelli ai quali hanno appena sdoganato gli incisivi.

Quelle che non coltivano amicizie, ma rapporti di convenienza. E scaricano chicchessia, non appena ha asservito al loro scopo.

Queste donne qui, che mi hanno insegnato a evitare l’intera categoria.

A distinguere tra “Amiche” e “Appena conoscenti”.

A vergognarmi di condividere con costoro il genere, la capacità di procreare e quel senso di appartenenza che, ora, è solo un bel ricordo.

A rammentarmi che il mio essere diversa che dapprima vivevo con disagio, oggi mi fa essere davvero fiera di me!

Queste donne qui, che ogni giorno mi ricordano che c’è molto più affetto autentico nei vari «Brutta zoccola!» che ci scambiamo con le mie (poche) amiche, che in tutti i vostri finti «Amore! Tesoro!”»

03.06.2017

Avrei potuto ricordare la serata del 03 Giugno 2017 come una delle più squallide della mia vita, invece preferisco pensarvi come quella volta che un tassista sconosciuto mi ha regalato un Chupa Chups, mentre stavo piangendo, per strapparmi un sorriso. 

Quella sera, la Juve disputava la finale di Champions, io ignoravo i terribili fatti di Torino e Londra mentre – nel mio piccolo mondo – era la prima volta della stagione in cui indossavo un vestito sbracciato. Calzavo scarpe nuove, borsa coordinata, i capelli sciolti sulle spalle nude, la pelle un poco ambrata, la matita fuxia sulle labbra, ed ero contenta.

Per quei pochi che ignorano da cosa derivi “Barbie Bastarda”, glielo spiego: mi viene spesso detto che sono una Bambola. Trucco e parrucco sempre impeccabili; mani e piedi coordinati e curati; perenne tacco dodici; sorriso; vestitini corti.

Nonostante questo, nonostante qualcuno si affretti a giudicarmi una sgallettata tutta apparenza e mascara, ben presto si accorge di quanto il mio aspetto cozzi col mio carattere crudo e risoluto, forse troppo forte, ma altrettanto fragile.

Non so fingere,  parlo poco e – se lo faccio – dico le cose come stanno, totalmente prive di filtri.

Non ho mai lesinato un grandioso Vaffa a chi lo meritasse. Sono una Principessa diversa che ha imparato a salvarsi da sola. Sempre e in ogni circostanza. Che preferisce la solitudine a una finta compagnia, che sa dire “NO”, subendone le conseguenze. E so essere una vera stronza, nell’accezione più ampia possibile, con chi riesce a meritarselo.

Questo a dispetto del pensiero comune che vorrebbe noi fanciulle sempre gentili, debolucce, accondiscendenti e incapaci di stare al mondo da sole senza un pene al proprio fianco e che spesso si annientano per la conquista di questo.

Col cazzo. (appunto…)

Perché, quando si oltrepassa la linea demarcata dal rispetto è doveroso girare il tacco dodici e andarsene sbattendo la porta, dimenticandosi le buone maniere.

Ed è esattamente quello che ho fatto quella sera.

Circa alle 23.30 del 03 Giugno 2017, ero in mezzo alla strada aspettando un taxi che non arrivava. Arrabbiata, delusa, ferita, ma assolutamente certa di stare facendo la cosa più giusta, seppure folle e magari pericolosa.

Non era la prima volta che compivo gesti quasi melodrammatici, in risposta a condotte squallide, ma è l’unico modo che conosco di agire, quando vengo sopraffatta dallo schifo.

Scappo via, lontano, veloce, basta.

Ho iniziato a pensare a colui che mi diceva sempre che ero troppo impulsiva, cocciuta, troppo tosta, ma troppo fragile, a cosa avrebbe pensato vedendomi lì, così.

Alla mia amica che mi aveva suggerito di non andare quella sera; all’ultima volta che ero stata esattamente da quelle parti e con CHI; a quel ragazzo con il quale parlavamo giusto il giorno prima, dello squallore di certi rapporti e di certe persone; alle tante occasioni in cui mi ero ritrovata a fuggire, per mettermi in salvo da queste.

Che nessuna favola contemplava quel che mi era appena capitato e nemmeno il comune buon senso, l’educazione, il RISPETTO che si dovrebbe a qualsiasi essere umano e soprattutto a quelli che ti sono accanto. Che magari aveva ragione chi mi stava dicendo che ero esagerata, ma il senso di disgusto che provavo dissentiva totalmente.

Che in qualche modo sarei riuscita a cavarmela e da sola, anche quella sera, e che forse avrei dimenticato presto quanto mi sentissi profondamente sopraffatta e distrutta.

Che, tra qualche tempo, sarei anche riuscita a raccontare l’accaduto ridendo – come faccio sempre – ricordando quella volta che quello mi aveva fatto, e allora – cazzomene – io ero scappata e correvo come un’invasata sui tacchi, mentre qualcuno dalle macchine ferme al semaforo mi avanzava un: «Aho a bella che te serve aiuto?» pensando che, vista dal di fuori, dovesse essere davvero una scena divertente da rimirare. Ma non da dentro…

Ho iniziato a chiedermi quante umiliazioni si debbano subire finché l’Universo Karmico non decida di ricompensarti con un premio. E, soprattutto, al misterioso motivo che mi poneva sempre dinanzi individui inqualificabili e al fottuto talento che ho nello scovarli. Se fosse colpa mia, se non dovessi crearmi più aspettative, che – sì -l’aspetto da bambolina dà un’idea di me quanto più possibile lontana dalla mia persona.

Che ho sbagliato tutto, ancora, un’altra volta, di nuovo, come sempre…

Circa alle 23.30 del 03 Giugno 2017, In mezzo alla strada, mentre aspettavo il taxi della salvezza che non arrivava – d’improvviso – mi è caduta la maschera e ho iniziato a piangere. Di lacrime troppo spesso contenute che però, prima o poi, devono uscire e sfogare. Di delusioni che si erano riproposte una a una, in un loop di fallimenti sentimentali che sarebbe potuto risultare persino comico, se non fosse stato così dannatamente doloroso. Lacrime ingrossate da speranze svanite, sogni infranti, volti da dimenticare.

Dai soliti, tanti, troppi pensieri che si accalcavano nella mia mente, mentre un copioso e moccioloso pianto rovinava la perfetta riga del mio perfetto eyeliner e io mi sentivo così ridicola e vulnerabile a piangere in mezzo alla strada, sui miei sandali nuovi, aspettando un taxi che non arrivava.

E sola.

Mai sentita più sola di così…

In quel momento è arrivato. Il mio taxi bianco, in luogo del cavallo, che mi avrebbe salvato. Il secondo che mi era stato destinato quella sera, visto che il primo – a quanto pare – non mi aveva trovato. Perché la vita ci pone davanti sempre e solo le persone di cui abbiamo bisogno per imparare, per insegnare o per essere salvati.

Sono entrata pronunciando un debole: «Buonasera» mentre tiravo su col naso. Solo poco dopo, dopo aver parlato della destinazione (che non riuscivo neanche a spiegare) il tassista ha avanzato un discreto: «Tutto bene?»

Sì, adesso sì. Adesso mi sento al sicuro, ce l’ho fatta. Adesso va bene.

Ho risposto un frettoloso:

«Tutto bene» Scoppiando subito a ridere, per quanto le mie parole fossero evidentemente in contrasto col mio aspetto pietoso.

Lui ha iniziato a parlarmi, timidamente, con discrezione, per distrarmi.

Abbiamo conversato del lavoro notturno, delle persone che si incontrano, dei problemi, finché – non ricordo nemmeno a proposito di che – ha tirato fuori un concetto a me molto caro:

«Può essere buio quanto vuoi, ma tanto la Luce – prima o poi – vince. La luce è come l’acqua, si fa sempre strada…»

Vero. Lo penso anch’io. Lo penso da sempre.

Mi parlava per calmarmi, visto che si era accorto che, appena smetteva, io ricominciavo quel pianto soffocato e disperato.

«Ti ho aperto pure il tettino, così puoi guardare le stelle»

Ho fatto cadere indietro la testa e ho ammirato: il cielo della mia Roma era splendido attraverso il vetro.

«Wow allora è proprio una carrozza

«Occhio, che è quasi Mezzanotte…»

«La scarpetta però col cavolo che me la perdo! Mi piacciono troppo queste!»

«La vuoi una gomma?»

«No, grazie…»

Pausa. Silenzio.

«Tieni, allora prendi questo»

Ed eccolo lì, il Chupa Chups, il vero protagonista della serata.

Sono scoppiata a ridere e ho ringraziato.  L’ho osservato per un po’ e l’ho risposto in borsa.

Mi sono sentita come una bimba da coccolare, viziare. Felice per tutta l’umanità che avevo percepito durante quel breve tragitto e da un gesto così semplice e apparentemente insignificante.

«Che fai, lo conservi?»

«Sì, me lo tengo. Così, ogni volta che lo guarderò, penserò al bel gesto che ho ricevuto da uno sconosciuto, una sera che piangevo»

«Certe volte una piccola cosa fa un’enorme differenza»

«Vero. Nel bene e nel male…»

Pensando a colui che, ormai lontano, avrebbe dovuto trattarmi da Principessa almeno per quella sera e invece aveva confuso la favola.

«Comunque sei molto più bella adesso di quando sei salita. Perché adesso stai sorridendo».

Ed è stato solo merito tuo Parma non-mi-ricordo-il-numero del Radio Taxi 3570 di Roma. Di cuore, GRAZIE. Per avermi salvata e per avermi trattato da Principessa, come meritavo. Come merito sempre.

Dobbiamo essere Principesse indipendenti che si mettono in salvo da sole, però a volte, è davvero bello deporre l’armatura e lasciarsi salvare, curare e consolare.

Ma non da chiunque.

 

DONNE CHE ODIANO LE DONNE…

Qualche giorno fa mi è capitato tra le mani un libro intitolato “Donne che odiano le donne”. Ho dato un’occhiata alla descrizione, ho sorriso e l’ho chiuso. Non lo leggerò mai. “Le prime nemiche delle donne sono le donne” è tristemente vero e non voglio leggere un testo che me lo confermi.
Diciamoci la verità: dagli uomini certe meschinità ce le aspettiamo, dalle altre donne quasi mai. Da donne che dicono di volerti bene, decisamente no. Eppure capita molto, molto spesso… Nessun uomo, per quanto cattivo, potrà mai raggiungere la perfidia di una donna. Quella stessa perfidia che troppo frequentemente viene indirizzata verso altre fanciulle: invidie, gelosie, ripicche… Quanta energia sprecata! Ci saranno sempre donne più belle e più intelligenti di noi, ma è vero anche il contrario, per fortuna! Perché farsi una guerra inutile, continua, alimentata dall’insicurezza, piuttosto che allearci e aiutarci l’una con l’altra?
Le sorellastre erano donne, le matrigne cattive pure, anche nelle favole più belle risiede la mesta consapevolezza che sul tuo cammino incontrerai molte streghe. Allora cerchiamo di avere cura delle nostre fate. Alcune sono sempre al nostro fianco, altre a chilometri di distanza, altre ancora sono presenti da anni ma magari non costantemente, ma ci va bene così e alcune hanno arricchito da poco la nostra esistenza.
Le nostre amiche ci ricordano che non siamo sole, MAI. Certi uomini sono di passaggio, le donne della nostra vita sono PER SEMPRE. Non dimentichiamolo. Un appuntamento non ha importanza se non puoi chiedere consiglio su cosa indossare, un pianto non è lo stesso se non c’è nessuno che ti abbraccia, un problema fa meno paura se viene condiviso e una bella notizia non è tale se non hai delle amiche cui raccontarla. Ricordiamolo, tutti i giorni.
Siate sorelle, siate buone e amatevi tanto, vi siete scelte PER SEMPRE.
È un periodo particolare, ma non voglio dimenticarmi di voi. A voi e alle donne della mia VITA, tutti i giorni…
BBxx

TI DEVI VERGOGNARE!

L’altro giorno parlavo con un uomo (e sono indecisa se usare per lui la maiuscola o la minuscola) del tempo trascorso da individui soli, aka single. Lui mi confessava di aver raggiunto il proprio personale record di singletudine della durata di qualche mese. Io mi sono messa a ridere…

Non si ricordava, perché glielo avevo già detto, che del mio – invece – dobbiamo parlare in termini di anni (e non vi dirò QUANTI, visti i risultati) ed è rimasto sgomento.

Tanto che poi mi ha suggerito che, se mai dovessi incontrare qualcuno, non dovrei farne la minima menzione, perché, cito testualmente:

«Un uomo si spaventerebbe e scapperebbe, penserebbe che con te deve fare per forza subito una “cosa seria”, che sei una che sa stare da sola, quindi con le palle, e comunque lo metteresti in grosse difficoltà. Non glielo dire…»

Ecco.Barbie Bastarda vergogna (2)

Nella mia mente si è formata un’enorme scritta al neon che recitava:

«TI DEVI VERGOGNARE!»

Quindi mi sono chiesta se sia vero, se debba vergognarmi della mia situazione e, quindi, omettere e celare quella che sono per prevenire una fuga. Se ogni uomo formulerebbe subito ed esattamente queste equazioni o se siano pensieri del tutto opinabili. Se, effettivamente, il mio status di perpetua zitellaggine possa intimorire un uomo e perché. Se riesca addirittura a precludere una relazione. Se, perciò, la singletudine richiami per forza altra singletudine, perché allora, sì, sarei definitivamente spacciata.

Forse do sempre troppa importanza a quel che mi viene detto, ma non posso fare a meno di rifletterci su.

Inoltre, mi trovo nella fase pre-compleanno in cui, inevitabilmente, ti torturi e analizzi tutta la tua vita e gli anni che passano e che casino e che disastro e che palle e come farò?!

Non che negli altri periodi dell’anno non me lo chieda… In realtà, se sei single, ne passi un bel po’ di tempo a chiederti “perché”. Ma non l’avevo mai pensato come una sorta di “disonore” da dover occultare…

Ho trascorso la maggior parte della mia esistenza da sola, mentre tutti, intorno a me, mi e si chiedevano: «Come mai?»

Sei bellissima, sei simpatica, sei una gran persona, EPPURE sei single. Come mai?

Già, come mai?

Allora, sì, te lo chiedi: «Cos’ho di sbagliato?»

Allora, sì, te lo chiedi: «Dove ho sbagliato? Perché alle altre sì e a me no?»

E, dopo una vita passata a chiederti cos’hai di sbagliato, capisci che forse non sei tu sbagliata, forse, è il mondo sbagliato o ti dici che il mondo è sbagliato per non darti colpe che forse hai, ma… non lo saprai mai! Dopo una vita passata a cercare di cambiare quella che sei, perché forse così non vai bene, capisci che alla fine vai bene così! Che c’è di molto peggio, boh non lo so!

Dopo una vita ad osservare quelle che condividono con me il primato di zitellaggine e a non trovarle poi così strane, così diverse, così dissimili dalle altre donne, o senza evidenti difetti che spiegherebbero la perenne posizione nella panchina  del gioco delle coppie, continuo a chiedermi se siamo davvero noi a fare paura e a doverci vergognare.

Perché TUTTE noi ci interroghiamo.

Considero che ci poniamo un sacco, troppe, domande alle quali probabilmente non avremo mai risposta.

E a questo punto, credo, piuttosto,  che dovrebbe vergognarsi chi ha dei pregiudizi o in base a poche informazioni trae conclusioni che più gli fanno comodo. Chi formula alibi per giustificare una fuga.

Alla fine, ho concluso che del mio protratto “single” non me ne vergogno neanche un po’!

Che sono fiera di riuscire ad essere felice anche da sola, di non aver  barattato la felicità con la compagnia a tutti i costi.

Che forse è vero, come dice una mia amica, che sono stata tanto sfortunata.

Che ci ho provato, ho sbagliato, ho pianto e sofferto, ho lasciato e scartato, ho giocato la mia partita come tutti e non so se alla fine ho perso o vinto, ma non posso e non devo vergognarmi per questo.

Che conosco davvero tante donne belle, in gamba, realizzate, felici, ma single. E neanche loro dovrebbero vergognarsene.

Che mi piacerebbe moltissimo trascorrere la vita con qualcuno di speciale, ma, se questo non accade, non posso martoriarmi più di quanto non faccia già e – soprattutto – non voglio trovarmi qualcuno solo per riempire lo spazio vuoto accanto alla mia spalla.

Che, a quest’ora, sarei potuta essere sposata con qualcuno che non volevo, o separata, o madre di figli infelici per il poco amore che circola in casa, o tutte le precedenti.

E allora sì che mi sarei vergognata di me stessa. Se avessi compiuto atti che andavano contro il mio istinto, la mia felicità e il mio cuore, non credo che avrei camminato a testa alta, come faccio ora.Barbie Bastarda vergogna (3)

Che questo dimostra che ho avuto un grandissimo rispetto per me stessa e per gli altri. Ma evidentemente ormai, sono valori dei quali occorre vergognarsi.

Se questo ti fa paura, mio caro sconosciuto che magari incontrerò o magari no, non so davvero cosa fare perché il passato non posso cambiarlo.

Che tutto ciò, forse, potrebbe incutere timore a uomini minuscoli, non a Uomini veri.

Che non so se un uomo preferirebbe, allora, sentirsi dire che ho visitato un letto diverso ogni sera.

Che un uomo potrebbe scappare anche se gli dicessi che sono vegetariana, o la squadra che tifo, o il colore che preferisco, o la musica che ascolto. Che un uomo potrebbe comunque scappare. Punto.

Ma, se questo dovesse accadere, non credo c’entrino i miei anni di singletudine o la grandezza delle mie o delle sue palle. Quanto, piuttosto, il desiderio di stare insieme.

A prescindere da tutto, sopra ogni altra cosa e senza bisogno di darci colpe che non abbiamo.

Se mai incontrerò qualcuno, forse glielo dirò il tempo esatto, o forse non ce ne sarà bisogno perché non sarà importante. Perché sarebbe bello cercare di conoscere la persona che hai di fronte, avulsa dal pregresso, dai racconti e solo per ciò che è CON TE, IN QUESTO MOMENTO.

Perché se io voglio TE e stare davvero con te, del resto non mi interessa nulla.

Questo, sì. Questo glielo dirò.

 

«Più una persona sta bene da sola,

più acquista valore la persona con cui decide di stare»

Cit.

Barbie Bastarda vergogna

LA SINDROME DI TERENCE

Non so voi, ma io la frase: «Non la posso lasciare perché lei è troppo debole, insicura, ecc…» l’ho sentita fin troppe volte, direttamente e indirettamente.

Il primo sentore di questa circostanza, lo ebbi sin dalla tenerissima età, guardando Candy Candy. Per una serie incredibile di eventi, questa sfigata piagnucolosa (e manco bella, dai!) era riuscita a conquistare Terence, altresì detto IL FIGONE.

E, mentre eravamo tutte lì a singhiozzare che allora è vero, il Lieto Fine arriva, se patisci sufficientemente, l’universo ti ricompensa e, come Cenerentola prima e Candy poi, pure se sei una patetica sfigata, alla fine un figo te lo accaparri sicuro. Eddaje! Capimmo che, invece, manco per niente…

Perché Terence la amava, sì, ma non poteva stare con lei, perché Susanna – la donnuccia-uccia-uccia-deboluccia – per salvarlo ci aveva rimesso le gambe e allora “Ti amo ma non posso, DEVO stare con lei”. Per riconoscenza mista a senso di colpa, intrisa di dovere, ottenendo, così, la relazione di “circostanza”, in cui sono entrambi infelici, ma stanno comunque insieme.  Allora Candy scappa per le scale e lui la rincorre e le si avvinghia da dietro e piangono tutti e due e però, niente, non se po’ fa!Barbie Bastarda Candy ev2

Bel quadretto.

E già lì, già da ragazzine, abbiamo capito che ‘sta cosa dell’Amore celava un sacco di fregature e che se poco, poco eri una in gamba (appunto) eri fottuta!

Anni dopo, proprio a ME, toccò fare la Candy Candy della situazione. Quando le mie orecchiucce delicate dovettero sentire le testuali parole:

«Sì, tu sei tu, non c’è paragone, ma io proprio non posso. DEVO rimanere con lei. Lei da sola non ce la farebbe mai…»

Da lì in poi, attraverso incontri o racconti, di donne ritrovatesi novelle Candy, e uomini filantropi, ho imparato che il mondo è pieno di Susanne che gna fanno, minacciano suicidi, e sono davvero troppo, troppo fragili, povere! [e lo sapete che ne penso delle Gatte Morte, vero? Se non lo sapete, leggete QUI]

E il mondo è altresì generoso di Uomini affetti dalla “Sindrome di Terence”, ovvero quella patologia che li spinge a vivere una vita di merda, di supplizi, sacrificati in nome dell’inerzia e del senso di colpa, a fianco di una donna che non amano.

Che poi le donne lo sanno pure di non essere amate e – giuro, giuro, giuro! – viviamo come fratello e sorella e non ci tocchiamo mai, mai, mai e – quelle poche volte che succede – è ginnastica, è timbrare il cartellino, ammazza che schifo.

Però, oh, DEVO!

Ovviamente te lo chiedi: cosa sei, un crocerossino? Chi te lo fa fare di immolare la tua vita e la tua felicità per qualcun altro?

Certe volte, ahimè, le fanciulle attuano dei ricatti morali e materiali davvero difficili da ignorare. Sono sicura che, se ci pensate, vi vengono in mente svariati esempi. Certe volte è davvero difficoltoso per uomini perbene e con un briciolo di cuore, mollarle.

E mi sono sempre chiesta come possa una donna sensata (posto che lo sia), adulta, e con un filo di amor proprio, accettare un compagno di facciata.

Perché tu, donna, se uno vuole o no stare con te, lo sai, lo capisci. Non raccontiamoci il contrario. Piuttosto che stare sola, preferisci una relazione di copertura?

Non pensi di meritare di essere amata, ma amata davvero, e non per convenienza o supplica?

Mi chiedo pure, se dietro questa condanna e abbraccio all’eterna infelicità, esista un tacito, reciproco accordo secondo il quale io resto la “lei” ufficiale, non starò mai da sola, ma devo chiudere un occhio sulle infinite corna che popolano la mia testa. (Non disdegnando, magari, di pareggiare i conti… )

La domanda è, allora, lecita: ma che rapporto è?

Altro fatto che mi ha sempre molto colpito, è la distinzione immediata che riescono a fare gli uomini tra quelle che “non ce la possono fare” e le “donne cazzute che je la fanno, eccome”.

Forse perché non frigniamo, forse perché non supplichiamo e non minacciamo di porre fine alla nostra vita, ma loro sono certi che, va be’, tanto a te passerà, ce la farai, tu sei TOSTA.

A noi, figurati, ‘ste cose non ci sfiorano nemmeno!

Noi siamo forti, a noi “cazzomene”, abbiamo il cuore e la vagina rivestiti di materiale impermeabile e ininfiammabile, a noi che ce frega!

Siamo fredde e insensibili stronze che tanto se la caveranno, ovvio.Barbie Bastarda Susanna

Loro no, le Susanne del mondo gna farebbero mai, scherziamo? Affrontare addirittura una rottura e la vita, completamente sole, chi ci riuscirebbe? Ah, giusto! NOI. Va be’ ma noi possiamo e dobbiamo. Scusa, abbiamo giocato, pacchetta sulla spalla e vattene affanculo. Dai su, che tanto tu non crolli.

Va detto che, ovviamente, noi conosciamo solo una versione della storia, quella del lui altruista. Sarebbe interessantissimo appurare se queste donne siano consapevoli che i loro uomini stanno loro accanto, per mera carità cristiana. Se, effettivamente, siano loro ad aver mendicato attenzioni e presenza, e non viceversa, se questa non sia tutta una favoletta per non impersonare la parte del cattivo, il traditore seriale, ma, piuttosto, quello che vorrebbe pure, ma è talmente buono e riconoscente da non sentirsela di abbandonare la lei che gli è stata vicino per anni.

Ci fanno decisamente una figura migliore, non trovate?

Infine una risposta alla domanda che, sono certa, in molti stanno formulando. I soliti, quelli che non sbagliano mai e hanno sempre quella tremenda voglia di puntare il ditino accusatore contro qualcuno:

«Perché mettersi proprio con uno sposato/fidanzato?».

Ecco.

Sicuramente a voi non sarà MAI successo, ma – nel resto del mondo – capita tutti i giorni.

Certe volte, certe cose, accadono e basta. Anche se ti eri giurata che tu no l’avresti fatto mai.

Non si programmano, né progettano, ma si verificano. E i motivi possono essere i più disparati: la solitudine; il gusto del proibito; l’illusione di riuscire a non legarsi troppo; la vigliaccheria che impedisce di non assumersi un impegno serio e da ultimo, ma più importante, succede anche – e soprattutto – perché l’infelicità spinge la gente a cercarsi altro.

Non è piacevole essere “l’altra”, la cattiva, la zoccola, non è il sogno di nessuna donna essere etichettata come tale. Ma, a volte, accade.

Infatti, nove volte su dieci, sono proprio queste “rovina famiglie” a troncare la liason, poiché stufe di un ruolo che non gli appartiene. Confermando, in effetti, loro sì, di essere così forti da preferire la solitudine a un legame fittizio e infelice.

E finché ci saranno rapporti di apparenza, vi si affiancheranno quelli clandestini.

Ma, onestamente, mi chiedo quali siano quelli davvero“sbagliati”.

 

 

PS: Comunque, se io fossi stata Candy, penso che avrei riposto al Sig. Terence:

«Ti capisco, figurati, che problema c’è? Io tanto me la cavo, sono forte! Sono orfana, amica solo di un procione, perché la mia ex migliore amica si è rivelata una grandissima stronza. Le famiglie adottive mi hanno trattata di schifo, l’amore della mia vita è morto, tu mi stai piantando, però, oh, sto in piedi! In tutti i sensi. Quindi è giusto che tu stia con lei, perché lei c’ha bisogno. Magari di due, ne fate uno sano. Prenditela a braccetto e andatevene affanculo insieme!»

 

Con Amore,

alle mie donne cazzute.

Sempre più fiera di voi.

 

 

LA PRIMA LEGGE DELLO SHOPPING

La “Prima Legge dello Shopping” enuncia che se ti piace un capo tanto, tanto, tanto, questo, non solo sarà l’unico, ma sarà anche di una taglia minuscolerrima.

Conscia di tutto ciò, quando ho trovato la giacca che cercavo, come la volevo, del colore che bramavo e scontata del 50%, ero abbastanza certa che non mi sarebbe mai entrata.

Infatti, l’etichetta annunciava con malignità: 38.

Eccchecccazzo!

Potevo sopportare di leggere un 42, ma la 38, no! La 38 non è una taglia da femmine sapiens! La 38 non è una taglia per femmine che mangiano!

Ho iniziato ad imprecare mentalmente e mi sono ripromessa di digiunare per i prossimi sei anni, per cercare di entrarci.

La solerte commessa che – evidentemente – aveva letto sulla mia faccia tutto il mio leggerissimo disappunto, mi si è affiancata come un diavolo tentatore e mi ha sussurrato sorridendo:

«Sono taglie europee…»barbie bastarda shopping

«Ah…» ho replicato io un po’ disorientata.

Era una bella notizia, perché le taglie europee non corrispondono alle nostre, ma, mediante un’equazione algebrica di primo grado della scala Cavalli, calcolando il seno delle grandezza, ovviamente, delle tette e dividendo per le calorie che hai ingerito nelle ultime ventiquattrore, ottieni la conversione nella nostra taglia.

E, mentre le Vocine nella mia testa cercavano di fare i conti per scoprire il valore di quella cifra, in termini comprensibili a noantri, confuse dal miraggio che, forse, una prima delusione stava per tramutarsi in un’immensa e mai auspicabile botta di culo, l’efficientissima commessa, dopo avermi scansionata, mi ha suggerito:

«…quindi è una 44. È proprio la tua taglia!»

«Ah… Ah! Aaahhh!!! Allora me la posso provare!! Allora mi entraaa!!» Ho iniziato a gridare.

«Certo, certo…» mi esortava lei. Con un risolino beffardo che, solo dopo, sono riuscita a decifrare.

Che gran culo! E non parlo solo del mio.

Concedendomi risate di libidine, ho iniziato ad infilare le braccia, aiutata dalla gentile fanciulla. Spalla un po’ strettina, ma va be’. È più figa stretta, poi se è troppo larga perde la forma, lo sanno tutti! (ma quante stronzate ci raccontiamo?)

Ho preso i due lembi della chiusura cercando di ricongiungerli ed eccola lì! La stranezza!

Corollario alla Prima Legge dello Shopping: i capi che ci piacciono, tendenzialmente offrono dei discreti elementi di stranezza che ce li fanno amare (e odiare) ancora di più. In questo caso, questa graziosa giacca possedeva una chiusura sbieca. Ovvio. Dritta era troppo semplice, dritta si sarebbe chiusa con eccessiva destrezza. No, no, a noi ce piace complicarci la vita.

Con mooolta fatica, sono riuscita a chiuderla e ho iniziato a maledire la pizza ingurgitata, con soddisfazione, la sera prima, la birra che la accompagnava e uno, ad uno, ogni centimetro della mia pelle imbottita, troppo abbondante.

È stretta! Mi va stretta! Porca pupazza lurida! Sono una culona! Una culona, panzona, fiancona, tettona!

La 44 è la mia taglia da decenni, ora l’ho persa di nuovo?? Ma non mi pare di essere ingrassata, anzi!! Stasera vado a correre! Da domai mi metto a frutta e liquidi! Però questa giacca la devo avere! Per forza! E poi comunque si chiude! E – come dico sempre – finché si chiude, va strabene! Se si chiude, si compra! Anche se non respiri!!

Deve essere mia. E anche lei, avrebbe fatto parte della favolosa collezione, che tutte noi possediamo, chiamata “Capi che acquistiamo sperando che un giorno ci vadano perfino larghi”. Noi donne siamo delle inguaribili ottimiste.

Ero così felice stringendo la mia bustina contenente un sogno realizzato! E fanculo se non avrei respirato e fatto la fame per indossarla, ne valeva la pena.

Appena varcata l’uscita del negozio e scorgendo la fanciulla che mi faceva “Ciao” con la manina, col medesimo ghigno godente, ho udito una delle Vocine nella mia testa:

«Certo che ti sei fatta fregare per bene… Tutti questi anni passati a fare compere non ti hanno insegnato niente?»

E lì, un barlume di lucidità ha fatto capolino nella me stessa strafatta di shopping.

«+4!! +4!! Ma come ho fatto a non ricordarmelo?? Eppure è semplice!!»

Eh sì, mie care, per ottenere la nostra taglia, da quella europea, basta aggiungere un “4”. Semplice.

Così la mia adorata giacca era, in realtà, una 42. Ed io avevo passato l’ultima mezzora ad insultare me stessa, senza motivo, anzi! Avrei dovuto elogiarmi!

Tutto per colpa di quella subdola lavoratrice sottopagata…

Tu, mia cara commessa, per il fatto di avermi raggirata così per bene ti sarai sentita mooolto soddisfatta. Sarai stata contenta di avermi fregata, chissà quanto hai riso, dopo, tacendo pur vedendo che stavo soffrendo, brutta stronza! Sarai stata entusiasta, immagino.

…Ma mai quanto me per essere entrata in una 42. Tié.

I PRELIMINARI DEI PRELIMINARI: FASE AVARIATA

«Che cosa hai fattooo??»

Ecco, poi si lamentano quando non racconto loro le cose! Ma è normale che lo faccia, subito parte un terzo grado che mi fa rimpiangere la maturità e ho detto tutto!

«No, non urliamole contro sennò si blocca e non ci dice più niente»Barbie Bastarda (34)

Mi conoscono proprio bene, non c’è che dire.

«Ci dici per favore cosa è successo? Cosa TI è successo?? Come sia possibile che TU abbia fatto tutto quello che hai fattooo?? Non è da te!»

«Mi porti un altro Campari, per favore?»

«Brava, bevi così poi ci racconti…»

Uff… “Non è da me”, in questi giorni sto riflettendo su questa frase, in effetti l‘ho usata anche io su me stessa. Ma poi chi lo dice quello che è “da me” e quello che non lo è?? Però, in verità, comportarmi non in maniera abituale mi è piaciuto, parecchio pure. Mi sono sentita viva, mi ha risvegliata. Forse è questo il famoso “cambiare strada per vedere nuovi paesaggi”. Già. “Non è da me”. Eppure lo rifarei, eccome se lo rifarei e ha scatenato una serie di eventi che non avevo proprio previsto, ma dei quali avevo bisogno. Perché…

Oh ecco il bicchiere della mia salvezza,

«Ci dici cosa è successo? E non uscirtene con il tuo solito “Io non ho fatto niente”!»

«Ma io non ho fatto niente, davvero! Io sono vittima degli eventi!!»

È la mia battuta preferita, adoro pronunciarla. Ma niente, vogliono sapere tutto. Eppure, parzialmente, ho già confessato. Nella nostra chattina di WhatsApp, appena commesso il fatto, ho mandato loro dei maialini abbastanza esplicativi. Loro giù domande e qualcosa ho dovuto scrivere, sennò me le trovavo sotto casa.

Ah ovviamente hanno provato anche a chiamarmi, ma non ho mai risposto e mi sono data latitante per giorni interi.

Oggi mi tocca, devo confessare per bene.

Iniziamo…

Avete presente quando siete in vacanza, conoscete qualcuno di zona, instaurate il classico filarino estivo e poi decidete – una volta rientrati – di rivedervi? Capita che ci si incontri una o due volte, tanto per illudersi di essere ancora in ferie e poi tendenzialmente si torni alle proprie vite.

Io? Ma scherzate?? Sono troppo asociale e stronza per fare queste cose. Anche per questo, quello che sto per dire, è stato giudicato “Non da me”… È successo a una mia amica. Per la prima uscita post vacanze, hanno preferito non essere soli. Lui ha detto che avrebbe portato due compari, giusto per non farla sembrare proprio un’uscita a quattro e lei ha deciso di portare me, l’unica che poteva tener testa a due uomini, mentre lei si spupazzava l’amore estivo.

Questo è esattamente quello che è accaduto. I due piccioncini tubavano, mentre io cercavo di destreggiarmi tra due ometti parecchio diversi tra loro. Uno notevolmente figo, ma che non ero riuscita ad inquadrare bene e l’altro brutto e antipatico. Ecco. Magari non sei bellissimo, ma è piacevole parlarti, capita spesso. Prediligo di gran lunga questa compagnia a quella dei figoni mononeuronici. Invece no, questo oltre ad essere cesso era anche irritante e fastidioso.

Ero riuscita a non rispondergli parecchio male per tutta la sera – per evitare di presentarmi subito – mentre l’amico interveniva poco, ma senza mai dire una parola fuori posto, finché il cesso non ha deciso che doveva proprio dirmi quel che pensava di me. Ammiro le persone che hanno la supponenza di giudicare tutti dopo pochi minuti, la presunzione di sapere esattamente, e senza appello, chi sei, quali siano i tuoi problemi e le tue mancanze. Se non mi stessero così sulle palle, li ammirerei tantissimo.

«Quelle come te sono odiose!! Se la tirano, sono altezzose, acide e non te la danno mai! Le detesto quelle come te!» L’ho lasciato continuare, per vedere quante riuscisse a tirarne fuori. Quando mi sono scocciata, neanche la soddisfazione e il tempo di replicare con un: «Dubito che ci sia qualcuna disposta a dartela, non necessariamente “come me”» e, soprattutto con un: «Quelle come me, quelli come te li mandano affanculo!» che il figo ha bloccato il vomito di improperi da parte dell’amico che gli sedeva a fianco. Prima mettendogli una mano sul braccio, poi con un’occhiataccia e poi con un perentorio: «Basta! Smettila!» Giuro che ho pensato che lo picchiasse e credo di aver sperato che lo facesse. Poi ha risposto a quel che diceva lui guardando fisso me negli occhi.

«No, non è così. Lei è dolcissima…» E con quel solo gesto e quelle parole mi ha conquistata.
Non so come riescano certe persone a guardarti così bene dentro e a scorgere la tua intima essenza. Lui ci è riuscito subito. A poco sono valse le mie deboli proteste:

«Dolce io?? Tsè… Ti sbagli non lo sono affatto. Non farti ingannare dagli occhioni da cerbiatta… »

Mi guardava sorridendo con quell’aria insopportabile da «Sì, sì, come no» odio quando lo fanno!

In quel preciso istante ero pure consapevole di tutto quello che sarebbe successo dopo. Anche se non era “da me”.

Per il resto della serata, abbiamo scordato che ci fossero anche gli altri tre. Eravamo lui ed io, le nostre parole e i nostri sguardi.

A fine uscita, si è concretizzato quello che sapevo sarebbe successo:

«Ti va di farci un giro?»

«Ehm…»

Le voci nella mia testa – ovviamente – avevano aperto una conferenza:

«Scusa, ma dove vaiii??? Neanche lo conosciiii!!»

«Sììì!! Andiamo! Andiamo! Che mi sta così simpatico!»

«Uhm non mi convince molto…»

«A me sì! È figo, dolce e simpatico! Ma che vuoi di più?!»    

«Sì, certo che mi va… »

Ammetto che provavo un discreto disagio. In effetti non era comportamento “da me” andarmene in giro di notte con un tizio appena conosciuto e anche lucidamente consapevole di dove mi avrebbe condotta e perché, ma mi sentivo così bene…

«Perché hai detto che sono dolce? Io non sono dolce!»Barbie Bastarda (14)

«Ma piantala!»

«Ero dolce, una volta, ora ho solo un sacco di dolcezza andata a male… »

«Ma qualcuno ci crede davvero quando lo dici?»

«Certo, perché è vero! Non capis…»

Mi ha chiuso dolcemente la bocca con un bacio.

«E se stasera non ti riporto a casa?»

Di nuovo, l’assemblea nella mia testa:

«Che cosaaa??? Ma che diceee?? Ma non sarai così folle da andarci, vero?? Neanche lo conosciiii!!»

«Sììì!! Andiamo! Andiamooo!!»

«Ma poi contravvieni alla regola aurea del non concederti subito!!»

«Ma che ci fregaaa!! Per una voltaaa!! Si vive una volta sola, ecco!! E poi abbiamo visto dove ci ha portato fare sempre le brave ragazze!!»

Mi aveva smascherata, tanto valeva mostrare la mia vera natura e farmi coccolare:

«…Però se dormiamo insieme mi devi abbracciare tutta la notte… »

«Che cosaaa?? Tu gli hai detto una cosa del genereee?? TUUU??»

Uffa! O racconto o mi interrompete! Senti che commento del cavolo, poi! Come se io fossi un’algida, insensibile, fredda, stronza! Lo sono, ma mica sempre!

«…certo che ti abbraccio. Era mia intenzione stringerti tutta la notte…»

Ed è esattamente quello che ha fatto.

Ecco, ho confessato, ora sapete tutto. Che “Non è da me” fare certe cose l’ho già detto??

Che mi è strapiaciuto tutto, anche??

Niente “Preliminari dei Preliminari”, niente studio, niente congetture, niente paranoie. Possibile sia così semplice e senza stress? Sì, fantastico!

E poi cosa è successo? Vi chiederete voi…

Quel che era abbastanza prevedibile…

A volte esiste un tacito accordo secondo il quale due vite sono destinate ad incrociarsi per un brevissimo e intenso istante, poi ognuno riprende la propria come se nulla fosse e come se non fosse mai successo.
Un tacito accordo secondo il quale è meglio non sentirsi è meglio tornare sconosciuti. È sicuramente più semplice.

Col cazzo.

La logica, l’esperienza, i precedenti pessimi incontri, mi avevano fatto pensare che non ci saremmo visti, né sentiti, mai più, perché è così che vanno queste cose. Perché lui aveva già ottenuto il risultato, io ero una sgualdrina che si era concessa subito, quindi che motivo c’era di mantenere un rapporto? Questo è quello che mi aspettavo.

Quello che assolutamente non mi sarei mai aspettata, è stato quello che, effettivamente, è successo dopo.

DOLCEZZA. Questa sconosciuta.

L’aver raggiunto l’obiettivo, non gli è bastato per sparire ed evitarmi, per niente.

Ci tiene a scrivermi, a chiamarmi, a darmi il buongiorno, a vezzeggiarmi, tutti gesti ai quali non sono affatto abituata.

Mentre io mi chiedo: «Che succede?» cercando di capirci qualcosa. Possibile che non sia il solito stronzo che sparisce il giorno dopo? Possibile che sia realmente interessato a me?? Possibile che avverta l’esigenza di sentirmi, che non si scordi di me nonostante non ci siamo più visti?? Possibile che gli manchi davvero?? Possibile, sennò non avrebbe senso continuare a mantenere un contatto, no? Boh!

Ma è davvero possibile?

DOLCEZZA. Questa sconosciuta.

Triste verità: siamo diventati talmente cinici e disincantati, da guardare con diffidenza spontanei gesti di dolcezza. Cercando ad ogni costo la fregatura, ponendo resistenza a oltranza e scoraggiando i portatori sani di gentilezza. Per fortuna c’è ancora chi non si arrende e cerca in ogni modo di scavalcare il nostro muro…
Vorrei… Ehm… Potrei quasi abituarmi alla dolcezza… Quasi… Ma non so se lo ammetterò mai…

Forse avevo bisogno di questo, di capire che uomini carini e gentili ne esistono ancora. Perché non dargli una possibilità?

Mentre io mi nascondo dietro il mio bel muro, lui si sporge dall’alto per tirarmi fuori a suon di gesti amorevoli che non contraccambio per intero. Non che lo tratti male, intendiamoci, anzi! Però se lui è a livello dolcezza dieci, io mi assesto sul sei, appena sufficiente. Non ce la faccio, capite? Ho pau… no, che dico? Sono diffidente, sì. Poi quando mi sciolgo rimango sempre fregata, quindi è difficile farlo. Nonostante questo, lui continua…

E, lo ammetto, anche se fingo di non accorgermene, ogni tanto mi chiama “Amore”…

«Io non mi stupisco tanto del fatto che lui ti chiami “Amore”, rimango basita che TU glielo permetta senza ribellarti! Ma non è che glielo dici pure tu??»

«No, va be’! Adesso non esageriamo!»

«Ah ecco, ora ti riconosciamo…»

Ecco, senti che altro commento del cavolo! Come se io fossi una specie di aliena incapace di “Amoare” qualcuno.

Amore. Io ho molto rispetto della parola “Amore”. In realtà ho un assoluto rispetto (timore) dell’Amore in generale.

Per questo credo che il termine “Amore” sia troppo abusato. Ci si chiama “Amore” tra amici, amiche, si dice “Ti Amo” con estrema leggerezza. Non chiamo i miei amici “Amore” e non dico loro che li amo, anche se in realtà amo più loro di qualsiasi uomo. Perché penso che se un giorno riuscirò a chiamare qualcuno “Amore” lo sarà veramente, Il mio “Amore”. E quindi avrà maggior significato visto che ne ho fatto un uso così parco.

Eppure una volta c’è stato un Lui che chiamavo Amore, tempo fa. Così intenso, ma così breve, da non aver avuto neanche il (dis)piacere di presentarlo alle amichette. A dimostrazione della mia devozione, un episodio del quale non vado per niente fiera, ma che prova che anche le migliori possono sbagliare. Ricordo perfettamente il giorno in cui arrivai al bar con un tremendo nuntio vobis:

«Ragazze ho fatto una cosa per la quale potrete prendermi in giro per il resto della vita…»

Loro hanno sgranato gli occhi, incuriosite e ansiose:

«Che hai fattooo??»

«Ehm… ho fatto quella cosa… quella… ehm… quella, dai! Quella cosa del telefono… due… chiamate… gratis… Ehm… Dai, quella lì!»

Continuavano a fissarmi come se non avessero proprio idea di cosa stessi parlando. Stronze. Avevano già capito, ma – niente – dovevamo proprio sentirmelo dire!

«You & Me!! Ho fatto You & Me con LUI! Questa cosa da “coppia” così facciamo pucci pucci gratis per telefono!!  Ooohhh, l’ho detto!!»

Ero totalmente presa da uno, tanto da fare questa cosuccia da fidanzatini adolescenti  e pure alla Tim lo sapevano. Che vergogna.

Ero proprio innam… va be’ quella cosa lì. Cotta e stracotta, ridotta a fare «Attacca tu, no attacco io» per telefono, tanto è gratis.

L’atroce beffa è che ho ancora quel numero come “preferito”. Il motivo? Ti chiedono cinque euro per cambiare la scelta del candidato, capito? Quanto costa un’umiliazione? Cinque euro. E poi non ho aspiranti “You” da inserire, quindi – per il momento – mi tocca tenermelo.  Gli amori passano, le tariffe restano, che mestizia!

Comunque è stata l’ultima volta che mi hanno sentito chiamare “Ammmoooreee” qualcuno.

Un anno e mezzo di aridità sentimentale, passato a dire sistematicamente «No!» a qualsiasi tipo d invito.

«Ti andrebbe un…»

«No!»

«Posso offrirti un… »

«No!»

«Ti va se qualche volta ci…»

«No!»

Un anno e mezzo di rassegnazione: «Ho chiuso coi sentimenti, basta. Tanto va sempre tutto male e io sto bene così… Da sola…»

Finchè un giorno, dopo svariati mesi passati così, una delle voci che abitano la mia testa si era fatta portavoce di tutte le altre per affrontarmi:

«Senti, noi ti dobbiamo dire una cosa… E, dopo che te l’avrò detta, tu negherai e protesterai, però non possiamo più fare finta di niente. Senti… Mi sa che questo ci piace…»

«Ma nooooooo…»

«Tanto sapevamo già la risposta, sei prevedibile e noi ti conosciamo bene, ma tranquilla non lo diciamo a nessuno».

“Questo”, l’ultimo, ve lo ricordate? Lui mi piaceva tanto, ma tanto. Generalmente la quantità di interesse che provo nei confronti di una persona è direttamente proporzionale al numero dei MAVVVAFFA che mi fa pronunciare. Lui… Lo adoravo!! Finché non ho pronunciato quello definitivo e per me il caso si è chiuso.

Lui ha continuato a mandarmi qualche messaggio saltuario. Capito?? Che me ne faccio di qualche messaggino ogni tanto?? Ma non sa chi sono io?? Io sono l’inventrice della “Teoria della Pagotta” checccazzo! Basta briciole, vogliamo la PAGNOTTA!! Continuava a propinarvi bocconcini e io ho detto basta. Sono stata brava, no?

Potrei fare l’elenco di tutte le cose carine, e sono tante, che ha fatto per me. Le ricordo tutte. Però non mi bastavano, voglio sicuramente di più e lui non poteva o non voleva darmelo. Pazienza. Nonostante questo, sento di volergli bene, tanto, non potrebbe essere altrimenti. Ma bene e basta. Sul film romantico che ci vedeva protagonisti, sono definitivamente scesi i titoli di coda. E forse non saprò mai se l’avevo interpretato solo io o anche lui.

Ok, ok, non li posso chiamare tutti “Lui”, questo è “Un-passo-avanti-cento-indietro”AKA “Non-lo-so-manco-io-quello-che-voglio”AKA “Oggi-ti-amo-domani-scusa-chi-sei”  o, per semplicità, “L’Indeciso”.

L’altro lo chiameremo “Il Dolce”, ok? Perfetto! In fondo i soprannomi sono il mio forte.

Hanno ascoltato con attenzione tutto il racconto, ora arrivo il momento in cui mi dicono la loro. Sono pronta.

«Comunque è bellissimo quello che ti è successo, lui è carinissimo, io gli darei una possibilità!»

«Non era previsto… Non è… Non lo so!»

«Scusa, cos’hai da perdere?»

Eccola qua, la domanda più insidiosa e stronza del mondo. La risposta non è “Niente”, la risposta esatta è: ho da perdere quei quattro, cinque grammi di fiducia in me stessa e nel genere umano che mi sono rimasti; ho da perdere, per l’ennesima volta, l’illusione che certe volte le cose non sono complicate, ma funzionano da sole; ho da perdere nuovamente il sorriso ritrovato; ho da perdere quelle tre, quattro file di mattoni che ho tolto dal mio muro al “Dolce”, con il timore che, se va male, stavolta non lo abbasserò davvero più per nessuno. Ecco cos’ho da perdere.

«…Tanto c’è da perdere…»

«Sì, ma per una volta potresti anche guadagnare un briciolo di felicità, non ci hai pensato?»

Cazzo, mi danno sempre queste risposte ad effetto che mi destabilizzano.

Stritolo con i denti la cannuccia e alzo gli occhi.

Agrodolce

Al nostro tavolo del bar, una mia amica fissa il vuoto pensierosa:

«Cos’hai?» le chiedo «Ti ho annoiata, vero?? Lo so che poi vi ammorbo, stilo paranoie, congetture e vi sfinisco!»

«No, non è quello…»

«Allora cos’hai?»

È pensierosa e un po’ imbronciata, mentre si gira con le dita la fedina che campeggia sull’anulare sinistro.

«Pensavo solo che… la tua vita è così eccitante, la mia ormai… abbastanza monotona…»

Sorrido e, senza neanche fermarmi a pensarci, replico:

«Eccitante?! Io mi diverto più a raccontarle a voi queste cose che a viverle. La tua vita non è affatto monotona, tu hai la felicità vera, vuoi mettere?»

Mi guarda e mi sorride. Deve essersi ricordata che è vero, è felice e appagata e il mondo qua fori è tutto fuorché eccitante.

Missione compiuta: ho soddisfatto la loro curiosità e fatto tornare il sorriso ad un’amica. Ora posso anche congedarmi.

«Ragazze io vado via…»

Ho bisogno di schiarirmi le idee e stramene un po’ da sola. Inforco gli occhiali da sole e la strada verso casa, a testa bassa, mirandomi il tacco dodici. Inizia a fare freddino, se fossi una di quelle donnine melense, direi che vorrei essere scaldata da un suo abbraccio, come è già successo:

«Ho tanto freddo…»

«Ti scaldo io…»

Cavolo non riesco a smettere di pensarci, ma…

«Ciao!»

Alzo la testa. No, non è possibile!!

Gli uomini hanno un talento incredibile nel ricomparire nella tua vita quando sanno che non li pensi più. Come ci riescono?? Hanno un radar?? Qualche neurone fa la spia?? Ma come è possibile??

Colui che occupava i miei pensieri in maniera costante, che mi ha fatto passare ore intere a rimuginare sui suoi comportamenti, mi si palesa davanti e io quasi non me ne accorgo. Signori, “L’Indeciso” è qui!

«Ciao…»

«Come stai?»

«Bene…»

Si aspettava un «E tu?» Lo so che se lo aspettava. E a me non va di chiederglielo, ok??

«Si vede… Ti trovo bene…»

«Grazie… Ehm… Scusa, devo proprio andare…»

Abbozzo un sorriso, abbasso la testa e riprendo la mia strada. Niente, non ho più niente da dirti, avrei voluto, avrei sperato, avrei pensato, ma i condizionali non fanno proprio per me…

«Mi manchi…»

Mi volto a guardarlo, ho capito male, ho sognato sicuramente. Lui mi fissa serio. Ho immaginato tutto, non c’è dubbio, ma lui continua a scrutarmi aspettando un mio gesto. L’avrà detto davvero? Come se leggesse il mio pensiero lui risponde:

«Davvero, mi manchi tanto BB…»

Quanto dura un secondo? Ovvio, un secondo. Ma, a volte, può sembrare interminabile e in quel solo secondo una miriade di pensieri mi scorrono nella testa.

Ti rendi conto di quanto tempo ho passato sperando in una frase del genere?? In un qualcosa che mi facesse capire che il tuo interesse verso di me era reale e non solo una creazione della mia testa?? Quanto ho aspettato che ti esponessi di più?? Poi dico “Basta!” e tu mi dici che ti manco?? Poiché ora mi hai persa e non ci sono più?? MA PERCHÉ CAPITA SEMPRE COSÌ???

Lo fisso incapace di replicare, non so neanche cosa dire, alla fine un flebile mugolio balbetta un:

«…grazie…»

Che risposta è “Grazie”?? Va be’, mi è uscita questa, mi volto e me ne vado quasi correndo.

Quando lo racconterò alle mie amiche, non ci crederanno.

Arrivo fino a casa completamente confusa, ma sicura della scelta che ho fatto. Caso chiuso, cuore anche. Non posso tornare ad essere una bambolina in preda delle emozioni, manovrata da lui e i suoi umori. Non posso più permetterlo.

Tante immagini sono comparse nella mia mente, “L’indeciso”, contrapposto al “Dolce”, ricordi, speranze, delusioni, tutto insieme, tutto e troppo. Ho pensato troppo. Ho ignorato perfino lo squillo ripetuto del telefono.

Prendo coraggio e lo guardo. TRE messaggi.Barbie Bastarda (35)

“Il Dolce” dice: «Mi manchi, ti voglio vedere, domani sono da te» Che carino!!

“L’Indeciso” risponde: «Spero di rivederti presto…» Ovviamente non prende mai posizione e si affida al “Caso”!!

E poi LUI: «Ciao, settimana prossima sono a Roma…» …Oh Cazzo!!

Devo vomitare…

 

 

A TE: ho poche certezze nella vita,

ma una di queste sei tu SISTER! Ti lovvo!!

I “Preliminari dei Preliminari” I Parte QUI

I “Preliminari dei Preliminari” II Parte QUI

I “Preliminari dei Preliminari”Saga Completa QUI

I PRELIMINARI DEI PRELIMINARI: FASE AVANZATA

Apro gli occhi…

Che giorno è??

È IL GIORNOOO!!!

Sorrido.

Sono felice.

Guardo l’orologio.

Giorgia alla radio canta:

«…Solo uno fra tanti ti guarderà come sei e viaggerà quando ridi nei pensieri che vivi, negli sbagli che fai. Solo uno fra tanti importerà come sei…»

Sorrido. Sono felice. Guardo l’orologio.

Dodici ore e ci vedremo. Lui ed io, finalmente. A cena lui ed io. Sono felice e non ho nemmeno vomitato.

Quando arrivano le venti??

Ok, ora vi racconto…

Dunque, vi ricordate quando vi ho parlato dei “Preliminari dei Preliminari”?? Ecco, siamo andati oltre… No, che avete capito?? Un pochino oltre, Preliminari dei Preliminari fase avanzata, insomma! Io & Lui Primo Appuntamento!!primo_appuntamento (1)

Quando arrivano le venti??

Canticchiando vado a fare la predoccia. La doccia seria la farò stasera, ma intanto mi lavo con cura e mi depilo completamente. Non che abbia premeditazione di concedermi, ma essere del tutto priva degli schifosissimi peli superflui, mi fa sentire notevolmente più figa!

Che mi metto?

Sono giorni che ci penso, da quando lo so. Da quando è stata fissata la data.

«…Ti va di cenare con me?» Semplice, no? Un milione di paranoie, di pensieri, di seghe mentali e poi lui pronuncia sei parole e si aprono le porte del paradiso! «Mi farebbe molto piacere…»

Comunque alla fine ho optato per un fantastico vestitino e rigoroso tacco dodici comodo. Ho pure una discreta scollatura. Sì, mi deve apprezzare per il cervello e bla, bla, bla, ma è opportuno anche mettere in mostra la mercanzia. Stiamo in ogni caso parlando di un uomo, non dimentichiamocelo. E facciamolo godere! Solo con gli occhi, per ora…

La giornata è trascorsa non so come. Sono andata in giro con una paresi facciale stile jolly sghignazzante e  non sono riuscita a pensare ad altro: Lui ed io, “Noi” a cena, un misto di eccitazione e terrore.  Non è vero, la paura c’è, ma è troppo più grande la gioia, questa è la verità.

Non vedo l’ora di vederlo e non vedo l’ora che arrivi domani per fare tutto il resoconto alle mie amiche, sedute al nostro solito tavolino del bar.

Mi sono lavata, truccata e vestita con cura, specchiata non so più quante volte e – alla fine – mi sto criticando pure poco, sono accettabile!

Esco finalmente di casa per dirigermi verso di LUI e la nostra serata.

«Ti passo a prendere?»

Lo apprezzo davvero tanto che si sia proposto, però non ce la faccio. Mi viene una specie di ansia se devo farmi venire a prendere a casa, non so spiegare nemmeno i motivi. È un problema, lo so, ma ci sto lavorando.

Un’ultima occhiata allo specchietto, un’ulteriore spruzzatina di profumo che ho sempre in borsa e percorro gli ultimi metri che mi separano dal luogo dell’incontro.  Ed eccolo lì, puntualissimo, ad aspettarmi. Sorrido e il mio cuore danza un rock’n roll acrobatico.

Una maschera di tranquillità all’esterno, un uragano di emozioni dentro di me…

«Ciao!»

«Ciao…»

Doppio bacino sulle guance e saliamo in macchina, è stata lavata. Per me!! L’ha lavata PER MEEE!! Trattengo una risatina nervosa di soddisfazione.

«Dove andiamo?»

Ma non l’hai letto il mio articolo più famoso?? Ma che mi frega dove mi portiii!! Andiamo dallo “Zozzone”, prendiamo la pizza al taglio, io sto con te! Che mi frega “dove”!!

«È uguale, dove ti pare…»

«Sapevo che l’avresti detto, ho prenotato in un posto carinissimo. Lo adorerai…»

Un uomo come si deve un piano ce l’ha sempre e mi piace colui che programma la serata, che sa, che agisce. Lui è così. Quindi mi ha fatto una domanda trabocchetto?? Hai capito che parac…

«Il tuo profumo è buonissimo»

Parac… delizioso!

«…Grazie…»

Dovevo metterne di più, lo sapevo! Gli piace!! È fantastico!! L’odore è fondamentale, siamo animali, dopotutto.

Che dico?? Che dico?? Che dicooo?? I silenzi imbarazzanti li odio, che dico?? Sicuro me ne esco con qualche stupidaggine, meglio che sto zitta. Sì però è fastidioso:

«Hai sentito che caldo oggi?»

Tu sei l’idiota, più idiota, più completa che abbia mai conosciuto!! Il tempo!! Parli del tempo?? Ma io dico??

Ma che potevo dire?? Mo ci mettiamo a fare alta filosofia!

«E dimmi, che ne pensi del mito platonico della caverna?»

Certo, ci manca Platone! Così mi dice «Restiamo amici» ed eccoti servito l’amore platonico! Sono un disastro, sono un disastro totale! Dopo stasera non vorrà vedermi mai più, è sicuro.

Per fortuna siamo arrivati.

Scendiamo dalla macchina, ci avviamo vicini verso l’ingresso del ristorante e, di botto, lui si ferma e io mi blocco. Che è successo?? Mi guarda da capo a piedi e, dalla bocca padrona del più bel sorriso del mondo, esce un: «Stai benissimo… Sei stupenda»

Devo decidermi a frequentare pure un corso di “Accettazione dei complimenti”, perché la mia reazione è stata:

«Stupenda?? Ma hai visto che culone che ho?? E il brufolo puntuale delle occasioni speciali?? E i capelli?? No dico, è proprio vero che quando ti devono venire meglio è sicuramente il momento in cui ti vengono peggio!! E vogliamo parlare dell’eye- liner e di quello stronzo di un mascara che proprio stasera ha deciso che voleva fare i grumi?? Guarda, lascia proprio stare!

Per fortuna la mia temporanea incapacità di articolare frasi di senso compiuto si è dimostrata utile. Con un filo di voce balbetto un:

«G…G…Grazie… » (Fammi tua, qui, nel parcheggio!)

Te lo possono dire cento volte al giorno senza sortire particolari effetti, ma quando te lo dice quello che ha aperto un varco nel tuo cuore come un grissino nel tonno, cazzo che botta! Per lui sono STUPENDA. Esagera, o non mi avrà visto bene…

Il posto è carino e accogliente, ma davvero non aveva importanza. Sul tavolo un bigliettino col suo nome e un “2”. Ha chiamato, ha prenotato, pensando a me. Poi dicono che è difficile far felice una donna, solo a pensare questo  potrei urlare di gioia. Va be’ ma io sono scema, è vero.

Guardo il menù e trasalisco: no, non è possibile!cena-romantica-1748x984

«Ma… ma… ma… è un… un… [cacchio, parla!!] È un ristorante vegetariano!»

Mi guarda tra il divertito e il compiaciuto.

«Ti sei ricordato che sono vegetariana?» Neanche pensavo di avergliene parlato, sarà uscito involontariamente in qualche discorso e lui l’ha memorizzato.

«Certo che mi ricordo, me l’hai detto…»

Voglio davvero urlare di gioia, perché questi sono i gesti che mi fanno impazzire, quando qualcuno si ricorda quello che gli dico e fa caso ai dettagli.

Ha una cartella nella sua testa chiamata “BB” e dentro ci archivia tutto ciò che mi riguarda, quello che mi piace, quello che detesto, quel che gli dico. Ce le abbiamo tutti, ma pensandolo mi sento importante. Io abito nella SUA testa. Fico, troppo fico!!

La cartella nella mia mente che riguarda lui, straripa. Poi io sono patologica, perché mi ricordo TUTTO. Quello che mi dice lui, certe volte me lo scrivo. Sì sono pazza, ma occhio a puntare il dito, siamo tutte così, sappiatelo.

Mi piace ascoltarlo, non ci posso fare niente. È la cosa principale in un uomo. No va be’, non diciamo cazzate, per prima cosa mi deve attizzare, però se quando apre bocca non mi stimola, poi mi si affloscia tutto, ecco. E invece lui mi piace da matti. Lo ascolterei per ore. È simpatico, interessante, brillante. Trovo fantastico quando sceglie una parola piuttosto che un´altra, perché penso che sono le “sue parole”. Adoro quando mi racconta qualcosa del suo passato, perché comunque mi rendo conto che c´era anche senza di me, anche prima che lo conoscessi io. Era qualcuno che non conosco ma che sto imparando a comprendere. A volte mi diverto a cercare di prevedere le sue risposte o le sue azioni, per appurare quando mi sbaglio e quando invece ho già capito come è fatto. Lo trovo entusiasmante.

Sì, sono pazza. (di lui…)

Sorrido.

Macché sorrido? Sono un’ebete. Non ho smesso di sorridere da quando l’ho visto, sono raggiante. Ecco c’avrò la faccia da scema!! Ma lui se ne sarà accorto?? Contegno, contegno, devo darmi un contegno. Calma, calma, calma!!

Sono come i bambini, quando vedo qualcosa che mi piace tanto non riesco a smettere di guardarla e di sorridere. Se sto bene, sorrido. Sembro stupida, ma in realtà lo sono. Completamente rincretinita da lui, dalla sua presenza. Potrei chiedere di più? No, non credo.

Oddio mi ha preso la mano! Muoio. Felice ma muoio. Adoro, adoro, adoro quando mi prendono la mano. Perché l’ha tolta?? Avrò fatto una smorfia e penserà che non mi piace, ma perché lo pensa?? Che faccio, glielo dico? No, ma ti pare?? Non glielo posso dire!! «Puoi rimetterla la mano, mi piace da matti. Prendimela, anzi te la posso regalare, in fondo con la sinistra non ci faccio granché!» No, ma che gli dico?? Non posso dire niente! Gliela prendo io?? No, mi vergogno troppo…

«Mi piacciono da morire le tue fossette…»

«…G…G…G…Gra…zie»

Oggi è un gran giorno perché ho imparato a dire «Grazie» e sembra che sia l’unica parola sensata che riesca a pronunciare. Scema, scema, scema!

«Signori, gradite del vino?»

Sì! Sì! Sì! Tanto, tantissimo!!!

Ti prego, ti prego, fa che non pronunci quelle tre parole che detesto, ti prego!

«Certo che lo gradiamo, vero?» e si rivolge a me. Che domanda retorica!

«Sì, il vino va benissimo»

Grazie, grazie, grazie! Per due motivi… Se avesse detto «Io sono astemio» sarei stata costretta a rispondere «Io e te non abbiamo niente da dirci» ad alzarmi e andarmene. E sarebbe stato un peccato, perché mi piace. Ammazza quanto mi piace… Poi non voglio ubriacarmi, ma un pochino di alcol mi aiuterà a stemperare la mia tensione e a non essere solo la cretina inebetita che riesce solo a dire «Grazie» e a parlare del tempo. Forse. Perché se continua a guardarmi e sorridermi perdo l’uso della parola per sempre, è sicuro. 

Forse ha aiutato il vino, o forse dopo un po’ la mia ansia tende a scemare, o forse è merito suo che riesce sempre a mettermi a mio agio, ma mi sto finalmente godendo la serata. Tanto, troppo.

Siamo riusciti anche a mangiare! Non sono una di quelle che, quando esce con uno, ordina un’insalata. Se si va a mangiare, si deve mangiare! Per fortuna lui la pensa allo stesso modo. E, se è vero che un sano appetito a tavola fa presagire un sano appetito anche altrove, allora noi stiamo messi bene. Parecchio bene.

Senza che ce ne accorgiamo, siamo rimasti gli unici clienti del locale. Com’è quell’ovvietà? Il tempo vola, quando stai bene…  Prima di andare bisogna superare uno dei momenti cruciali delle uscite.

primo-appuntamento-595x400Gli uomini non si rendono conto di quanto sia imbarazzante per una donna il momento del conto. Non per tutte, ovviamente, certe lo fanno quasi di professione, perché il galateo impone che sia lui a pagare, però – porelli – certe volte mi dispiace pure. Ma una non sa mai se deve fare la vaga o chiedere di smezzarlo, perché certi uomini si risentono di brutto solo a sentirtelo dire. Invece, se lui accetta di dividere, in fondo sei tu che ci rimani male, diciamocelo! Ci cade l’illusione del cavaliere generoso, quindi è un momento terribile.

Una volta una mia amica mi ha detto:

«Un galantuomo si alza, con la scusa di andare in bagno e – senza che tu te ne accorga – paga il conto e torna al tavolo. Perché è così che si fa»

Io le avevo raccontato della mia terribile esperienza della sera precedente, quando ero uscita a cena con uno, incautamente, perché lo conoscevo poco e un’intera cena è difficile da gestire se ti trovi male. Non solo avevo passato una pessima serata, ma il peggio lo toccai quando lui si mise a fare il Revisore del conto.

All’inizio pensavo volesse scherzare, giuro, invece no. Con una mano teneva la ricevuta, con l’indice dell’altra passava in rassegna ciascuna battuta chiedendomi se effettivamente corrispondesse alle ordinazioni e se ogni piatto costasse davvero otto euro anziché sette e cinquanta come ricordava e così via.

Io, a fatica, ho tenuto botta fino ai contorni, poi – quando ha chiamato il cameriere per chiedere spiegazioni sulla presenza dei due euro per il pane – ho tirato fuori la mia carta di credito e, senza proferire parola l’ho porta al cameriere, sconcertato quanto me, per togliere entrambi dall’imbarazzo.

Il galantuomo ha bofonchiato qualcosa, ma avevo già smesso di ascoltarlo. Non avrei voluto dirgli nemmeno nulla, però mi aveva infastidito troppo. Occorreva specificare che il mio non era un atto di spocchia, ma un’evidente azione di risposta:

«Tanto per chiarire: non è che avevo bisogno di te per mangiare, stasera. Se volevi fare il galante, non mi pare così carino mettersi a spulciare e commentare il conto per farmelo pesare. Comunque tranquillo ti faccio risparmiare sui soldi della benzina che avresti speso per riaccompagnarmi, perché mi pago pure il taxi».

Perché è così che si fa. Coi cafoni.

Lui ha fatto tutto come si doveva e io ho fatto finta di non accorgermene. Seduta da sola, attendendo il suo ritorno, inizia a salirmi l’ansia del “dopocena”: e ora? Che succederà?? Ci baceremo? Ci avvinghieremo? Sono ancora capace a baciare con amore? Una volta ero brava… e se poi? Sembra incredibile ma era l’unica cosa alla quale non avevo pensato.

Ecco la stranezza: io che amo definirmi una ninfomane, un’adolescente con gli ormoni impazziti, un uomo che pensa solo a quello, quando mi piace davvero uno, “a quello” non ci penso mai. Vi pare normale?

Sapete la scena che principalmente mi balena in testa qual è? Lui ed io sdraiati sul divano a guardare la tv… Io completamente sopra di lui con la testa e una mano poggiate sul suo petto. Si può essere più patetiche? No, non credo…

Però, in effetti, se mi concentro, riesco a pensare anche… ehm… altro… Taaanto altro… Fa caldo, caldissimo… cambiamo pensieri che è meglio!!

Eccolo di nuovo.

Mi sembra sia andata bene. Abbiamo riso moltissimo, ma anche affrontato argomenti tosti. Alla fine la mia lingua ha fatto il suo dovere. Non pensate male!! Poi sono io la ninfomane…

Forse ho parlato troppo, forse troppo poco, non lo so. Domani mi rimprovererò per almeno un milione di motivi e sentirò l’esigenza di scusarmi per la mia ridicolaggine, è sicuro. Domani, ci penso domani.

Mi prende di nuovo la mano, stavolta svengo per forza.

«Ti va se facciamo qualcosa domenica? Abbiamo tutto il giorno, sarebbe bello passarlo insieme…»

Ok, devo smaltire tutte queste informazioni.

È andata bene, altrimenti non mi avrebbe chiesto di rivederci. Noi-domenica-NOI-insieme. Odio la domenica, perché uno la domenica pensa troppo semplicemente perché ha più tempo per pensare. Non si è presi dagli stress quotidiani, tranne il cervello che fa il superlavoro. Se non soffrissi di insonnia cronica, le dormirei tutte le domeniche.

«…magari andiamo al mare»

Ti prego, sposami!

Io ci starei sempre al mare! A volte ci vado da sola, anche d’inverno, rimango lì a fissarlo, ad ascoltarlo e mi fa stare bene.

«…Sarebbe bellissimo…»

LUI-Io-NOI-Mare-Domenica… Potrebbero iniziare a piacermi le Domeniche…

Mi guarda, mi sorride e…….

«Ehyyy… Yuuuuuuhhh… Ci seiii??? Terra chiama BB!!»

Che c’è??

Ma…hqdefault

Nooo…

Ah ecco.

Ero partita.

Nooo…

Perfetto.

Torno in me.

Non sono a un tavolo del ristorante, ma al solito tavolino del bar, i soliti quattro occhi davanti a me, il solito Campari diluito col ghiaccio. Perfetto. Ho iniziato ad avere anche le allucinazioni.

«A che pensavi tutta presa?? Anzi, a CHI??»

Le amiche sanno sempre quello che ti passa per la testa, anche quando ti incanti.

Prima reazione: faccio finta di non aver capito e parlo di altro.

«Insomma, che facciamo stasera?»

«Che fai, cambi discorso come al solito??»

È terribile avere gente che ti conosce così bene, checccazzo.

«Tanto lo sappiamo a CHI pensavi!»

«No, adesso dice che non le interessa più»

«Quello è pazzo di lei, lo sanno tutti, ma lei è la solita capocciona!!»

«Va be’ però pure luiii!!! Daiii!! Non è chiarooo!!

No, ma fate, fate! Parlate pure come se io non ci fossi, eh? E poi la mancanza di chiarezza, per me, è già palese chiarezza. Pensate sia una frase contorta? Rifletteteci e vi accorgerete di no…

Loro discutono sulla di lui ambiguità e sulla mia capoccionaggine, mentre io controllo i disegnini che ho fatto – senza accorgermene – sul tavolo, col mio calice. Mi ritrovo spesso a giocherellare con bicchieri e cannucce, Freud si fregherebbe le mani.

Cosa è successo? Quello che succede spesso, un sentimento o cresce o svanisce, il mio l’ho fatto morire. Se non lo si alimenta, è inevitabile che finisca. Mi sono resa conto che questa persona riusciva a cambiarmi l’umore e iniziava a sconvolgere il mio labile equilibrio. Ero governata dalle emozioni. Terribile. Quindi non sapevo più come comportarmi, se assecondarle o tornare in me e mi era venuta meno la naturalezza, perché in questi casi mutiamo i nostri atteggiamenti, è inevitabile. Siamo combattuti tra il cuore e la ragione. Siamo sciocchi? Tantissimo.

Mi sentivo una bambolina in balìa del batticuore, non più padrona delle mie azioni, priva di quella già poca scioltezza che possiedo e non riuscivo a gestirmi. Non tolleravo di essere destabilizzata da un’incertezza, da un sentimento che, forse, provavo solo io. Se qualcuno entra nella mia vita non voglio porgli delle barriere, ma devo essere certa che lo desideri davvero e lui questa sicurezza non me l’ha data.

Allora ho fatto quello che mi riesce meglio: ho fatto un passo indietro. Se questo fosse oggetto di guinness dei primati, lo vincerei  sicuramente. «Signori un bell’applauso a BB che anche stavolta si è tirata indietro e abbiamo raggiunto quota un milione di volteee!!!» Yeeeaaahhh!!! Bravaaa!!!

Ho ritirato le carinerie che riservo solo a poche, pochissime persone, le ho incartate insieme ai miei pensieri su di lui e li ho messi sotto a chiave. Caso chiuso. Cuore anche. E da “Solo uno fra tanti” è diventato “Come tutti gli altri”. Esattamente quel che sono io per lui.

Probabilmente non se ne è nemmeno accorto! Questo è quello che mi ferisce di più. La mia presenza dopotutto non era fondamentale. E allora sono felice di averlo fatto, evidentemente era la cosa giusta. Pensavo di partecipare a uno scambio di complicità, invece ho capito che stavo giocando da sola. Non ha fatto nulla per tenermi, è questa la verità.

Se fossi una femminuccia come tutte le altre, dovrei piangerne. Prossimamente sui vostri schermi “La ragazza che giocava da sola”: una sfigata che passa dall’essere totalmente disincantata al vivere d’illusioni create da lei, non perdetevelo! Come faccio a singhiozzare se penso a una cosa del genere?? Rido, rido di cuore. Uhm… devo lavorare sulla colonna sonora…

Ovviamente se non mi vedono piangere pensano che non me ne freghi poi tanto. Già, è normale.

Incredibile, loro ancora parlano:

«Sì, ma se lei fosse meno de coccio…»

«Sì, ma se lui invece l’avesse presa…»

Se… Se… Se… I discorsi ipotetici non mi sono mai piaciuti, lo sanno tutti.

Infine, si rivolgono di nuovo a me:

«Insomma tu che pensi??»

So che sto per pronunciare quella frase che io stessa temevo di enunciare perché perfettamente conscia di cosa significhi. Quella frase che sottintende una serie di ragionamenti e tante, tantissime cose che non si possono più dire a voce alta, né a qualcuno, né tantomeno a me stessa.  Caso chiuso. Cuore anche.

Senza nemmeno alzare lo sguardo sentenzio un:

«Non ne voglio più parlare. E intendo Mai Più…»

«…Ehm… quindi che facciamo stasera?»

Visto? Ora sono loro a cambiare la rotta dei discorsi.

È stupendo avere gente che ti conosce così bene.

Sono consapevoli che, quando emetto quelle parole, faccio sul serio. Non si gioca più, per me è un “Basta” tatuato. E di Tizo-Caio non ne sentiranno  più parlare.

«Brava, brava, sei proprio brava. Non vedevi l’ora di trovare una scusa per non pensarci più. Ritirataaaaaaa!! Brava, ti faccio un applauso!»

Ecco, ci mancava solo il rimprovero da parte della Vocina nella testa!

Senti che accuse ridicole poi, diciamocelo. Vigliacca io?? Puà… non sa proprio che inventarsi.

Poi mi sono davvero rotta di addossarmi sempre tutte le colpe! Che palle! E lui allora?? Basta. Caso chiuso. Cuore anche.

Inevitabilmente penso a quando mi avevano detto:

«Sai, è per questo che ci si prova ancora… »

«Per cosa?»

«Per l’espressione che hai fatto quando hai sentito il suono del telefono, per il sorriso che fai se vedi che è lui e per la gioia nei tuoi occhi quando vi vedete… E non ti vedevamo così da tanto… per questo ne vale ancora la pena…»

«… non ti vedevamo così da tanto… »sex-and-the-city_470x305

Già, neanche io mi vedevo così da tanto. Peccato…

Eravamo così carini a quel tavolo del ristorante, eravamo così carini in generale… 

Squilla il telefono.

Ho paura…

Stavolta non vi lascio con la suspense: è LUI…

Sorrido.

(ma tanto non me ne frega più niente…)

«We know that we fear to win

And so we end before we begin.

If you go your way and I go mine?

Are we so helpless against the tide?»

U2

A TE, senza che tu lo sappia mai… 😉

PS: Questi articoli stanno diventando una sorta di libro a puntate, non programmato, né previsto. E non so bene neanche dove mi condurrà, ma spero che vogliate scoprirlo insieme a me…xx 😉

La prima parte la trovate QUI

I “Preliminari dei Preliminari”Saga Completa QUI

LA GUERRA DELLE GATTE MORTE

Siamo circondati! È ora di fare qualcosa. Vi annuncio la nascita di un movimento che vede Presidentessa me medesima sottoscritta, il movimento AGM: AMMAZZA GATTE MORTE! E non se ne può piùùù!!!keep-calm-and-ammazza-la-gatta-morta

Una volta erano rare, adesso si sono riprodotte in maniera preoccupante! Dobbiamo assolutamente agire…

Sono perfida? No, credetemi. Le perfide sono loro. È ora di smascherare una volta per tutte queste nauseanti pantomime di donne che celano un’anima da spietate strateghe.

Non mi credete? Ok allora leggete…

Già Chiara Moscardelli aveva portato alla luce il problema con il libro “Volevo essere una gatta morta”:

“La gatta morta è una micidiale categoria femminile. Non fa battute divertenti, sta in disparte, non esprime opinioni. Ha paura dei thriller, le pesa la borsa, soffre di mestruazioni dolorose, non fa uscire il suo ragazzo con gli amici, non si concede mai al primo appuntamento e fin da piccola ha un solo scopo: il matrimonio”.

(Questa cosa delle mestruazioni dolorose e invalidanti mi ha sempre fatto ridere, ma tant’è… Quante volte lo avete sentito? «Non posso, ho il ciclo… » E allora?? In questo preciso istante almeno un miliardo di persone ce l’avranno e quindi?? Le GM non lo possono sopportare, scherziamo??)

Invece io, che sono molto meno diplomatica, nel mio libro le ho definite “ Fregnette Mosce AKA Femmine gne-gne” :

“Queste donne sono le classiche bamboline tutte mascara, lucidalabbra e sorrisetti. Se vedi una donna che non sa parcheggiare a spina nel deserto, questa sarà sicuramente una FREGNETTA MOSCIA. Il termine gnegne infatti deriva proprio dal fatto che, oltre che ridacchiare, non sa fare nulla. Non sa cucinare, non stira, non sa cosa sia un forno, non sa parlare di nulla oltre che del tempo, è la fonte di ricchezza di parrucchieri ed estetisti. E, ahimè, è il prototipo più amato dal genere maschile. Infatti tale donna, avendo una personalità decisamente latitante, non dà nessun tipo di problemi perché l’unica preoccupazione che ha è solamente quella di riuscire ad abbinare il rossetto con la mutanda. Lungi dalla FREGNETTA MOSCIA intavolare qualsivoglia tipo di discussione col suo uomo. Anche perché arrabbiarsi fa venire le rughe e non sia mai!”

Ma non ci importa la definizione, ciò che conta è che – mentre leggete – vi sono venute in mente almeno un paio di esponenti di questa categoria, quindi sapete bene di cosa sto parlando.

L’unica cosa che mi chiedo da sempre e alla quale non ho mai avuto risposta è: ma loro, le GM, sono consapevoli di esserlo o no?! Questo vorrei proprio saperlo…

Per un periodo della mia vita, ho provato anche simpatia per tali soggette, ora no. Ora mi hanno davvero rotto.

Non fatevi ingannare dai sorrisetti, da questa presunta debolezza, dal loro sapiente fare da finte tonte, da questa dolcezza sciapa come la loro personalità, queste sono macchine diaboliche che non lasciano MAI nulla al caso.

Sbagliando, molti ritengono che l’opposto di una GM, sia una donna aggressiva. Non è così. L’antitesi è quella che io chiamo una Donna-Donna (DD): intelligente, capace, indipendente, sveglia, cazzuta quanto basta, una donna con le palle, signori! Il tipo di donna che può tener testa e affiancare un Uomo (la maiuscola non è a caso…)

Ora qualcuno obietterà che gli uomini adorano sentirsi utili, quindi per questo preferiscano le GM, perfetto. Ma non è proprio così. Avete presente il detto “Non sai mai quanto puoi essere forte finché essere forte è l’unica scelta che hai”? Le DD lo conoscono molto bene. La GM si aspetta che qualcuno le risolva i problemi, la DD agisce. Se qualcuno la aiuta è meglio, ma non può rimanere ferma ad aspettare. «In qualche modo ce la farò» chiosa la DD. «Qualcuno lo farà» risponde la GM.  Capito la differenza?

«Lei da sola non ce la farebbe…» Non so voi, ma io mi sono stancata di sentire questa frase. Questa difesa di questa presunta vulnerabilità di questi animi puri. Ma de che?? Queste hanno capito tutto!! Si celano dietro una fragilità d’animo e fisica per farsi servire come regine.

Conoscevo delle GM che si facevano venire a prendere a casa da qualche poveretto cotto di loro, così lo illudevano e attuavano uno ”Sfruttamento dell’infatuazione”. Sfruttare, sì, è il termine giusto. Perché se tu sei certa che a uno non gliela darai mai, ma fai leva sul suo debole per te per farti scarrozzare, quello fai. Lo sfrutti. E le state ancora a difendere??

Le GM si circondano di un bell’harem al maschile perché tutti possono tornare utili. E poi… puntano le loro prede e gli si dedicano con una cura minuziosa e dettagliata.

Una GM che stava circuendo un ometto, mi ha confessato:

«Io gli faccio la Goccia Cinese… »

«In che senso??»

«Lo martello, piano, piano… giorno per giorno, finché non cede. Capitolano tutti…»10914572_588677167930047_1226531644_n

Nooo… va be’… E io non gioco più!! Queste sono delle sicarie del corteggiamento, delle professioniste della conquista, delle tattiche implacabili, non posso competere! Io al massimo metto in atto il vecchio gioco di sguardi-sorrisi. Che, poi, quando ti giri per cercarlo con gli occhi e vedi che pure lui ti sta guardando e entrambi sorridete, per me non ha paragoni… Posso vestirmi carina e lasciare sottointendere che sotto i vestiti mi piace agghindarmi anche meglio, posso sfiorarlo per avere un contatto fisico garbato. E poi gli faccio fare l’Uomo, mi piace l’Uomo che fa l’Uomo, mi farei portare in capo al mondo da un Maschio deciso. Ma queste sono imbattibili! Queste giocano in maniera scorretta, dai! Io ho sempre paura di disturbare, queste hanno l’invadenza del prezzemolo! E il loro amor proprio viene sacrificato in nome dell’accalappiamento. E giuro che l’ho visto tante, tante, tantissime volte!! Un’onnipresenza che manco un gps!! Neanche un’ombra! ‘Sti poveretti non hanno né scampo, né tregua! Se le trovano così addosso che davvero arrivano ad un punto in cui, poi, non riescono a farne a meno!! Sarà abitudine?? Sarà l’essere lusingati da questa geisha smorta che li riverisce con una devozione ossequiosa?? Sarà un sentirsi così importanti da volerne tutti i giorni?? Io non lo so, ma non sapete quante volte succeda… Io la vedo più semplice: se uno non mi vuole, non insisto. Perché dovrei?

Dovrei prenderlo per sfinimento? Non funziona così… E non c’entrano principi, favole e illusioni, un uomo vero fa di tutto per averti, o no? E, soprattutto, dovrebbe essere un piacere la mia presenza, non un’imposizione coatta. Un uomo che alla fine si prende quello che passa e permane con insistenza, come lo dobbiamo considerare? Oppure è il contrario? Un uomo interessato ad un tipo di donna come la GM, non potrebbe essere mai attratto da una come me e viceversa.

Qui ci sono uomini che, se ti vogliono, ti vengono a citofonare a casa! Lo giuro! È successo due giorni fa! (non a me, ovviamente…) Invece queste qua attuano una politica di stalkeraggio fine allo sfiancamento! Questa è una guerra impari, signore mie!

Ma, se glielo chiedi, tutti i maschi ti dicono che le GM non valgono niente. Allora perché poi finiscono sempre con loro?? Quindi… Visto che sono stanca di vedere Uomini che cercano Donne (e le maiuscole ancora una volta, non sono a caso…) e poi si buttano tra le fragili braccia di fregnette mosce, visto che mi sono rotta di sentirmi ripetere che sono bellissima, taaanto simpatica, troppo intelligente, veramente SPECIALE, che con me si sta benissimo e poi… tutti prendono un biglietto solo andata per la Culonia o comunque per qualche posto abbastanza lontano da me… Ci tenevo a dire che: in realtà non sono poi ‘sta gran strafica, di sicuro non così simpatica, veramente stupida, direi decisamente, ultra normale se non, oserei, banale e con me non si sta poi così bene, è difficile sopportarmi cinque minuti di fila, sul serio! Ecco. Lo volevo dire. Non sia mai cambi qualcosa… Ma siccome dubito che cambi qualcosa, vi annuncio che io non gioco più! Ci vediamo in un’altra vita, perché – in questa – mi avete rotto il cazzo tutti, voi e le GM!!!!!!!!!!!!!

…Ecco. E io avrei finito qui. Avevo finito qui… se non fosse che…

Signori, nulla capita per caso! Mentre lavoravo alla stesura di questo articolo ed ero impegnata nello sbircio di Facebook, la mia attenzione è stata catturata da un testo di una canzone di Califano, riportato integralmente. Ancor di più mi ha colpito CHI avesse riportato tale testo: noto tombeur de femmes che, ultimamente soffriva le pene per colpa del pene, o – meglio – per una che prima aveva piantato e che ora lo stava facendo penare, appunto. Quando vi dico che il Karma è micidiale, mi dovete credere!!!

Tutti noi conosciamo il Califfo-pensiero, un mio ex lo usava come mentore e io lo redarguivo sempre con un: «Sì, ma ti ricordo che è morto solo…» (e pure lui è rimasto solo, senza di me sicuro…) Califfo: sciupa femmine, la mia libertà, svariate canzoni a testimonianza di ciò. Questa no, questa canta l’amore verso una sola donna, nonostante tutte le altre. (Se volete, la trovate QUI )

Neanche il tempo di “polliciare” il mio apprezzamento, che il playboy denoartri mi scrive in privato (niente, la gente non lo capisce che ogni cosa che mi viene detta verrà poi scritta! Continuate comunque, io sono contenta!!!)

E da lì è partito il lamento del latin lover, su quanto fosse pentito di aver lasciato la donzella e, disposto a tutto per riconquistarla:

«È lei BB… Stronza, egoista, acida. Sono anni che ci scorniamo forte ore e ore. Poi troviamo la pace e ci lasciamo col sorriso. C’è voglia di affrontare le situazioni, i problemi e risolverli… Hai visto cosa c’è in giro? Un puttanaio… Sì, ti ci diverti una sera, ma poi? Questa è una Donna vera…»

E un sicuro, quanto mozzafiato:

«Io me la sposerò…»

Bum! Colpita e affondata… (Io, non lei…)

Per me è stato illuminante!

Innanzitutto, lasciatemelo dire, vi prego: ma sempre dopo?? Vi rendete conto sempre dopo di quello che avete perso?? Ce dovevate pensa’ prima! Ora attaccateve a una gatta morta, grazie!!!

Però… bisogna anche riconoscere il merito di quelli che hanno il coraggio di tornare indietro e ammettere i propri errori. Perché mica lo fanno tutti…

Forse è vero che tutti gli uomini, nessuno escluso, ambiscono a una Donna-Donna, ma – spesso – finiscono con una gatta morta perché più gestibile. Forse è vero che non tutti gli uomini hanno la forza di affrontare una donna forte. Forse è vero che alcuni uomini si scelgono le GM per essere sicuri di avere il controllo.

«…Perché quando vedi una cosa così bella, le altre non possono reggere il confronto…»
Così mi ha detto l’uomo che stavo aiutando a scegliere un regalo per la compagna. Sul tavolo tre borse: due belle ma abbastanza comuni, poco impegnative, una botta sicura, diciamo. E poi c’era LEI: la più diversa, complessa, non paragonabile a nessun’altra, lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso…
«Quando vedi una cosa così bella le altre non reggono il confronto. Sì, puoi trovarne altre che ti piacciono, ma non saranno mai come lei. È sicuramente la migliore… Però… Non lo so…»
Ho sorriso, abbassato il viso, scosso la testa e bisbigliato:
«È come con le persone…»
«Cosa?»
«È come con le persone… A volte ne incontri qualcuna così dannatamente diversa dalle altre da spiazzarti. E lì che fai? Come la gestisci? Pensi davvero di riuscirci? Meglio lasciar perdere…»
Avrei voluto tanto dirglielo, ma invece gli ho risposto:
«Nulla… Allora ha scelto?»
«Non lo so…»
E l’ha lasciata lì, non l’ha presa. Proprio come con le persone. Forse era troppo bella, sicuramente era la più impegnativa, ma particolare, differente e lui l’ha comunque lasciata lì.
«Ci penso…» mi ha detto.
Magari non tornerà, magari tornerà e scoprirà che qualcun altro, con più coraggio, l’ha portata via e si racconterà che non era poi così speciale, magari andrà sul sicuro e ne prenderà un’altra più “comune”… Ma, in cuor suo, saprà per sempre che lei è la migliore di tutte quante!

fare-la-gatta-morta-testoQuindi, scusatemi, ritiro tutto. Niente Movimento AGM, perché le GM ci servono vive. Ci servono nella grande catena alimentare della riproduzione perché sono le donne minuscole adatte agli uomini minuscoli. Quindi è giusto e sacrosanto che copulino tra di loro.

Sono stronza? No, sono una fiera DD, una leonessa, una Pantera viva, almeno non fingo di essere una mansueta femminuccia e sarò sempre orgogliosa di questo. Nonostante tutto. E sapete anche voi che siamo le migliori.

E lo sanno pure quelli che, mentre stanno con voi a coccolarvi perché siete stanche, vi si sono spezzate le unghie e avete addirittura guidato, sognano di spassarsela con noi che siamo sempre sveglie.

È una magra consolazione? Forse… ma pensando questo, mi sento già molto meglio. 😉

PS: Anche questo me lo chiedo da una vita: ma le GM si stancheranno pure a fare sesso?? Perché si suda e fatica, eh!!

“Questo mio apparire forte e che supero tutto, è come se m’avesse marchiata.

È un po’ come se avessi scritto in fronte: “Passatemi sopra, schiacciatemi a dovere,

tanto mi rialzo comunque…”
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino

 

 

«Ok, non ero riuscita a domare Big,

ma il vero problema era che lui non era riuscito a domare me…

Forse certe donne non sono fatte per essere domate,

forse hanno bisogno di restare libere…

Finché non trovano qualcuno altrettanto selvaggio con cui correre…»

Sex and The City 2×18