ALL BY MYSELF

Stamattina sono stata rimproverata da tre persone diverse. Tre delle persone che ho più care al mondo, per la precisione.

Soltanto perché, nottetempo, ho avuto l’ardire di recarmi al Pronto Soccorso da sola, con l’allerta meteo, il vento, una quantità imprecisata di alberi sparsi per la Capitale e un dolore lancinante che non mi abbandona da giorni.

“Soltanto”, per me.

«Ma che sei matta, mi dovevi chiamare!», per ciascuno di loro.

Sono davvero matta?

Eppure ci ho ragionato.

Ero stata in piedi almeno un’ora, prima di decidermi ad andare.

Avevo pianto, ero esasperata e non ce la facevo più a stare là, inerme e dolorante, ad attendere l’alba un’altra volta.

Quindi, mi sono avviata.

Struccata, con la tuta, il cappuccio della felpa tirato su a coprirmi parzialmente una faccia che tradiva la terza notte consecutiva in bianco.

Sono entrata pronunciando un timido «Buonasera».

Intorno pochissima gente a occupare l’immensa sala d’attesa: una famiglia; una donna sola; un signore che dormiva e russava sdraiato per lungo sulle poltroncine; un ragazzo.

Probabilmente avranno pensato che fossi una sbandata, forse una drogata, e – sicuramente – che fossi molto sola,

visto che così mi sono presentata al Pronto Soccorso, alle tre di notte, pallida come una maschera anticipata di Halloween, intenta a guardarmi i piedi per evitare i loro sguardi.

E mi ci sono sentita, sola. Ma sapevo pure che non avrei potuto fare altrimenti.

Sono poche le persone che chiamerei per un’emergenza, nel cuore della notte. Tre, forse quattro o cinque, non di più. Non so quante ne abbiate voi, non so cosa avreste fatto voi, ma il problema – se così si può chiamare – è che per me non erano contemplate altre opzioni. Visto che ero cosciente e in grado di guidare.

Perché avrei dovuto infliggere un mezzo infarto a qualcuno, chiedendo aiuto a tarda notte, dato che potevo farcela da sola?

Un’ora dopo, ero fuori.

Aveva ricominciato a piovere copiosamente. Un’ambulanza stava lasciando l’ingresso. Mi era parso di aver visto più gente nella sala d’aspetto, infatti.

Pensare che in questo posto avevo giurato che non ci avrei messo mai più piede, eppure…

Complice l’oscurità e la solitudine, molti ricordi mi sono crollati addosso. Tutti insieme.

Mentre rientravo, ripercorrevo tutte le tappe di questo accadimento surreale. Era successo davvero, o stavo sognando?

Ragionavo su come avrei potuto raccontare il tutto ridendoci su. Come sempre. La mia “Ghiandola della Sdrammatizzazione” deve essere iperattiva…

Ad esempio, dell’infermiera molto poco gentile che mi aveva accolta al triage con un:

«Non è che perché tu non dormi, noi qua ti possiamo risolvere i problemi!»

Alla quale avevo risposto solamente: «Se sto qui a quest’ora, con questo tempo, è perché sono disperata. Non credi?»

Pensando: «Non credi che avrei avuto più piacere nel trascorrere le mie ore da insonne dolente sotto il mio bellissimo e caldo piumone, in compagnia di un buon libro o di una maratona di serie tv? Brutta stronza, pure brutta?? Mi dispiace, sei brutta! E sei pure stronza! Probabilmente sei brutta perché sei stronza! Sicuro!»

Contrariata, magari, dal fatto che l’avessi svegliata. Perché, dopo aver atteso almeno un quarto d’ora che qualcuno si facesse vivo, avevo accettato l’esortazione di una signora a bussare alla porta per farmi accogliere.

«Mi spiace, però, sta dormendo…»

«Embè? Aho se stai qua è perché c’hai bisogno! Sta a lavora’, la sveji!»

C’hai ragione, Signo’…

E poi ho riso.

E poi ho considerato quanta pace ci fosse a quell’ora, quanto buio, quanto silenzio, mentre mi godevo la strada tutta per me che percorrevo lentamente, al contrario del solito.

E poi ho pianto.

E poi ho pensato alle due Voci nella testa che, da un po’ di tempo, duellano nella mia mente.

Una mi ripete ossessivamente che devo imparare a fare tutto da sola, a non appoggiarmi a nessuno, “Perché non si sa mai”. Era fiera di me.

L’altra che risponde che il “Non si sa mai” comprende infinite possibilità, anche positive. Era contrariata, a volte mi dice di non preoccuparmi.

Poi mi è tornata alla mente una frase che ho carpito “per caso” proprio in questi giorni. Lei che diceva a lui:

«Posso farcela da sola…»

E lui che, semplicemente, le rispondeva:

«Ma perché, DEVI?»

Che bello.

Ci ho pensato molto e mi è tornata utile in questa giornata.

Perché alla fine, ho concluso che non sono matta, né strana, né Wonder Woman, né asociale, né individualista.

Oggi, in questo momento, adesso, ora, io non so quale delle due voci abbia ragione. Non so cosa accadrà da qui all’immediato futuro.

So solo che adesso, DEVO.

Poi domani, “Non si sa mai”…

 

“C’è una ragione se dicevo che sarei stata felice da sola. Non è perché pensassi che sarei stata felice da sola. Era perché pensavo che se avessi amato un uomo e poi fosse finita, potevo non farcela. È più facile stare da soli: perché se impari che hai bisogno dell’amore, e poi non lo hai, e se ti piace, e ti appoggi ad esso, se fondi la tua vita su di esso e poi… tutto crolla? Potresti sopravvivere a un dolore del genere? Perdere l’amore è come una lesione fisica, è come morire. L’unica differenza però è che la morte è un attimo… e questo, Può andare avanti per sempre”.

Gey’s Anatomy 7×22

 

VIENI GIÙ…

Sono seduta sul bordo del pozzo oscuro.

Conosco questo posto, sono già stata qui.

Guardo avanti. Le mani poggiate sull’imboccatura della voragine e le gambe penzolanti che giocherellano picchiettando il muretto.

Sono già stata qui.

Blocco le gambe.

Mi fermo.

Guardo dietro, oltre le mie spalle e osservo il nero dell’abisso.

Ciao, ti ricordi di me?

Sono già stata qui.

Perché non torni quaggiù?

Sono stata qui per mesi, nel buio. Quando niente era più importante.

Ora, che faccio?

È un periodaccio.

Annunciato così, senza preamboli.

Mi sono ripetuta che c’entrasse la fine dell’estate. La mia anima leonina e solare la patisce sempre. Ma, no. Non è solo questo.

Si sono accumulati pensieri, preoccupazioni, tutte quelle paranoie (che tanto paranoie non sono) che mi lasciano sveglia di notte a discettare sul senso della vita, l’utilità di certe esperienze, la presenza o assenza di certe persone, la validità di certi rapporti…

Sono stanca.

Esamino i vari aspetti della mia vita:

Qui? Qui schifo.

Qui? Qui merda.

Qui? Qui lascia perdere!

Sì, sicuramente a ben guardare SONO molto FORTUNATA. Ok.

Lo so, ne sono consapevole e quando voglio essere ottimista lo penso e ne prendo coscienza.

Però…

Ecco, ultimamente ci sono dei “però” importanti.

Sono stanca.

Non è da me fare piagnistei.

«Lo sai, non mi lamento mai, però…»

«…però a un certo punto, basta!» ha finito per me la frase, il mio interlocutore.

«Esattamente, basta. A volte è semplicemente troppo»

Sono arrivata al “troppo” al punto di rottura, seduta sul ciglio del baratro che ben conosco.

Mi annoia sentire lamentele, davvero. Del tipo che la gente mi parla, fingo di ricevere una telefonata e mi allontano.

Mi vergogno un po’ di certi sentimenti (neanche tanto) ma, certe volte, quando qualcuno mi rovescia addosso la propria immondizia mentale, vorrei dargli una testata sui denti. Far tacere l’incessante lamentela a oltranza.

C’è gente che credo lo faccia di professione. “Trova ogni giorno nuovi motivi per lamentarti!” gioca anche tu!

Ecco perché detesto lamentarmi, non vorrei mai essere così.

Ma sono stanca.

Ha già cominciato.

È così che inizia, piano piano. Dapprima col prendersi meno cura di sé, piccolezze – forse – ma fondamentali.

Vabbé, i capelli li lavo domani…

Lo smalto può resistere un’altra settimana…

Poi continua alternando la bulimia famelica all’inappetenza. L’accidia più completa all’iperattività.

Cercando di riempire tempo, spazio, pensieri, per non vedere la voragine che si fa sempre più strada e ingoia ogni cosa.

Poi ti suggerisce di non interagire con nessuno, facendoti sentire inadeguata e fuori posto, ovunque.

No, non mi va di uscire…

Meglio chiudere tutto e mettersi al riparo.

Affrettarsi a rispondere degli insulsi “Tutto ok!” se qualcuno ti chiede come stai.

Non parlare, non spiegare, non far entrare, sparire.

Meglio questo stato di apatica atarassia, del dolore.

Meno persone vedi, meno possibilità c’è che tu venga ferito.

Non che ci sia la fila alla mia porta, chiaro.

Chi c’era quando? Nessuno…

E quando? Nessuno.

Ah…

Forse dovrei lasciarmi andare solo un po’, sprofondare appena, cadere quel tanto che basta.

Vieni, dài, vieni giù.

Potrei riposarmi un pochino, ne ho bisogno.

Scendi, vieni qui. Niente più sveglie, niente più doveri, niente più è importante.

Niente, non voglio sentire più niente.

Mi siedo a cavalcioni sul muretto, una gamba fuori e l’altra dentro. Verso il nero profondo.

Poi le posiziono entrambe all’interno. Picchiettando coi talloni la bocca e osservando giù, nel fondo, l’oscurità.

Fai un saltino e scendi, vieni qui.

Sono già stata qui.

Perché non torni quaggiù?

Sono stata qui per mesi, nel buio. Quando niente era più importante.

Sono tanto stanca.

Scendi, vieni qui. Niente più è importante.

Ora, che faccio?

Vieni, dài, vieni giù.

È un periodaccio…

«CHE FAI A NATALE?»

Io non lo chiedo mai: «Cosa fai a Natale?» o a Capodanno.barbie-bastarda-che-fai-a-natale-ev

Il motivo è abbastanza semplice. Delle persone vicine, conosco perfettamente i programmi, degli altri, no. E non so se voglio saperne qualcosa.

Il periodo delle feste è un periodo strano.

Da bambini, lo amiamo tutti. Non solo perché ci regala due settimane di vacanza dalla scuola, ma – soprattutto –  perché, in una notte magica, un Babbo buono ci porta dei doni. Ci svegliamo la mattina e li troviamo lì ad attenderci. Magia!

Addobbiamo le nostre case con alberi e lucine, facciamo il presepe, le strade vengono decorate e diventano tutte più belle. Ci facciamo gli auguri, le famiglie si riuniscono, si mangia tanto e ci sentiamo pervasi da tanto calore umano e fratellanza.

Il periodo delle feste è un periodo strano.

Troppo corto per chi è felice, troppo lungo per chi viene preso dalla malinconia.

Che fai a Natale?

Sì, in famiglia, sì il cenone, sì i regali, però… Però non è più come prima. Però è cambiato tutto. E, durante le feste, questi cambiamenti dolorosi, pesano di più.

C’è la tavolata e ci sono troppe sedie vuote. Alcune sono state riempite con nuovi elementi che prima non esistevano nemmeno, ma quelle vuote, be’ quelle vuote sono quelle che fissiamo di più.barbie-bastarda-che-fai-a-natale-sedia

Forse perché a Natale ci si riunisce, forse perché dovremmo essere tutti felici e spensierati, forse perché abbiamo più tempo per pensare, forse perché non siamo presi dagli stress quotidiani, ci fermiamo, e realizziamo quel che ci manca e CHI ci manca. Forse per tutti questi motivi, – a volte – sotto l’Albero, troviamo anche un bel po’ di tristezza, intrisa di spirito natalizio.

E allora non lo chiedo alle persone che conosco appena, cosa facciano a Natale o Capodanno. Perché ho paura che pensino a quelle sedie vuote, o che siano sole, o che nessuno abbia pensato a loro né per un invito, né per un regalo.

Ce ne sono tante di persone sole e credo che, durante le Feste, si sentano tali ancor di più.

A me capita sempre…

Quindi non voglio che ci pensino, perché io ho chiesto loro dei loro programmi natalizi. Non voglio che tentino di giustificarsi se non ne hanno, che si imbarazzino o intristiscano a causa mia e delle mie chiacchiere di intrattenimento.

Non vorrei mai che fossero assaliti dalla malinconia, a causa mia.

In fondo, tra detrattori delle Feste, ci si deve aiutare…

La prossima volta, quando qualcuno vi porrà le tremende domande: «Che fai a Natale? Che fai a Capodanno?» rispondete come me che, anche se non ci crede nessuno, replico sempre con uno schietto:

«…Dormo».

 

 

«Assenza, più acuta presenza…»

A. Bertolucci

 

 

Alle sedie vuote…

I PRELIMINARI DEI PRELIMINARI: FASE AFFOLLATA

«Come va col tipo?»

«Quale?»

«Ah giusto, con te bisogna specificare…»

Sghignazzo e trangugio il mio Campari, al nostro solito tavolo del bar, mentre i quattro occhi davanti a me, mi fissano tra il divertito e il preoccupato.

È vero, con me bisogna specificare di quale “tipo” si parli…

Circa una volta l’anno – se sono fortunata anche di più – arriva quella che io chiamo la “Fase Pallottoliere”, denominata così perché è un periodo in cui, per tenere il conto degli uomini che mi ronzano intorno, occorre un pallottoliere.Barbie Bastarda (22)

L’apice l’ho raggiunto – non lo scorderò mai – nella primavera/estate del 2013, avevo a che fare con più di una ventina di uomini contemporaneamente. Ora, devo precisare che “l’avere a che fare” non comprende necessariamente uno scambio di fluidi corporei, anzi, per niente! Significa solo che questi gentiluomini orbitano dalle mie parti mentre io cerco di capire chi e se mi interessa davvero.

È divertente perché, appunto, quando le amiche mi chiedono «Come va col tipo?» devono puntualizzare quale sia il maschio in questione.

In questo momento sono in una Fase Pallottoliere composita, in quanto – oltre ai normali casini –  si è aggiunta la ricomparsa un bel po’ di fantasmi che davvero non volevo rivedere. Definizione di “Fantasmi”: persone che hanno fatto parte, a vario titolo, tempo fa della mia vita, con le quali ho interrotto qualsiasi tipo di rapporto civile e incivile (e ci sarà un motivo… ) che proprio non ci tengo a ristabilire (e ci sarà un motivo!!).

C’è uno spettro che non mi abbandona mai, a fasi alterne, ma comunque riesce ad essere una presenza costante e fastidiosa nella mia vita. Quando esco dalla routine, quando tardo o anticipo quei cinque minuti, lo vedo! È come un’enorme congiunzione cosmica che mi dice: «Appena sgarri, ti punisco!» Però mi chiedo sempre per quale caspita di motivo quello frequenti i “miei luoghi”, decisamente fuori mano rispetto a lui. Sa che potrebbe incontrarmi, perché farlo?? Sarà un “caso”?! Comunque è un cafone! Oltre che – chiaramente – un immenso PDM (= Pezzo Di…).

Mi vergogno tanto di provare un tale (ri)sentimento, ma non posso farci niente. Credo sia una delle persone che detesto di più al mondo, solo perché non me la sento di assegnare il primato. Ma, se dovessi farlo, forse lui sarebbe sul gradino più alto del podio.

La colpa non è totalmente sua, io sono stata una cretina ad avergli dato fiducia, due volte. Ok, la prima ci poteva stare, ma la seconda no! Lui è stato bravissimo a illudermi che non era più lo stronzo che avevo conosciuto due anni prima. È stato bravo per mesi, capite? Ci sarebbe cascata chiunque, forse.

Non riesco a perdonarmi e non perdonerò mai lui. Una meschinità così gratuita non è condonabile. Quasi un accanimento e quel che ho subìto l’ultima volta, non lo auguro nemmeno alla mia peggior nemica. Probabilmente in un’altra vita gli ho fatto qualcosa di veramente grave e ora si è vendicato. In questa non voglio rivederlo mai più.

Ma continuo a imbattermi in lui, “per caso”, lui continua a fissarmi e proprio non lo sopporto.

La prima volta che ci eravamo rivisti, lui mi sorprese con un caloroso:

«Ciao!»

Io l’ho fulminato col mio sguardo da SCUSA-COME-CAZZO-TI-PERMETTI-DI-RIVOLGERMI-LA-PAROLA-BRUTTO-STRONZO?!

Da allora, si limita a guardarmi. Comunque, ogni qualvolta lo incrocio, mi manda di traverso la giornata e anche quelle successive e, sì, detesto anche questo. È un gran cafone, no? Ma perché mi fissa??

Qualche giorno fa ha raggiunto l’apice della sua cafonaggine:

l’ho visto nel negozio di fronte al mio, trastullare un passeggino, mentre la compagna (cessissima, ovviamente!) curiosava in giro.

Cafoneee!!!

Cafone per essersi presentato sul mio posto di lavoro, cafonissimo per essersi presentato sul mio posto di lavoro con donna e prole al seguito e, soprattutto, ipercafone per aver procreato, sul serio! L’ultima cosa al mondo che l’umanità necessitasse, era che lui perpetuasse i sui geni! Era troppo! Fanculo al ti-ignoro-non-ti-ho-proprio-visto, dovevo dirgli che era davvero un megasupercafone!! Per tutti i motivi di cui sopra.

Mi sono avventata verso di lui come una furia, pronta a riversargli tutto l’astio accumulato, felice di sfogare finalmente la mia ira e, quando si è voltato a guardarmi – o, meglio, a guardare una pazza furiosa con la bocca aperta dalla quale stava per uscire un «TU! TU SEI UN…» – ho visto che lui… non era lui!!!

Cazzo di miopia! Cazzo di allucinazioni! E adesso che faccio?? A quell’ignaro maschio che stava per subire tutta la mia foga e che mi guardava costernato, ho posto l’unica domanda che – forse – mi avrebbe salvata da un’immane figura di cacca:

«Scusi, sa dirmi dov’è il bagno?»

Mica mi ha risposto, ha scosso la testa guardandomi perplesso e con gli occhi sgranati. Io gli ho mostrato i canini e ho fatto finta di andare via.

Sono totalmente pazza. Un giorno ci penserò e riderò, un giorno ci penserò e riderò …

Fortunatamente, l’Universo mi ha ricompensata facendomi rincontrare uno che, alla fine, mi sta pure simpatico.

Barbie Bastarda (42)È passato qualche anno e, come quando ci eravamo conosciuti, lui mantiene un aspetto che fa ballare l’hully gully ai miei ormoni. Ma, purtroppo, ora, finisce lì.

È che non mi diverte più, non trovo più interessante quel che dice e se uno non mi stimola intellettualmente, se la mia mente non si attiva, gli estrogeni poi smettono di danzare.

L’ormone sbava, ma il neurone asciuga.

Quella sera si è guadagnato – da parte delle mie amiche – il soprannome de “Il Fissatore” perché, niente, non riusciva proprio a staccarmi gli occhi di dosso… E io? Per buona parte del tempo, neanche me ne sono accorta. In effetti, ogni volta che mi voltavo verso la sua direzione, lo trovavo a rimirarmi, gli sorridevo per cortesia, ma finiva lì. Niente danza dell’accoppiamento, niente desiderio di rivederlo da soli, niente di niente. In una parola: “Intrombabile”!

Allora a cosa sarà servito rincontrarlo? Forse proprio a ricordarmi di quelle parole che mi aveva detto – anni fa – che avevo scordato e, magari, a reputarle vere, a credere un pochino di più in me stessa e nelle mie capacità. Forse…

Una delle frasi più belle della mia vita:

«Quando sorridi a qualcuno, lo hai già fregato. Con quella faccia hai il mondo ai tuoi piedi…»

«Sul serio lo pensi??»

«Perché non sai l’effetto che fai quando guardi qualcuno? Non fare la furba con me!»

La gente sopravvaluta di brutto la mia furbizia, la mia autostima e la percezione che ho di me stessa. Meglio così.

Tanto perché il destino infame vuole sempre essere in vantaggio su di me, dopo questo bel pareggio, doveva per forza riservarmi un gran colpo basso.

Grazie a Facebook e le dannatissime amicizie in comune, ho l’occasione di vedere non di rado un altro PDM con la “S” gigantesca. Ogni volta che lo intravedo cerco di ignorarlo, ma – in certi casi – la curiosità ha il sopravvento. Così mi sono ritrovata a contemplare una foto che lo ritraeva in dolce compagnia. Lui che sorrideva. Non dovrebbe essergli concesso sorridere, è un immenso bastardo e non dovrebbe ridere! Ancor di più, sono stata annientata dal commento che aveva avuto cura di lasciare, sotto quel bel quadretto:

«Sono fiero della MIA donna».

Ammetto che mi ha fatto effetto, sia la frase che il saperlo finalmente felice e libero dai demoni che lo infestavano.

Ora non dico che sono felice per lui, perché non sono né falsa, né così nobile d’animo, però… Però, però…

La verità vera è che, leggendolo, ho pensato che è proprio quel che desidero mi dica un uomo. Che sono la SUA donna, che è fiero di me e che lo proclami al mondo intero, senza pudore!

È questo quello che voglio. E quel grandissimo PDM me lo ha fatto capire. Stai a vedere che mi tocca pure ringraziarlo!

Naturalmente, nei giorni successivi, sono stata colta dalla “Sindrome della Cattiva Fidanzata” che si impossessa di te ogni qualvolta vedi un tuo ex con un’altra. Specialmente se invece tu resti zitella. Tale patologia ti fa partorire le più turpi paranoie e congetture che dimostrano in maniera inconfutabile quanto tu sia immeritevole e inadeguata. Perché se lui – lo stronzo manco-tanto-bello di cui fino al secondo prima non te ne fregava più una benemerita cippa lippa – ora è felice e accoppiato, mentre tu sei rimasta sola, è solo perché non sei abbastanza. Svariate varianti sul tema: abbastanza bella, intelligente, simpatica, alta, magra e via dicendo, arrivando ad una totale mortificazione personale che solo una donna come si deve riesce ad attuare.

Col tempo si guarisce. Io devo ancora guarire, ma fa niente. Col tempo si va avanti.

Sempre dalla medesima fonte del (a)social network, un’altra visione “casuale” di un altro Ex in vesti Carnascialesche.

Ora, se posso biasimare me stessa, non ne perdo mai occasione e, a quella vista, il commento delle Voci nella mia testa è stato: «BB, ma tu ti rendi conto che sei stata male per un Minion obeso??»

Esattamente. E pure tanto.

Devo anche sottolineare, che se lo stato di zitellaggine, ops! “Nubiliare” istighi le fanciulle a stare costantemente “in tiro” e curate, agli uomini, quello celibatario prolungato, viceversa, generi uno svaccamento smoderato. Ed era esattamente quel che era accaduto al tipo in questione, perché in effetti più che Minion, visto anche il colore, somigliava maggiormente a Homer Simpson.

E va be’, lo so, sono una stronza. Ma tanto lo sapevate già. E comunque ho detto – come al solito – la verità! (e poi lui se lo merita, ecco).

Ogni tanto mi viene in mente di organizzare una festa a sorpresa alla quale invitare tutti i miei Ex. Vorrei trovarmeli davanti e rivederli uno ad uno. Non so neanche bene perché e a quale scopo, però questa immagine mi diverte.

Io scenderei da una scalinata con un abito lungo con strascico e spacco, di una figaggine indefinibile – ovviamente – sorriderei e li saluterei con un affettuoso:

«Ciao, stronzi!»

Va be’, mica a tutti. A qualcuno «Ciao @€#¥£ğň!!!!»

Magari prima o poi lo faccio…

Ridiamo di cuore. Le mie amiche si divertono un mondo a sentire i miei racconti quasi surreali ed io, si sa, più a riferirli a loro che a viverli.Barbie Bastarda (29)

Sono talmente concentrata nel narrare le mie disavventure, al nostro solito tavolo del bar, che quasi non mi accorgo del segnale di pericolo che mi sta inviando il cervello, con la complicità della coda dell’occhio. La figura appena entrata mi ricorda qualcuno che una volta mi era molto familiare, un viso che ho accarezzato tante volte, ma, no. Non è possibile… Il mio cuore accelerato.

I dubbi me li devo togliere sempre e, con la vaghezza di cui solo le femminucce ben addestrate sono capaci, guardo di sfuggita per sincerarmi dell’identità dell’avventore appena entrato nel bar. Non ci posso credere: lui qui?? Ovviamente è l’ultimo “fantasma” che mi mancava all’appello. Dai non ci credo, è “Scherzi a parte!” Ma non lo è, nemmeno stavolta.

Universo, un giorno io e te dobbiamo fare un bel discorsetto…

«Oddio…»

«Che hai fatto??»

«Non potete neanche immaginare CHI è appena entrato…»

«Chi??»

Replicano la mia medesima mossa vaga e svelta e poi si voltano a bocca aperta verso di me:

«Che ci fa qui??»

«Beve, a quanto pare»

Proprio qui. A cinquanta chilometri da casa sua, nello stesso posto dove io l’ho portato diverse volte.

“Caso”, mi hai rotto abbastanza il caso…

«Visto?? Quando vi dico che l’Universo mi prende per il culo, mi dovete dare retta!! Che ci fa qui?? Perché mi capitano sempre queste cose?? Meno male che stavolta siete presenti, sennò non ci avreste creduto!!»

Annuiscono e mi guardano sbigottite, incapaci di replicare né di confortarmi. Nelle loro facce si legge un enorme: «Eccchecccazzo, però!»

«Mi porti un altro Campari, per favore?? Grazie!»

Devo continuare a parlare, altrimenti mi immobilizzo. So che mi ha vista, lo so. Siamo seduti rivolti l’uno verso l’altra e siamo consapevoli della nostra reciproca presenza disturbante, ma facciamo finta di niente.

Va bene così. Siamo entrambi consci che ci conosciamo,che abbiamo passato del tempo insieme, che ci siamo rivisti oggi “per caso” e che abbiamo scelto di ignorarci, per non guastarci la sacra bevuta. È perfetto.

Forse si è intuito, ma non sono una fan del “Rimaniamo amici”. Chiaramente solo verso coloro che hanno demeritato perfino il mio saluto. Magari non c’è un modo giusto per lasciare qualcuno, ma un comportamento sincero è sempre preferibile e, a posteriori, ci farà essere apprezzati per la nostra onestà.

Sparizioni, bugie, tradimenti & affini, non rientrano nei comportamenti apprezzabili.

A questo proposito mi viene in mente una risposta che diedi a uno anni fa:

«Dai… Rimaniamo amici…»

«Non credo che succederà…»

«Perché no?»

«Quando ci siamo conosciuti tu aspiravi a diventare un mio amico fraterno??»

«Be’ decisamente no!»

«Ci sentiremo, usciremo insieme, se avrò problemi ti chiamerò?»

«Be’… Magari… Non so… Poi vediamo…»

«Non succederà mai. Lo so io e lo sai tu. Quindi non mi dire “rimaniamo amici”, perché io un amico lo vedo, lo sento, ci

parlo. Che vuol dire “rimaniamo amici”? Che quando ci vediamo ci salutiamo? Ma se non ti vedo, non ti sento, non ti parlo, sai che cazzo me ne frega di salutarti quando ti vedo??»

«Lo vedi? Tu sei proprio una stronza!»

«No sono solo sincera!!! Io!!!»

E me ne andai a testa alta dalla sua vita. Adesso però ci salutiamo pure, visto che ho ragione?

Dov’ero rimasta? Quello mi ha fatto perdere il filo!! Ah sì, fantasmi e pallottoliere…

Fantasmi e presenze attuali. Uomini che a vario titolo si affacciano nella mia vita, alcuni ne diventano protagonisti, altri semplici meteore che magari, però, ricordo con affetto.

Quando sono sola e cerco di essere onesta con me stessa, provo a capire se nutro un sincero interesse per qualcuno o se, magari, è solo un apprezzamento e una sorta di “gratitudine” per le carinerie che mi riservano o, peggio, un modo per distrarmi per non vedere il vuoto che c’è.

Non è una prerogativa maschile, anche le donzelle hanno bisogno di un amico che le “intrattenga”. In maniera fin troppo semplicistica, qualcuno potrebbe chiamarlo “Trombamico”, troppo facile, appunto. C’è chi dice che le donne non sappiano scindere il sesso dall’amore, per cui –  una relazione meramente sessuale – sia impensabile; c’è chi lo smentisce categoricamente e poi ci sono le situazioni che non è possibile incasellare in una o nell’altra casistica. Io mi sento di appartenere a quest’ultima.

Che ne sa la gente di quanto ci si possa sentire soli? Che ne sanno di quanto si possa percepire una profonda solitudine anche accanto o sotto qualcuno?

È normale che ogni tanto si desideri un po’ di compagnia… Ma solo finché il dolore lenito non sia maggiore di quello procurato… Perché, sì, stai bene una sera, ma poi? E il giorno dopo? Nessuno lo sa come stai il giorno dopo. Tu sì.

Forse sono arrivata ad un’età che mi impone di ricercare altro e non il solo piacere fisico. È come quando vai per locali e discoteche per una vita, alla fine ti stufi, cerchi altro.

Ci sono, e tanti, quelli che molto delicatamente mi illustrano tutto ciò che vorrebbero farmi. Non mi eccitano né mi colpiscono. Molti pensano che sia frigida. Se per frigidità intendono che il mio corpo ormai reagisce solo ad uno stimolo intellettivo, completo e non solo alla vista, sì, lo sono eccome.

C’è chi, come “Il Dolce” mi ha ricordato come si comporta un maschietto per bene. O c’è altro? C’è chi, come “L’indeciso”, ha forse distratto il mio cuore per un po’. O c’era altro?

C’è chi mi ha detto una delle frasi più stupende e terribili che abbia mai udito:

«Se fossi mia, ti chiuderei in casa perché sarei troppo geloso…»

E chi continua riempirmi di complimenti per ammorbidire il mio cuore:

«Bellissima ragazza mora con uno splendido sorriso…»

Ma io cosa voglio? Chi è importante? Chi fa la differenza nella mia vita?

Quando resto sola e DEVO essere onesta con me stessa, mi accorgo che tutto questo, tutti questi, mi danno un effetto…tiepido. “Tiepido”. Detesto il tiepido in tutto. Sono un’istintiva, un’assolutista, passionale, selvaggia e incontrollata folle e il tiepido non mi appartiene. Rido di cuore, anche in maniera sguaiata, mangio e bevo di gusto, abbraccio con vigore, una tiepida stretta di mano, un tiepido abbraccio, un tiepido sorriso, un tiepido interesse, un tiepido bacio, no. Non fanno per me. Un tiepido sentimento mi ucciderebbe. I sentimenti, come le emozioni  – per definizione – sono scevri dalla razionalità, indi smodati, ridicoli, devastanti. La passionalità non può essere “con moderazione”. Tutto ciò che trascende la ragione, deve essere dotato di slancio, privo di controllo, senno, condizione. Il tiepido non ha nulla a che fare con tutto questo.

Ogni volta che mi sono accontentata del tiepido, mi sono sentita intrappolata e soffocata.

Perciò, ho attuato il comportamento, agli occhi di molti, più insano di tutti: preferire SEMPRE la solitudine, a tutto ciò che sia “tiepido”.

Quindi, alla fine, azzero il pallottoliere e chiudo i giochi. Game over. E resto sola – di nuovo – piuttosto che farmi bastare una tiepida presenza.

Sempre per questo motivo, posso affermare con assoluta certezza di essere follemente, incondizionatamente e totalmente innamorata di LUI. Perché il mio sentimento è privo di basi e raziocinio, fuori da ogni logica, da ogni ragionamento sensato, smodato ed estremamente ridicolo. Esattamente come mi sento quando mi trovo di fronte a LUI: ridicola.

LUI. Niente soprannomi, LUI è semplicemente LUI.

Guardo il telefono, rileggo il SUO messaggio: «Ciao, settimana prossima sono a Roma…»

La settimana è passata, ed io purtroppo non sono riuscita a perdere dieci chili come speravo. Cavolo!

LUI che vedrò domani. Sorrido e sorseggio assaporando il liquore corposo, ma pregustando il suo di sapore. Riesco anche a sentire il suo profumo e a vedere il suo splendido sorriso.

Sono così assorta, che, ancora una volta, percepisco in ritardo quello che sta accadendo. La figura che avanza verso di me. Forse non sta succedendo veramente… Sì, invece.

Sento un: «Ciao… Come stai?» ma non riesco a voltarmi e non voglio farlo. Sono paralizzata.

Lo ignoro. Magari funziona come con gli omini delle rose che, se non gli rispondi, poi se ne vanno.

Lui no, lui insiste.

«Come stai?» e mi sfiora il braccio. Mi volto e lo guardo, lui mi sfodera un sorriso dolce, io perdo il mio. Ciao, Fantasma!

Come sto? Ora ti interessa sapere come sto? Sono due anni che non sai come sto! Puoi solo immaginare come sono stata e ora diventi premuroso? Ma che cazzo vuoi?? Ti aspetti che ti saluti con slancio? Che ti getti le braccia al collo, in memoria dei bei tempi andati? Non riesco a rispondere e continuo a fissarlo… Lui mi incalza con un: «Ti ho vista adesso…» Bugiardo! Mi hai vista non appena sei entrato! Esattamente come è successo a me! Sei rimasto seduto con una finta paresi sul lato sinistro del corpo per evitare di incrociare il mio sguardo. Potevi pure guardarmi, sai? Non ti avrei detto nulla. Non ho più nulla da dirti. Tu ormai sei solo uno che una volta conoscevo…

Mi hai baciata e abbracciata, non so quante volte. Ho pianto per te e con te e ho visto i tuoi occhi lucidi. Hai ancora la collana che ho scordato a casa tua. Ho conservato per molto tempo la ricevuta di quella cena e mi hai detto tante di quelle bugie che non ti perdonerò mai. Poi mi hai cancellata in un attimo e neanche questo riesco a dimenticare.

Perché sei venuto qui? Non potevi continuare a ignorarmi? Perché hai voluto per forza parlarmi?

È una violenza, è egoismo. Avevi bisogno di affrontarmi, senza curarti del fatto che io non avessi il minimo interesse a farlo. È una violenza, è egoismo.

Ci fissiamo muti, ma con gli occhi parlanti, per degli interminabili istanti. Poi, finalmente, riesco a rispondere un secco e asciutto:

«Bene, sto bene. Grazie»

Sono strane le emozioni, comandano loro e tu non puoi farci davvero niente. Ti trovi “per caso” davanti a qualcuno e, in un attimo, ne provi talmente tante tutte insieme che aspetti solo che ne prevalga una per decidere come comportarti. È difficile quando ti imbatti in qualcuno a cui hai voluto bene, quello vero. Il primo istinto sarebbe quello di abbracciare questa persona, iniziare a ricordare quello che avete fatto insieme, ridere e magari dirle che le hai voluto bene con tutto il cuore e che una parte di te gliene vorrà per sempre. Ma poi… Senti un’altra emozione, soffocante, che ti ricorda che hai messo un muro, alto, invalicabile, costruito con mattoni fatti di fiducia mal riposta, svariate delusioni, lacrime, consapevolezza che forse quel bene profondo lo provavi solo tu… E in quel lunghissimo secondo capisci che non dirai null’altro che una parola di circostanza, veloce, squallida e detta senza sorriso, né sentimento. È la cosa giusta, non potevi dire altro, non meritava che dicessi altro. Lo sa molto bene perché ora ti comporti così. È giusto.
…Ma allora perché mi sento così di schifo?

Mi guarda con affetto, con una dolcezza che sa che merito, probabilmente in cerca di un cenno di assoluzione che, forse, non sono ancora pronta a concedergli.

«Mi fa piacere che stai bene…»

Annuisco. Esattamente come era accaduto con “l’Indeciso”, il galateo avrebbe imposto la contro domanda: «E tu come stai?» Ma non vedo l’ora di chiudere lì la conversazione.

Mi sorride un’ultima volta e si congeda con un: «Ciao…» non sono ben sicura di avergli risposto…

Come un’ulteriore, assurda coincidenza, sento distintamente alla radio:

«…now you’re just somebody what I used to know… »

Cerco di riprendermi.

«Che stavo dicendo?» avevo dimenticato di non essere seduta da sola. Loro mi guardano mute, incredule quasi più di me. Deve essere stata una gran scena, vista dal di fuori. Peccato che me la sono persa!

Mi assicuro di non essere più alla portata della sua vista e mi accascio sul tavolo.Barbie Bastarda (38)

«Oddio, mi manca il fiato!»

Ansimo. Il mio cuore accelerato.

«Cioè, hai visto il modo in cui ti guardava??»

«Allora non era una mia impressione…»

Loro parlano, io non riesco nemmeno a respirare…

«Comunque non si è regolato, come si è permesso di venire a salutarti?»

«Ma che dici?? Era il minimo che potesse fare! La incontra, dopo quello che le ha fatto e oltretutto non la saluta nemmeno??»

«Ha finto finora di non averla vista, poteva continuare!»

«Sarà stato anche imbarazzato! Gli ci è voluto un gran coraggio per venire qui!»

Loro continuano, io mi chiedo quale sia davvero il comportamento “giusto” e non riesco a rispondermi. Ero sconvolta per il solo fatto di averlo visto, ma ora… Non si può descrivere come mi sento.

Qualcuno mi diceva: «Il passato è bello perché è passato!» ma è difficile quando continua a riproporsi. O si ripeterà finché non imparerò qualcosa? Una lezione? Di una sono certamente consapevole: tornano TUTTI.

Poi, inevitabilmente, considero quanto sia terribilmente triste che, una persona alla quale hai voluto bene, ora ti crei un incredibile disagio. Che, piuttosto, desideri non vederla né parlarle mai più. “Mai più”. Due parole che insieme mi fanno davvero paura. A quanto, il rancore che ti porti dentro, sia nocivo e tossico e ti distrugga lentamente.

È giusto così? O si deve subito perdonare e dimenticare? Ma tu ci riesci sul serio…? E perché mi capitano tutti stronzi patentati? È colpa mia? È colpa mia. È colpa mia…

Balbetto un:

«C’è qualcosa che non va in me…»

«In teee??? Sei mattaaa??»

«Tesoro, sei solo sfortunata!»

«No… Io non… No… Non ce la faccio…»

Forse non sono così folle a preferire la solitudine. Forse siamo completamente folli se decidiamo di rivivere tutto questo.

Devo vomitare.

E domani vedrò LUI. LUI che amo e che mi fa sentire ridicola.

LUI.

No. Non ce la posso fare…

 

 

«I’ve kissed your lips and held your hand

Shared your dreams and shared your bed

I know you well, I know your smeel

I’ve been addicted to you…

Goodbye my lover, goodbye my friend…»

J. Blunt

«Restare aggrappati alla rabbia è come tenere in pugno un tizzone ardente per lanciarlo contro qualcuno.

Chi si brucia sei tu».

Buddha

 

Ai miei “fantasmi”,

io vi lascio andare, fatelo anche voi. Grazie…

I “Preliminari dei Preliminari” I Parte QUI

I “Preliminari dei Preliminari” II Parte QUI

I “Preliminari dei Preliminari” III Parte QUI

I “Preliminari dei Preliminari”Saga Completa QUI

 

I PRELIMINARI DEI PRELIMINARI: FASE AVARIATA

«Che cosa hai fattooo??»

Ecco, poi si lamentano quando non racconto loro le cose! Ma è normale che lo faccia, subito parte un terzo grado che mi fa rimpiangere la maturità e ho detto tutto!

«No, non urliamole contro sennò si blocca e non ci dice più niente»Barbie Bastarda (34)

Mi conoscono proprio bene, non c’è che dire.

«Ci dici per favore cosa è successo? Cosa TI è successo?? Come sia possibile che TU abbia fatto tutto quello che hai fattooo?? Non è da te!»

«Mi porti un altro Campari, per favore?»

«Brava, bevi così poi ci racconti…»

Uff… “Non è da me”, in questi giorni sto riflettendo su questa frase, in effetti l‘ho usata anche io su me stessa. Ma poi chi lo dice quello che è “da me” e quello che non lo è?? Però, in verità, comportarmi non in maniera abituale mi è piaciuto, parecchio pure. Mi sono sentita viva, mi ha risvegliata. Forse è questo il famoso “cambiare strada per vedere nuovi paesaggi”. Già. “Non è da me”. Eppure lo rifarei, eccome se lo rifarei e ha scatenato una serie di eventi che non avevo proprio previsto, ma dei quali avevo bisogno. Perché…

Oh ecco il bicchiere della mia salvezza,

«Ci dici cosa è successo? E non uscirtene con il tuo solito “Io non ho fatto niente”!»

«Ma io non ho fatto niente, davvero! Io sono vittima degli eventi!!»

È la mia battuta preferita, adoro pronunciarla. Ma niente, vogliono sapere tutto. Eppure, parzialmente, ho già confessato. Nella nostra chattina di WhatsApp, appena commesso il fatto, ho mandato loro dei maialini abbastanza esplicativi. Loro giù domande e qualcosa ho dovuto scrivere, sennò me le trovavo sotto casa.

Ah ovviamente hanno provato anche a chiamarmi, ma non ho mai risposto e mi sono data latitante per giorni interi.

Oggi mi tocca, devo confessare per bene.

Iniziamo…

Avete presente quando siete in vacanza, conoscete qualcuno di zona, instaurate il classico filarino estivo e poi decidete – una volta rientrati – di rivedervi? Capita che ci si incontri una o due volte, tanto per illudersi di essere ancora in ferie e poi tendenzialmente si torni alle proprie vite.

Io? Ma scherzate?? Sono troppo asociale e stronza per fare queste cose. Anche per questo, quello che sto per dire, è stato giudicato “Non da me”… È successo a una mia amica. Per la prima uscita post vacanze, hanno preferito non essere soli. Lui ha detto che avrebbe portato due compari, giusto per non farla sembrare proprio un’uscita a quattro e lei ha deciso di portare me, l’unica che poteva tener testa a due uomini, mentre lei si spupazzava l’amore estivo.

Questo è esattamente quello che è accaduto. I due piccioncini tubavano, mentre io cercavo di destreggiarmi tra due ometti parecchio diversi tra loro. Uno notevolmente figo, ma che non ero riuscita ad inquadrare bene e l’altro brutto e antipatico. Ecco. Magari non sei bellissimo, ma è piacevole parlarti, capita spesso. Prediligo di gran lunga questa compagnia a quella dei figoni mononeuronici. Invece no, questo oltre ad essere cesso era anche irritante e fastidioso.

Ero riuscita a non rispondergli parecchio male per tutta la sera – per evitare di presentarmi subito – mentre l’amico interveniva poco, ma senza mai dire una parola fuori posto, finché il cesso non ha deciso che doveva proprio dirmi quel che pensava di me. Ammiro le persone che hanno la supponenza di giudicare tutti dopo pochi minuti, la presunzione di sapere esattamente, e senza appello, chi sei, quali siano i tuoi problemi e le tue mancanze. Se non mi stessero così sulle palle, li ammirerei tantissimo.

«Quelle come te sono odiose!! Se la tirano, sono altezzose, acide e non te la danno mai! Le detesto quelle come te!» L’ho lasciato continuare, per vedere quante riuscisse a tirarne fuori. Quando mi sono scocciata, neanche la soddisfazione e il tempo di replicare con un: «Dubito che ci sia qualcuna disposta a dartela, non necessariamente “come me”» e, soprattutto con un: «Quelle come me, quelli come te li mandano affanculo!» che il figo ha bloccato il vomito di improperi da parte dell’amico che gli sedeva a fianco. Prima mettendogli una mano sul braccio, poi con un’occhiataccia e poi con un perentorio: «Basta! Smettila!» Giuro che ho pensato che lo picchiasse e credo di aver sperato che lo facesse. Poi ha risposto a quel che diceva lui guardando fisso me negli occhi.

«No, non è così. Lei è dolcissima…» E con quel solo gesto e quelle parole mi ha conquistata.
Non so come riescano certe persone a guardarti così bene dentro e a scorgere la tua intima essenza. Lui ci è riuscito subito. A poco sono valse le mie deboli proteste:

«Dolce io?? Tsè… Ti sbagli non lo sono affatto. Non farti ingannare dagli occhioni da cerbiatta… »

Mi guardava sorridendo con quell’aria insopportabile da «Sì, sì, come no» odio quando lo fanno!

In quel preciso istante ero pure consapevole di tutto quello che sarebbe successo dopo. Anche se non era “da me”.

Per il resto della serata, abbiamo scordato che ci fossero anche gli altri tre. Eravamo lui ed io, le nostre parole e i nostri sguardi.

A fine uscita, si è concretizzato quello che sapevo sarebbe successo:

«Ti va di farci un giro?»

«Ehm…»

Le voci nella mia testa – ovviamente – avevano aperto una conferenza:

«Scusa, ma dove vaiii??? Neanche lo conosciiii!!»

«Sììì!! Andiamo! Andiamo! Che mi sta così simpatico!»

«Uhm non mi convince molto…»

«A me sì! È figo, dolce e simpatico! Ma che vuoi di più?!»    

«Sì, certo che mi va… »

Ammetto che provavo un discreto disagio. In effetti non era comportamento “da me” andarmene in giro di notte con un tizio appena conosciuto e anche lucidamente consapevole di dove mi avrebbe condotta e perché, ma mi sentivo così bene…

«Perché hai detto che sono dolce? Io non sono dolce!»Barbie Bastarda (14)

«Ma piantala!»

«Ero dolce, una volta, ora ho solo un sacco di dolcezza andata a male… »

«Ma qualcuno ci crede davvero quando lo dici?»

«Certo, perché è vero! Non capis…»

Mi ha chiuso dolcemente la bocca con un bacio.

«E se stasera non ti riporto a casa?»

Di nuovo, l’assemblea nella mia testa:

«Che cosaaa??? Ma che diceee?? Ma non sarai così folle da andarci, vero?? Neanche lo conosciiii!!»

«Sììì!! Andiamo! Andiamooo!!»

«Ma poi contravvieni alla regola aurea del non concederti subito!!»

«Ma che ci fregaaa!! Per una voltaaa!! Si vive una volta sola, ecco!! E poi abbiamo visto dove ci ha portato fare sempre le brave ragazze!!»

Mi aveva smascherata, tanto valeva mostrare la mia vera natura e farmi coccolare:

«…Però se dormiamo insieme mi devi abbracciare tutta la notte… »

«Che cosaaa?? Tu gli hai detto una cosa del genereee?? TUUU??»

Uffa! O racconto o mi interrompete! Senti che commento del cavolo, poi! Come se io fossi un’algida, insensibile, fredda, stronza! Lo sono, ma mica sempre!

«…certo che ti abbraccio. Era mia intenzione stringerti tutta la notte…»

Ed è esattamente quello che ha fatto.

Ecco, ho confessato, ora sapete tutto. Che “Non è da me” fare certe cose l’ho già detto??

Che mi è strapiaciuto tutto, anche??

Niente “Preliminari dei Preliminari”, niente studio, niente congetture, niente paranoie. Possibile sia così semplice e senza stress? Sì, fantastico!

E poi cosa è successo? Vi chiederete voi…

Quel che era abbastanza prevedibile…

A volte esiste un tacito accordo secondo il quale due vite sono destinate ad incrociarsi per un brevissimo e intenso istante, poi ognuno riprende la propria come se nulla fosse e come se non fosse mai successo.
Un tacito accordo secondo il quale è meglio non sentirsi è meglio tornare sconosciuti. È sicuramente più semplice.

Col cazzo.

La logica, l’esperienza, i precedenti pessimi incontri, mi avevano fatto pensare che non ci saremmo visti, né sentiti, mai più, perché è così che vanno queste cose. Perché lui aveva già ottenuto il risultato, io ero una sgualdrina che si era concessa subito, quindi che motivo c’era di mantenere un rapporto? Questo è quello che mi aspettavo.

Quello che assolutamente non mi sarei mai aspettata, è stato quello che, effettivamente, è successo dopo.

DOLCEZZA. Questa sconosciuta.

L’aver raggiunto l’obiettivo, non gli è bastato per sparire ed evitarmi, per niente.

Ci tiene a scrivermi, a chiamarmi, a darmi il buongiorno, a vezzeggiarmi, tutti gesti ai quali non sono affatto abituata.

Mentre io mi chiedo: «Che succede?» cercando di capirci qualcosa. Possibile che non sia il solito stronzo che sparisce il giorno dopo? Possibile che sia realmente interessato a me?? Possibile che avverta l’esigenza di sentirmi, che non si scordi di me nonostante non ci siamo più visti?? Possibile che gli manchi davvero?? Possibile, sennò non avrebbe senso continuare a mantenere un contatto, no? Boh!

Ma è davvero possibile?

DOLCEZZA. Questa sconosciuta.

Triste verità: siamo diventati talmente cinici e disincantati, da guardare con diffidenza spontanei gesti di dolcezza. Cercando ad ogni costo la fregatura, ponendo resistenza a oltranza e scoraggiando i portatori sani di gentilezza. Per fortuna c’è ancora chi non si arrende e cerca in ogni modo di scavalcare il nostro muro…
Vorrei… Ehm… Potrei quasi abituarmi alla dolcezza… Quasi… Ma non so se lo ammetterò mai…

Forse avevo bisogno di questo, di capire che uomini carini e gentili ne esistono ancora. Perché non dargli una possibilità?

Mentre io mi nascondo dietro il mio bel muro, lui si sporge dall’alto per tirarmi fuori a suon di gesti amorevoli che non contraccambio per intero. Non che lo tratti male, intendiamoci, anzi! Però se lui è a livello dolcezza dieci, io mi assesto sul sei, appena sufficiente. Non ce la faccio, capite? Ho pau… no, che dico? Sono diffidente, sì. Poi quando mi sciolgo rimango sempre fregata, quindi è difficile farlo. Nonostante questo, lui continua…

E, lo ammetto, anche se fingo di non accorgermene, ogni tanto mi chiama “Amore”…

«Io non mi stupisco tanto del fatto che lui ti chiami “Amore”, rimango basita che TU glielo permetta senza ribellarti! Ma non è che glielo dici pure tu??»

«No, va be’! Adesso non esageriamo!»

«Ah ecco, ora ti riconosciamo…»

Ecco, senti che altro commento del cavolo! Come se io fossi una specie di aliena incapace di “Amoare” qualcuno.

Amore. Io ho molto rispetto della parola “Amore”. In realtà ho un assoluto rispetto (timore) dell’Amore in generale.

Per questo credo che il termine “Amore” sia troppo abusato. Ci si chiama “Amore” tra amici, amiche, si dice “Ti Amo” con estrema leggerezza. Non chiamo i miei amici “Amore” e non dico loro che li amo, anche se in realtà amo più loro di qualsiasi uomo. Perché penso che se un giorno riuscirò a chiamare qualcuno “Amore” lo sarà veramente, Il mio “Amore”. E quindi avrà maggior significato visto che ne ho fatto un uso così parco.

Eppure una volta c’è stato un Lui che chiamavo Amore, tempo fa. Così intenso, ma così breve, da non aver avuto neanche il (dis)piacere di presentarlo alle amichette. A dimostrazione della mia devozione, un episodio del quale non vado per niente fiera, ma che prova che anche le migliori possono sbagliare. Ricordo perfettamente il giorno in cui arrivai al bar con un tremendo nuntio vobis:

«Ragazze ho fatto una cosa per la quale potrete prendermi in giro per il resto della vita…»

Loro hanno sgranato gli occhi, incuriosite e ansiose:

«Che hai fattooo??»

«Ehm… ho fatto quella cosa… quella… ehm… quella, dai! Quella cosa del telefono… due… chiamate… gratis… Ehm… Dai, quella lì!»

Continuavano a fissarmi come se non avessero proprio idea di cosa stessi parlando. Stronze. Avevano già capito, ma – niente – dovevamo proprio sentirmelo dire!

«You & Me!! Ho fatto You & Me con LUI! Questa cosa da “coppia” così facciamo pucci pucci gratis per telefono!!  Ooohhh, l’ho detto!!»

Ero totalmente presa da uno, tanto da fare questa cosuccia da fidanzatini adolescenti  e pure alla Tim lo sapevano. Che vergogna.

Ero proprio innam… va be’ quella cosa lì. Cotta e stracotta, ridotta a fare «Attacca tu, no attacco io» per telefono, tanto è gratis.

L’atroce beffa è che ho ancora quel numero come “preferito”. Il motivo? Ti chiedono cinque euro per cambiare la scelta del candidato, capito? Quanto costa un’umiliazione? Cinque euro. E poi non ho aspiranti “You” da inserire, quindi – per il momento – mi tocca tenermelo.  Gli amori passano, le tariffe restano, che mestizia!

Comunque è stata l’ultima volta che mi hanno sentito chiamare “Ammmoooreee” qualcuno.

Un anno e mezzo di aridità sentimentale, passato a dire sistematicamente «No!» a qualsiasi tipo d invito.

«Ti andrebbe un…»

«No!»

«Posso offrirti un… »

«No!»

«Ti va se qualche volta ci…»

«No!»

Un anno e mezzo di rassegnazione: «Ho chiuso coi sentimenti, basta. Tanto va sempre tutto male e io sto bene così… Da sola…»

Finchè un giorno, dopo svariati mesi passati così, una delle voci che abitano la mia testa si era fatta portavoce di tutte le altre per affrontarmi:

«Senti, noi ti dobbiamo dire una cosa… E, dopo che te l’avrò detta, tu negherai e protesterai, però non possiamo più fare finta di niente. Senti… Mi sa che questo ci piace…»

«Ma nooooooo…»

«Tanto sapevamo già la risposta, sei prevedibile e noi ti conosciamo bene, ma tranquilla non lo diciamo a nessuno».

“Questo”, l’ultimo, ve lo ricordate? Lui mi piaceva tanto, ma tanto. Generalmente la quantità di interesse che provo nei confronti di una persona è direttamente proporzionale al numero dei MAVVVAFFA che mi fa pronunciare. Lui… Lo adoravo!! Finché non ho pronunciato quello definitivo e per me il caso si è chiuso.

Lui ha continuato a mandarmi qualche messaggio saltuario. Capito?? Che me ne faccio di qualche messaggino ogni tanto?? Ma non sa chi sono io?? Io sono l’inventrice della “Teoria della Pagotta” checccazzo! Basta briciole, vogliamo la PAGNOTTA!! Continuava a propinarvi bocconcini e io ho detto basta. Sono stata brava, no?

Potrei fare l’elenco di tutte le cose carine, e sono tante, che ha fatto per me. Le ricordo tutte. Però non mi bastavano, voglio sicuramente di più e lui non poteva o non voleva darmelo. Pazienza. Nonostante questo, sento di volergli bene, tanto, non potrebbe essere altrimenti. Ma bene e basta. Sul film romantico che ci vedeva protagonisti, sono definitivamente scesi i titoli di coda. E forse non saprò mai se l’avevo interpretato solo io o anche lui.

Ok, ok, non li posso chiamare tutti “Lui”, questo è “Un-passo-avanti-cento-indietro”AKA “Non-lo-so-manco-io-quello-che-voglio”AKA “Oggi-ti-amo-domani-scusa-chi-sei”  o, per semplicità, “L’Indeciso”.

L’altro lo chiameremo “Il Dolce”, ok? Perfetto! In fondo i soprannomi sono il mio forte.

Hanno ascoltato con attenzione tutto il racconto, ora arrivo il momento in cui mi dicono la loro. Sono pronta.

«Comunque è bellissimo quello che ti è successo, lui è carinissimo, io gli darei una possibilità!»

«Non era previsto… Non è… Non lo so!»

«Scusa, cos’hai da perdere?»

Eccola qua, la domanda più insidiosa e stronza del mondo. La risposta non è “Niente”, la risposta esatta è: ho da perdere quei quattro, cinque grammi di fiducia in me stessa e nel genere umano che mi sono rimasti; ho da perdere, per l’ennesima volta, l’illusione che certe volte le cose non sono complicate, ma funzionano da sole; ho da perdere nuovamente il sorriso ritrovato; ho da perdere quelle tre, quattro file di mattoni che ho tolto dal mio muro al “Dolce”, con il timore che, se va male, stavolta non lo abbasserò davvero più per nessuno. Ecco cos’ho da perdere.

«…Tanto c’è da perdere…»

«Sì, ma per una volta potresti anche guadagnare un briciolo di felicità, non ci hai pensato?»

Cazzo, mi danno sempre queste risposte ad effetto che mi destabilizzano.

Stritolo con i denti la cannuccia e alzo gli occhi.

Agrodolce

Al nostro tavolo del bar, una mia amica fissa il vuoto pensierosa:

«Cos’hai?» le chiedo «Ti ho annoiata, vero?? Lo so che poi vi ammorbo, stilo paranoie, congetture e vi sfinisco!»

«No, non è quello…»

«Allora cos’hai?»

È pensierosa e un po’ imbronciata, mentre si gira con le dita la fedina che campeggia sull’anulare sinistro.

«Pensavo solo che… la tua vita è così eccitante, la mia ormai… abbastanza monotona…»

Sorrido e, senza neanche fermarmi a pensarci, replico:

«Eccitante?! Io mi diverto più a raccontarle a voi queste cose che a viverle. La tua vita non è affatto monotona, tu hai la felicità vera, vuoi mettere?»

Mi guarda e mi sorride. Deve essersi ricordata che è vero, è felice e appagata e il mondo qua fori è tutto fuorché eccitante.

Missione compiuta: ho soddisfatto la loro curiosità e fatto tornare il sorriso ad un’amica. Ora posso anche congedarmi.

«Ragazze io vado via…»

Ho bisogno di schiarirmi le idee e stramene un po’ da sola. Inforco gli occhiali da sole e la strada verso casa, a testa bassa, mirandomi il tacco dodici. Inizia a fare freddino, se fossi una di quelle donnine melense, direi che vorrei essere scaldata da un suo abbraccio, come è già successo:

«Ho tanto freddo…»

«Ti scaldo io…»

Cavolo non riesco a smettere di pensarci, ma…

«Ciao!»

Alzo la testa. No, non è possibile!!

Gli uomini hanno un talento incredibile nel ricomparire nella tua vita quando sanno che non li pensi più. Come ci riescono?? Hanno un radar?? Qualche neurone fa la spia?? Ma come è possibile??

Colui che occupava i miei pensieri in maniera costante, che mi ha fatto passare ore intere a rimuginare sui suoi comportamenti, mi si palesa davanti e io quasi non me ne accorgo. Signori, “L’Indeciso” è qui!

«Ciao…»

«Come stai?»

«Bene…»

Si aspettava un «E tu?» Lo so che se lo aspettava. E a me non va di chiederglielo, ok??

«Si vede… Ti trovo bene…»

«Grazie… Ehm… Scusa, devo proprio andare…»

Abbozzo un sorriso, abbasso la testa e riprendo la mia strada. Niente, non ho più niente da dirti, avrei voluto, avrei sperato, avrei pensato, ma i condizionali non fanno proprio per me…

«Mi manchi…»

Mi volto a guardarlo, ho capito male, ho sognato sicuramente. Lui mi fissa serio. Ho immaginato tutto, non c’è dubbio, ma lui continua a scrutarmi aspettando un mio gesto. L’avrà detto davvero? Come se leggesse il mio pensiero lui risponde:

«Davvero, mi manchi tanto BB…»

Quanto dura un secondo? Ovvio, un secondo. Ma, a volte, può sembrare interminabile e in quel solo secondo una miriade di pensieri mi scorrono nella testa.

Ti rendi conto di quanto tempo ho passato sperando in una frase del genere?? In un qualcosa che mi facesse capire che il tuo interesse verso di me era reale e non solo una creazione della mia testa?? Quanto ho aspettato che ti esponessi di più?? Poi dico “Basta!” e tu mi dici che ti manco?? Poiché ora mi hai persa e non ci sono più?? MA PERCHÉ CAPITA SEMPRE COSÌ???

Lo fisso incapace di replicare, non so neanche cosa dire, alla fine un flebile mugolio balbetta un:

«…grazie…»

Che risposta è “Grazie”?? Va be’, mi è uscita questa, mi volto e me ne vado quasi correndo.

Quando lo racconterò alle mie amiche, non ci crederanno.

Arrivo fino a casa completamente confusa, ma sicura della scelta che ho fatto. Caso chiuso, cuore anche. Non posso tornare ad essere una bambolina in preda delle emozioni, manovrata da lui e i suoi umori. Non posso più permetterlo.

Tante immagini sono comparse nella mia mente, “L’indeciso”, contrapposto al “Dolce”, ricordi, speranze, delusioni, tutto insieme, tutto e troppo. Ho pensato troppo. Ho ignorato perfino lo squillo ripetuto del telefono.

Prendo coraggio e lo guardo. TRE messaggi.Barbie Bastarda (35)

“Il Dolce” dice: «Mi manchi, ti voglio vedere, domani sono da te» Che carino!!

“L’Indeciso” risponde: «Spero di rivederti presto…» Ovviamente non prende mai posizione e si affida al “Caso”!!

E poi LUI: «Ciao, settimana prossima sono a Roma…» …Oh Cazzo!!

Devo vomitare…

 

 

A TE: ho poche certezze nella vita,

ma una di queste sei tu SISTER! Ti lovvo!!

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SE MI LASCI, PIANGO (E POI TI UCCIDO…)

Lei sta piangendo…

Piange perché lui l’ha lasciata?

Piange perché vorrebbe lasciarlo?

Piange perché lui non vuole lasciarla?

E lui che fa?55528-1

Qualcuno ha distinto i due sessi tra sesso debole e sesso forte. Non ci è dato sapere se fosse riferito alla forza fisica o a quella emotiva, col tempo abbiamo dato per scontato che fosse un insieme delle due componenti.

Poi ci siamo resi conto che, a volte, i più deboli sono proprio gli uomini e i fatti che ci dimostrano ciò, sono molteplici.

Quello che porta a relazioni distruttive, nocive e perfino letali è la debolezza caratteriale e, soprattutto, la mancanza di Amor proprio.

Il problema è che troppo spesso pretendiamo che un’altra persona ci risolva la vita e, se questo viene meno, ci sentiamo più delusi e tristi di quanto non fossimo già. Ma, se gli eventi non possiamo controllarli, cerchiamo di farlo con le persone, facendo leva sull’affetto che nutrono per noi, sul senso di colpa, per far loro continuare a soddisfare i nostri egoismi. Solo NOSTRI. Chissenefrega cosa è meglio per loro…

Credo di non aver mai detto a nessuno «Non te ne andare» e per questo mi sia meritata una fama di anaffettiva e insensibile. È curioso, dal momento che non ho mai conosciuto una persona più sensibile di me…

Ho pianto di dolore, da sola, in solitudine, per qualcuno che se ne andava o che allontanavo. Non ho mai fatto leva sul mio piangere per trattenere qualcuno. Mai.

Io, e le poche come me, rappresentiamo una percentuale infinitesimale delle donne, le quali – troppo spesso – attuano comportamenti opposti. Piangono, minacciano di suicidarsi, ricattano, tutto pur di tenersi il loro uomo.

E la maggior parte delle volte ci riescono pure…

Complimenti! Sei riuscita a tenerti un uomo che non ti vuole. Complimenti vivissimi! Trovo avvilente, umiliante e degradante, in quanto donna, il ricorso a questi mezzucci.

Trovo penoso, che ci siano uomini che si immolano in nome di un ricatto morale o materiale:

«Non posso lasciarla, lei è debole, lei non potrebbe sopportarlo, lei poi non mi fa vedere i bambini, lei poi mi prenderebbe tutti i soldi…»

Lei meriterebbe di essere amata, magari. Possibile che proprio lei per prima non se ne renda conto?

Questo dimostra come l’Amor proprio debba necessariamente essere alla base di qualsiasi tipo di rapporto. Quando questo latita, non si possono costruire relazioni sane.

Queste donne dimostrano di non averne affatto, così come gli uomini che le assecondano. Non la ami più? Sei innamorato di un’altra? LASCIALA.

Alcuni lo chiamerebbero “egoismo”, ma quando si tratta di legami sentimentali che dovrebbero essere spontanei e stretti da un sentimento sincero, occorre essere egoisti. Parlo di egoismo sano, di persone consapevoli, di persone che non ricercano l’affermazione di sé attraverso quello che gli altri danno loro o che, viceversa, sprofondano nell’abisso se questo viene meno. Occorre seguire solo il proprio cuore che tende al nostro benessere. È la soluzione preferibile per il bene di tutti.

È inaccettabile, lo so. Il pensiero che improvvisamente (perché “fino a ieri andava tutto bene…”) una persona non ci voglia più è straziante. Come sono strazianti tutti i ricordi, le abitudini e tutti i pensieri sempre presenti nella mente. Ma è mooolto peggio, essere legati a chi non ci vuole e coltivare un amore malsano per paura della solitudine.

La paura, l’insicurezza, l’ossessione, ci porta, troppo spesso, ad un perenne stato di infelicità.

«O lui/lei o nessun altro/a» frase bellissima e straziante allo stesso tempo. Tu ci sarai sempre, a prescindere da chi sarà al tuo fianco e devi volerti così bene da non sprecare la tua vita a sperare in un ritorno.

Ti-Amo-da-Vivere-le-T-shirts-per-la-Giornata-Mondiale-contro-la-Violenza-sulle-Donne-638x425Sarebbe fantastico se ti dicessi «Ti aspetterò tutta la vita» sarebbe terribilmente romantico dirlo e sentirselo dire e non conosco nessuna donna, me compresa, che non abbia concesso molteplici possibilità. Sarebbe perfetto. Ma non sarebbe giusto verso noi stessi.

Amiamoci, amatevi e allontanate tutto ciò che non riconduca ad un sentimento semplice, pulito e sincero.

E abbiate SEMPRE rispetto di chi amate e soprattutto di chi non amate, tanto da liberarlo e lasciargli la possibilità di perseguire una felicità che voi non potete dargli.

Infatti un’altra pratica in cui donne e uomini, ultimamente, stanno eccellendo, è quella di trattenere legate a loro persone che non vogliono veramente.

Siamo degli esseri insicuri e bisognosi, cosa c’è di meglio per il nostro fragile ego di avere qualcuno che ci adora? Chissenefrega se a noi di queste persone non importa. Non voglio stare con te ma ti cerco; non ti amo, ma non ti lascio andare.

Tutto questo non è sicuramente Amore che, per definizione, è il sentimento più puro e disinteressato che si possa provare nei confronti di un altro essere umano e che si può concretizzare in un’unica frase: desiderare la sua felicità. La SUA, non la nostra. Amare davvero qualcuno significa lasciarlo libero, di scegliere, di sbagliare e di essere perfino felice senza di noi.

La frase «Non posso vivere senza di te» per quanto possa sembrarci romantica e sdolcinata, rappresenta un’implicita contraddizione. Innanzitutto il soggetto è “Io” e noi, popolo di egoisti, mettiamo l’altra persona nella condizione di dover soddisfare, ancora una volta, un nostro bisogno. Solo nostro.

Tutti quelli che ho descritto, rappresentano dei comportamenti che, ormai, siamo purtroppo abituati a vedere. Ci stupiamo quando due persone riescono ad essere abbastanza mature ed equilibrate da lasciarsi senza ricatti o melodrammi, senza conseguenze, senza guerre. Ci stupiamo!

Ci siamo addirittura abituati a veder compiere atroci atti di violenza nei confronti delle donne, di una diffusione così allarmante da dover coniare un neologismo: femminicidio.

Perché l’insicuro privo di forza, degenera nell’essere ignobile che non definirò “Uomo”, ma merda umana, ma non nell’affettuosa accezione di “stronzo”, proprio merda umana che galleggia nelle fogne, ovvero degenera nell’uomo che ti mette le mani addosso. Ma bada bene! Non è una cosa che vuole fare! L’hai portato tu a farlo che cazzo! Come potergli dare torto?

Quando una donna è forte, quando si ama abbastanza da non accettare nulla che sia inferiore alle sue aspettative, quando dimostra di rispettare chi ha al suo fianco, troppo spesso – per questo – viene punita dal sesso forte. Infatti gli uomini difficilmente piangono, molto spesso agiscono verso quelle donne che hanno osato ribellarsi, dire «Basta!» o esercitare il loro diritto di chiudere una relazione.

Non ho la competenza necessaria per trattarne e temo che parlandone potrei in qualche modo svilire l’argomento, perciò mi fermo qui.

Rubando la definizione a un conoscente, questi uomini li definirei solo “impotenti”, ovviamente non nell’accezione meramente sessuale del termine. In questo caso rappresenta la presa di coscienza della loro mancanza di potenza, e di supremazia, nei confronti della donna.

«O con me, o con nessun altro» Sembrerebbe romantica anche questa frase. Il pensiero che una persona ci voglia così tanto e solo per sé, non è fantastico? No, non lo è per niente.

Lasciatemi essere impopolare, ma troppo spesso uomini e donne vanno incontro al proprio aguzzino come Cappuccetto Rosso nel bosco, perpetuando uno stato di infelicità permanente. Finché non prenderanno coscienza di tutto ciò che OGGETTIVAMENTE è sbagliato, continuerà a succedere.

Se non hai libertà, non è Amore.

Se ti fa piangere, non è Amore.

Se non è presente, non è Amore.

Se non la/o ami, non è Amore.

Se ti tocca in qualsiasi modo tu non voglia, non è Amore.

Se ti lascia, non è Amore.

E ognuno di noi merita AMORE.2013_11_02_scarpa-color

Piangi, disperati, isolati, ubriacati e amati davvero. Dopo aver fatto questo, dopo esserti preso tutto il tempo che ti serve, ricordati di vivere la tua vita. Dopo esserti amato abbastanza da essere felice di stare con te, torna ad amare. Ma di un amore puro. Senza ossessioni, violenza, ricatti o abitudini. Ama prima te stesso, poi gli altri.

La mia frase d’Amore preferita, che sicuramente non troverete romantica, né dolce, ma che, ad un’attenta analisi capirete essere l’unica davvero pregna di Amore puro, continua ad essere:

«Ti Amo, ma sono felice anche senza di te…»

 

“Tanto più resistente è la corazza,

tanto più fragile è l’anima che la indossa”.
Edvania Paes

 

A tutte le vittime di femminicidio, cui va tutto il mio affetto.

A tutti gli uomini vittime delle donne, cui va tutta la mia pena.

A chi sceglie di fare la vittima, cui va tutto il mio biasimo.

CIRCONDATI DI PERSONE MIGLIORI DI TE…

«BB, circondati sempre di persone migliori di te…» confesso che, quando mi è stato rivolto questo consiglio, non ci ho badato più di tanto. L’ho trattato come uno dei tanti suggerimenti che ci vengono regalati da chicchessia, gratuitamente, ogni giorno, perché chiunque si sente in diritto/dovere di aiutarti a vivere la tua vita. «Circondati di persone migliori di te…» mi sono state anche argomentate le ragioni, molto, molto bene. Però, niente. Questa frase mi è apparentemente scivolata addosso. O non ero pronta a recepirla.

Perché dopo è successo qualcosa: quelle parole hanno iniziato a lavorarmi dentro, risuonavano nella mia testa come un mantra e mi sono sovvenuti anche i motivi per i quali avrei dovuto farlo:

«Le persone sono degli specchi, se frequenti qualcuno per un determinato lasso di tempo, inizierai ad agire e ad essere come lui. È inevitabile, naturale, per questo devi sempre circondarti di persone migliori di te».375368_10151050321035584_443060970583_22115426_857456637_n

Detta in questo modo, non sembrerebbe per niente semplice. Innanzitutto bisogna fare un grosso dispetto al nostro ego per riconoscere che ci sono individui che ci superano in qualcosa: intelletto, cultura, dialettica, simpatia, umanità, qualsiasi ambito. QUALCUNO È SUPERIORE A NOI. Cavolo.

Tendiamo a sceglierci situazioni nelle quali possiamo primeggiare, per compiacere la nostra autostima e ignorare le nostre lacune. È troppo facile così e di sicuro non è la strada per crescere, imparare ed eccellere davvero.

«Circondati di persone migliori di te.  Assorbi più che puoi, evolvi, rifuggi tutto ciò che ti abbrutisca. Diffida dai boriosi saccenti: non sapranno insegnarti nulla, perché troppo presi dall’essere fintamente onniscienti. Coloro che trasudano tracotanza difficilmente diffondono sostanza. Gli insegnanti migliori che incontrerai nel tuo cammino, saranno quelli inconsapevoli di esserlo, chi, naturalmente, con il proprio comportamento, carattere e le proprie azioni, dimostra di possedere qualità morali e spirituali superiori. Vuoi anelare al cambiamento, progredire, elevarti? Circondati sempre di persone migliori di te…»

Poi ho pensato a come avessi condotto, fino a quel momento, la mia vita e, incredibilmente, mi sono accorta di aver sempre messo in pratica quelle parole. Il parametro che utilizzo è: «Cosa porta questo individuo nella mia esistenza?»

Non so se vi capita lo stesso, ma certe persone mi fanno sentire bene. Basta la loro presenza, una parola, un sorriso, mi riempiono, mettono di buon umore e non so spiegarne il motivo. Hanno un’influenza positiva sulla mia realtà. Anche se le vedo poco, ci parlo ancora meno o frequento di rado, mi fanno stare BENE.

Viceversa, provo un fastidio fisico di fronte a certi individui e – anche qui – non so spiegarvelo, ma è come se venissi contaminata dalla bassezza interiore. Rifuggo istantaneamente questa gente.

Forse è vero che le anime si riconoscono prima che lo faccia la razionalità, o che certe ci compaiano davanti proprio quando ne abbiamo bisogno, ma accade. Accade ogni giorno, però bisogna saperle prima riconoscere e poi seguire.

«Cosa APporta questo individuo nella mia esistenza?»

Diffido – senza concedere il beneficio del dubbio – di chi sorride poco, di chi non sa ridere di sé, di chi si prende sempre troppo sul serio, di chi non gioisce degli altrui successi, di chi non conosce l’umiltà e l’uso di tre espressioni fondamentali: «Grazie», «Scusa»  e «Non lo so».

Allo stesso modo, evito chi si trattiene, a qualsiasi livello, sia nell’esternare affetto o semplicemente umanità. Chi è parco di parole per disinteresse, non per pudore d’animo. E, al contrario, chi riempie la bocca di vocaboli vuoti, ma poco il cuore di azioni. Chi compete sempre, chi cerca di ostacolare il miglioramento altrui, chi, potendo, non aiuta, chi s’accompagna solo ad alterigia, superbia ed ipocrisia, chi non è disposto a condividere, idee, esperienza, per paura del giudizio o di perdere la propria supremazia.

Chi tratta il tuo tempo e la tua mente come un postribolo atto solo a raccogliere lamentele, critiche, malumori e frustrazioni. E che, al contrario, si dimentica di te quando va tutto bene.

Chi non fa e giudica chi invece ha il coraggio di fare, chi denigra costantemente il lavoro altrui, chi non è prodigo di complimenti ed altruismo, malcelando un’invidia profonda dettata dal desiderio di predominare.

1Parimenti, allontano il finto buonismo – dannoso più della cattiveria sincera – di chi finge di essere amico di tutti, di accettare ogni cosa, non punta i piedi, non si ribella e non manifesta apertamente disagio.

Viceversa evito chi si lagna continuamente di tutto e tutti, chi ha bisogno di sminuire gli altri ed elogiare sempre se stesso. Le persone piccole che non fanno altro che raccontarti quanto siano grandi, in un incessante «Ioioioioio» decantatore di prodezze che, spesso, vedono solo loro…

Riconosco e bandisco la pericolosa cattiveria degli infelici, che – sebbene mi provochi una certa compassione – danneggia qualsiasi cosa e persona le capiti davanti e, purtroppo, se ne compiace. Chi vive nel mors tua vita mea, non provando mai empatia o solidarietà.

Sii sempre affamato di miglioramento e non cedere alle grettezze dell’anima e di soggetti tali che possano contaminarti…

Guardati intorno, scegli con cura gli insegnanti, impara più che puoi, e se senti che persone, ambienti o situazioni non contribuiscono più alla tua crescita, bensì la limitano, la ostacolano o ti creano sofferenza, abbi sempre il coraggio di allontanarli.

È vero che “i rami secchi cadono da soli”, ma, ogni tanto, una bella potatina non guasta…

Forse rimaniamo delusi dalle persone quando ci accorgiamo di averle sopravvalutate, di non avere nulla da imparare da loro e che non sono superiori come credevamo, ma al contempo non hanno né l’umiltà né la predisposizione ad imparare da noi. Forse le avevamo investite di un´identità che non è la loro, idealizzate ed è per questo che poi ci deludono.

Non prendertela, a volte alcuni individui non sono semplicemente in grado di recepire o impartire insegnamenti, magari hanno incrociato la nostra vita quando non era tempo o magari – quando e se sarà il momento – li ritroverai sul tuo cammino come allievi pronti a ricevere o maestri vogliosi di insegnare. Ma non mancheranno anime superiori dalle quali apprendere e attingere, mai. Basta saperle riconoscere ed avere l’umiltà e il coraggio di seguirle.

Da qualche essere ho appreso il dono dell’ironia dissacrante e demonizzante e – sopra ogni altra cosa – quello dell’autoironia che ha ucciso per sempre la suscettibilità che mi causava sofferenza.

C’è chi mi ha insegnato ad essere gentile con chiunque, per quanto possibile, e fintanto che la gentilezza non venga scambiata per stupidità, arrivando al mero sfruttamento.

Soprattutto ringrazio quanti mi hanno mostrato come sia indispensabile coltivare un sano egoismo, spesso additato e denigrato. Sbagliate: l’amor di sé DEVE essere alla base della nostra esistenza e DOBBIAMO coltivarlo, nutrirlo e difenderlo in tutti i modi che conosciamo.

Potrei fare una lista molto, molto lunga di meteore che sono passate nella mia vita, ma delle quali ricordo ogni singola parola . Ne potrei fare una eguale di quelle transitate e poi allontanate che mi hanno lasciato solo disillusione.

Grazie ad ognuno di voi.images

Si dice che ogni persona ci lasci qualcosa, non credo sia sempre vero. Credo, piuttosto, nel lasciare andare chi non è in grado di lasciare né di apprendere nulla, ma anche questi ci insegnano che forse noi siamo molto meglio di quel che credevamo…

Ogni volta che qualcuno mi stringe la mano per presentarsi, sorrido, annuncio il mio nome e penso mentalmente: «Spero davvero che tu sia migliore di me…»

 

 

«Alla fine tre cose contano:

quanto hai amato, come gentilmente hai vissuto

e con quanta grazia hai lasciato andare cose non destinate a te»

Proverbio Buddhista

 

 

 

A VOI, che siete migliori di me… 😉

UN COMPLEANNO DA RICORDARE…

Ebbene sì, il tempo passa! Per voi, chiaramente, perché io ho compiuto sempre 29 anni… per l’ennesima volta!!

Ma quest’anno è diverso. Questo è stato un compleanno da ricordare! Il film lo avete visto? Dai è un cult! Una mia amica ed io ci telefoniamo ogni volta che lo danno per guardarlo, tornare adolescenti e sognare ancora.

Comunque non ho compiuto sedici anni e il più figo della scuola non mi è venuto a cercare portandomi la torta e mai accadrà. In primis perché non vado più a scuola già da un po’ e soprattutto perché – come ben sapete – la vita è tutt’altro che un film!hero_EB19840101REVIEWS401010384AR

Il mio è stato un compleanno da ricordare per altri motivi…

Non so voi, ma a Capodanno e ad ogni genetliaco mi viene naturale stilare un bilancio: dove mi trovo, quali obiettivi ho raggiunto, sono felice? Stavolta voglio esternarlo al mondo…

Faccio parte della schiera di persone “che non si lasciano stare”, quelle che chiamano sensibili, empatiche, o – semplicemente – profonde, qualcuno anche“pesanti” e devo dire che hanno ragione. Io mi sento solo una con tanti pensieri e poche parole e il già noto “vaso di coccio tra vasi di ferro”.

Da piccola – come tutti – avevo dei sogni e dei progetti ed ero davvero una bambina favolosa! Un esserino impertinente e così sicuro di sé, che guardava al mondo con aria di sfida e l’incoscienza che possono avere solo i bimbi.

Non so in che momento questa bimbetta mi abbia lasciata, ma mi manca.

Forse è successo quando ho iniziato a scontrarmi con la realtà e ho permesso che la vita mi cambiasse. Questa stronza, non solo non ci dà sempre quello che vogliamo, ma – troppo spesso – prende il sopravvento e noi riusciamo ad esserne solo spettatori disarmati. Così tutti i nostri bei progetti si fottono, lo sguardo si abbassa e la sicurezza svanisce.

Gli ultimi anni, poi, mi hanno tolto e dato tutto, condotto all’Inferno e riportato.

Ho conosciuto la disperazione pura, la depressione più totale, un abisso così nero e profondo dal quale, tuttora, non riesco a capire come abbia fatto ad uscirne indenne. Forse la bimba impertinente ha preso di nuovo il comando e ci ha salvate entrambe…

Ho smesso di prendermi cura di me stessa e delle persone che mi erano davvero vicine, perché pensavo – avevo deciso – che non ne valesse più la pena. Per questo, non riesco ancora a perdonarmi. Ma sicuramente tutto ciò mi ha trasformata e ho finalmente trovato un mio equilibrio.

Si dice che chi abbia avuto problemi seri, subìto un lutto grave, visto la morte da vicino, poi cambi, affronti la vita in maniera totalmente diversa e apprenda appieno il significato di essa.8416518286_311d46f669

Queste persone le riconosci, io ho imparato a distinguerle a chilometri di distanza. Forse è questo che è capitato a me e che doveva accadermi perché capissi molte cose.

Una delle parole chiavi che ormai uso costantemente è: “ridimensionare”. Guardare tutto nella giusta prospettiva.

Quante volte ci siamo trovati in circostanze che sembravano disastrose, poi col tempo le abbiamo superate, il dolore è svanito e ci siamo resi conto che erano solo sciocchezze. Quanto tempo perso dietro a persone immeritevoli, situazioni malsane, sofferenze gratuite. Troppo.

Gli avvenimenti molto gravi sono pochi, per fortuna. E possiamo immaginarli… Si trova un rimedio per tutto. Non vedo più i problemi come montagne insormontabili. C´è sempre una soluzione e, anzi, molto spesso le cose si sistemano da sole e molto più facilmente di quel che crediamo.

Non mi lascio sconvolgere dagli accadimenti esterni.

Non mi affanno… Né nel cercare di cambiare le situazioni, né per piacere a tutti.

Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, sempre, ma non farti neanche mettere i piedi in testa. Le persone tendono a prevaricarsi, rispetto tutti ma, sopra ogni altra cosa – finalmente –  rispetto me stessa e mi faccio rispettare. Anche se a volte con certa gente non vale neanche la pena discutere. Non lo vedo come un segno di debolezza, tutt´altro. Il mio tempo e i miei pensieri sono preziosi, quindi cerco di non sprecarli in discussioni sterili. Sono arrogante? Forse. Più che altro penso che le persone scelgano come vederti indipendentemente da quello che tu faccia o dica. Se decidono che piaci loro, potrai fare qualsiasi cosa, ma lo penseranno sempre. E vale anche il contrario. Perciò non mi lascio sfiorare dalle opinioni altrui. Faccio i conti solo con me stessa, il resto lo lascio andare….

Non sono mai riuscita a fare i finti sorrisi e, per questo, ora non mi colpevolizzo più. Anzi sono fiera della mia onestà comportamentale e consapevole che non possono piacermi tutti, né io posso piacere loro. E lo accetto.

Non mi va più di giustificarmi, di far capire o spiegare chi sono – anche se lo sto facendo proprio adesso – la massa sceglie di fermare il proprio sguardo ad altezza tette, alcuni sul trucco sempre perfetto, altri sul tacco dodici e decidono l’etichetta da darmi. Spesso rimangono delusi che io non corrisponda per niente all’idea che si erano creati e non mi interessa più. Non fingerò mai di essere quella che non sono.

Non mi piace stare in mezzo alla folla, se c’è troppa gente, in genere è sicuro che non ci sono io. Alcuni penseranno che sia per superbia, in realtà non ho la scioltezza necessaria per fronteggiare una ressa e non amo sgomitare, in nessun ambito. E poi, lo ammetto, spero anche che qualcuno noti la mia assenza. Sono patetica? Sì, e non me ne vergogno affatto… Non più. Ci faccio sicuramente una figura migliore se pensano che sia per alterigia e non mi va più di chiarirmi sempre con un: «Guarda che io non sono per niente così…». Tutti possono dire la loro, puntarmi contro il dito o parlarmi alle spalle. Io rimango imperturbabile. E, ancora una volta, qualcuno lo prenderà come freddezza, ma come ho già ampiamente esposto, non mi tange il pensiero altrui. Non mi interessa più l’opinione di chi ha fretta di giudicare, il mio equilibrio deve essere preservato.

Non posso farmi scalfire da chi preferisce pensare che io sia un’algida stronza, piuttosto che andare oltre l’apparenza e scovare un’anima impaurita che si difende. Io so chi sono, voi pensate ciò che volete e non posso farmi ferire da questo, il mio equilibrio deve essere preservato.

Ho una cerchia di persone insostituibili che mi coltivo con tutto l’amore di cui sono capace e che ci saranno sempre. Del loro giudizio mi interessa, eccome, del loro amore anche. Mi prendo cura di loro sempre, costantemente e dimostro loro quanto siano importanti per me. A chi lo merita, il cuore, l’anima e anche di più, agli altri auguro semplicemente una “Buona Vita” lontano da me.

Ce ne sono tanti che mi mancheranno per sempre. La vostra assenza, la mancanza dei vostri auguri, anche quest’anno, mi devasta.

Per un momento sono rimasta completamente da sola per scelta e circostanze varie. Probabilmente, in altri periodi della mia vita, non sarei riuscita a sopportarlo. Ora ho imparato a convivere con la mia solitudine che reputo un’alleata insostituibile e irrinunciabile dalla quale rifugiarsi e non più una nemica da rimpiazzare con chiunque. Mi cullo in lei ogni volta che ne avverto la necessità e, chi mi conosce davvero, sa e comprende questi miei momenti e che dopo ne esco rinata. Esco dal mio guscio solo se la compagnia mi aggrada, non ho più l’ansia delle uscite, né dell’onnipresenza alla mondanità e non mi fanno più paura quattro mura.

Preservo il mio ritrovato equilibrio, anche a costo di un’esistenza solitaria.

Sixteen_Candles_272Non gioco coi sentimenti degli altri e non tollero minimamente chi lo fa coi miei. Perciò rifuggo tutte le situazioni poco chiare, ambigue, disturbanti, anche se mi costa dolore, ma non posso più accanirmi, non posso inseguire, non posso aspettare. Il mio equilibrio ne uscirebbe devastato.

È che non me lo posso più permettere, capite? Non posso più piangere, rimuginare, fantasticare, di tempo ne ho sprecato già abbastanza e tutti noi sappiamo che non è infinito. Ho fatto dipendere troppo il mio umore da comportamenti e azioni altrui e ora non permetto più a nessuno di turbare la mia ritrovata pace interiore.

Sconvolgermi la vita positivamente, quello lo concedo a tutti.

Se mi trovo qui, adesso, in questo momento, con determinate persone piuttosto che altre, vuol dire che mi dovevo trovare qui. C’è sempre un motivo. Potrebbe sembrare assistere inermi alla propria vita, non viverla e lasciarsi trasportare da essa. In realtà è un adattarsi agli imprevisti pensando che non sempre quello che accade di negativo è negativo, anzi, certe volte è la nostra salvezza o è qualcosa che ci catapulta verso l’inimmaginabile.

Come dice qualcuno:“A volte il destino ha più fantasia di noi” a volte poniamo limiti alla Provvidenza e ciò che immaginiamo la delimita di molto. A volte ci convinciamo che quello che ci manca, sia il solo responsabile della nostra felicità o causa della mancanza della stessa. Ma siamo solo noi a scegliere se essere felici o meno e non possiamo davvero, davvero, immaginare cosa ci aspetti domani.

Lascio che la vita mi sorprenda…

Mi ha condotto in posti che non avrei mai immaginato, con persone sconosciute poi divenute pilastri, colonne poi sbriciolate, ma sono sopravvissuta.

Anche questo blog rappresenta un inaspettato portone aperto su una porta che mi è stata chiusa in faccia, con immenso dolore. Non so dove mi condurrà, ve lo dirò, ma – per ora – il viaggio mi sta piacendo molto e sta andando ben oltre ogni mia aspettativa. Grazie.

Mi guardo costantemente allo specchio in cerca di rughe inesistenti, mi muovo milioni di critiche ma in fondo, in fondo, molto in fondo, mi accetto così come sono. Non sarò mai una taglia quaranta, combatterò sempre contro cellulite e occhiaie e i capelli non staranno mai come dico io, ma va bene così.

Ho deciso di essere più indulgente con me stessa…un_compleanno_da_ricordare

Mantengo degli atteggiamenti da bambina e ne sono fiera. Ho imparato a ridere sempre e di tutto, a cominciare da me stessa. La mia Bimba Interiore ha finalmente smesso di urlare e ora canta, in macchina, sotto la doccia, fa scherzi ogni volta che ne ha occasione e non si prende MAI sul serio. E sono felice che la mia parte puerile, irrazionale, incontrollata, sia rimasta intatta, nonostante tutto.

Siamo il frutto delle nostre scelte: sbagliate, azzeccate, ridicole, ottime, pessime, va bene così! Tutti sbagliano. Siamo essere fallibili per fortuna! E sono i fallimenti che portano al miglioramento. E adesso ho scelto di essere felice. Ascolto il mio cuore, SEMPRE. Ci parla molto più di quel che percepiamo, basta spogliarsi del giudizio e saper ascoltare. Sbaglierò, ma almeno so che ogni gesto che compio o ometto, proviene direttamente dal mio cuore e questo mi fa stare bene.

Prima il mio compleanno doveva essere un giorno grandioso, avevo un motivo per sentirmi speciale, amata e festeggiare, in grande chiaramente. Ora tutto questo non m’interessa più… Poche persone, cose semplici, affetto autentico. Questo conta. Ho ricevuto tantissimi auguri. Il pensiero che tutte queste persone abbiano voluto trovare – perché si sceglie di trovarlo – del tempo da dedicarmi, mi ha riempita di gioia. Questo conta. E forse vuol dire, forse, che alla fine, non sono una così brutta persona…

Sono qui e sono viva.

Anche se le cose non sono andate esattamente come volevo, se quasi mai vanno come vorremmo, ho imparato ad accettarlo e oggi, nonostante tutto, nonostante tutto ciò o chi mi manca, nonostante una lista dei “nonostante” pressoché infinta, oggi, nonostante tutto, io mi sento felice e sono grata di questo.

E questa è tutta la teoria…

..La pratica è che – ve lo confesso – ogni tanto mi dispero ancora per cose stupide. Mentre scrivo queste righe, anche il mio viso è rigato e non so dirvi se siano lacrime di tristezza o commozione. Ma va bene così. Accetto anche i miei tanti limiti e i momenti di debolezza e fragilità. Vuol dire che sono ancora in grado di emozionarmi, di provare sentimenti profondi e di non vergognarmi mai di essi.

Comunque uso trucchi waterproof perché pure da commossa devo rimanere gnocca e poi così non c’è traccia, perché – si sa – le gnocche mica ce l’hanno un’anima!

Per i compleanni si augura la fortuna, la felicità, l’amore, d’ora in poi io augurerò tutto questo.

Per i vostri compleanni, vi auguro di arrivare dove sono io ora. Di trovare questa pace, felicità, serenità e consapevolezza che inseguiamo, a volte, per tutta la vita. Vi sembrerà banale, vi sembrerà poco, per me non lo è affatto.

Ve lo auguro di cuore.

…E Buon Compleanno da ricordare a me… 😉

«… E adesso dimmi com’è andata?

Com’è stato? II viaggio di una vita lì con te…

Io spero solo tutto bene, tutto come…

Progettavate voi da piccole…»

Liga

«Tutto questo tempo a chiedermi cos’è che non mi lascia in pace…

Tutti questi anni a chiedermi se vado veramente bene

così come sono

Così un giorno ho scritto..

Ho aspettato a lungo qualcosa che non c’è,

invece di guardare il sole sorgere…

 E miracolosamente non ho smesso di sognare

E miracolosamente non riesco a non sperare

E se c’è un segreto è fare tutto come

se vedessi solo il sole e non qualcosa che non c’è…»

Elisa

A chi c’è Sempre e a chi mi mancherà SEMPRE

SONO UNA VIGLIACCA…

È inevitabile che, avvicinandosi la fine dell’anno, si tenda a fare un’analisi dell’andamento degli ultimi dodici mesi. Mi sento sempre in credito nei confronti dell’Universo, ma quest’anno ho una certezza da affrontare: sono una vigliacca.filosofo-tuttacronaca

Se analizzo i miei comportamenti, pensieri, parole, opere e omissioni, la conclusione è sempre questa: sono una vigliacca.

Ho mollato. Sono sprofondata in un abisso nero nel quale mi sono cullata per mesi perché sono una vigliacca e ho smesso di lottare. Tanti hanno preferito non vedere, altri troppo egocentrici o superficiali per farlo.

Mani tese verso di me per afferrarmi, due, forse tre, non di più. Mani che ho provato perfino a cacciare, perché sono una vigliacca, volevo crogiolarmi nelle mie debolezze e non volevo essere salvata. Mani protese a chiedere, sempre molte… Sono stanca. Davvero. Ho eliminato altre persone dalla mia vita, tante.

Molte pensano che io sia la più stronza del mondo e mi va benissimo così. Perdonatemi,  non lo ero, mi ci hanno fatto diventare e ora mi adagio in questo mio nuovo ruolo, perché sono una vigliacca e ho smesso di chiedere e dare spiegazioni. Ho imparato che chi mi vuole davvero bene mi ama anche così, degli altri non me ne frega proprio più niente. Non ho più la voglia di comprendere sempre e ascoltare chi mai lo fa. Non mi interessa sentire lamentele continue. Non è gradito chi c’è “perché o finché non trova di meglio”. Chi porta solo nevrosi perché ho già le mie e vi assicuro che bastano. Chi parla solo e di fatti ne fa pochi. Chi cambia comportamento a seconda dell’interlocutore, chi si dimentica di te se non gli servi più.

Chi vuole esserci è ben accetto. La porta è sempre aperta, sia per entrare che per uscire. Ma non si richiedono né si fanno preghiere di nessun tipo. Così è. Amen. La mia vigliaccheria si esplica, così, nell’intolleranza. Non tollero più, elimino e basta. È più facile e, ormai, scelgo la via in discesa, perché sono una vigliacca.

Resto fedele alle etichette che mi sono affibbiata, piuttosto di provare a vedere se posso diventare altro. «Sono così». Punto.  Ho posto barriere, paletti, costruito un recinto di convinzioni nel quale pascolo insieme ai miei pensieri che non confido a nessuno.

Fingo indifferenza invece di puntare i piedi e alzare la voce. Nascondo i miei sentimenti, invece di provare a esternarli. Sono una vigliacca, perché ho scelto di tacere invece di parlare.

«Certe parole, a pronunciarle, suonano male, per questo non le diciamo» non ricordo dove l’ho sentito, ma sono assolutamente d’accordo. Certe cose non si possono proprio dire. Se sei una vigliacca, poi, non le pronuncerai mai.95561 ed

Le frasi composte da tre parole sono le più difficili. Tre parole, tremila paranoie…  “Tu mi piaci, Ti voglio bene, Io Ti Amo, A me dispiace,  Tu mi manchi, Io sono felice, Tu sei speciale…” La più difficile, perché si ammette la propria debolezza, è: Io ho paura. Ho paura di tutto, ho paura di essere giudicata, additata, non compresa, di non essere perfetta, all’altezza, ho paura di essere felice, ho paura di TE… Come si fa a dire una cosa simile? A investire una persona di una tale responsabilità e, allo stesso tempo, soddisfazione? Tu sei importante. Io sono ferita. E ho talmente tanti mostri nella testa, che ho paura di mostrare a chiunque, che, ormai, ho preferito nutrire loro piuttosto che le mie speranza perché sono una vigliacca che ha paura.

“Io ti ringrazio”. Mi sono tenuta per me anche questo. Avrei dovuto e avrei voluto dirlo a un’anima gentile che è arrivata inaspettatamente nella mia vita, donandomi delle risposte a delle domande che, ovviamente, non le avevo mai posto.

Ma non ho detto niente e l’ho lasciata andare perché “sono una vigliacca” e un giorno magari mi pentirò di tutto quello che non ho detto, ma, ora, ho paura e ho deciso di coltivare lei, piuttosto che vivere.

Penso che, se fossi stata un pochino più coraggiosa, non sarei ora qui a scrivere.

Sono sprofondata in un abisso nero e mi sono detta che, ormai, era l’unico posto in cui potevo rimanere. Perché sono una vigliacca e non avevo più voglia di combattere. Sono stanca. A volte bisogna capire quando è giusto mollare. Ho mollato. La mia vigliaccheria mi ha coccolata e custodita nel buio, raccontandomi che era inevitabile e che sarei stata finalmente al sicuro. Le ho creduto. Lottare, per cosa? Sperare, ancora? Basta, sono stanca. Sono rimasta in un abisso nero, circondata da muri di certezze, spettri e incubi tutti costruiti e alimentati da me. Sono una vigliacca, ho preferito smettere di sognare e ho spento la Luce. Sono rimasta nel buio per mesi, ma non riuscivo più a tollerare l’oscurità e non avevo più la forza di anelare alla Luce.311210_savanna_-lvica_-oxota_1920x1200_(www.GdeFon.ru) ed

Penso che, se fossi stata un pochino più coraggiosa, non sarei ora qui a scrivere.

Ma sono una vigliacca. Per fortuna…

 

“Tanto più resistente è la corazza, 

tanto più fragile è l’anima che la indossa”.

Edvania Paes

 

Dedicato a chi mi ha detto «Ho paura di essere felice,

perché ho smesso di credere alla felicità…»

E al coraggio di essere felici tutti i giorni…

Prima pubblicazione: 30.12.2014