Solo questo siamo riuscite a dire in coro la mia amica ed io, alla vista di un Bono Sapiens a noi noto in compagnia di una, anch’ella ben nota, gatta morta. Peraltro detentrice dell’immenso potere di riuscire a rompere enornemente gli zibidei, senza vederli spesso. Peraltro manco bella e no, neanche simpatica.
Eccchecazzo.
Mentre li osservavo, ho dapprima spalancato la bocca, poi ho fatto il labbretto, come una bimba alla quale viene scippato il gioco preferito.
Diciamocelo, la botta è stata tosta, perché lui è il Bono Sapiens del mio cuore, non lo sa nessuno e tutti ne sono coscienti. Perfino noi.
Ho pensato a tutto l’impegno che stavamo profondendo da anni in uno stuzzicamento reciproco che, una volta sfogato, sono certa che produrrebbe più fuochi d’artificio che una notte di San Silvestro.
Tutto il nostro eccitante cercarci e respingerci, condito da sguardi rubati, linguacce sceme, sorrisi che disarmano ogni tattica, e sconfinano con prepotenza la zona di sicurezza nella quale ci trinceriamo saggiamente e vigliaccamente.
Mi sono tornati in mente tutti i discorsi fatti, tutto il suo millantare conquiste e la generosita con la quale si dava e dava… Attenzioni a qualsiasi fanciulla ne richiedesse.
Tutto il senso di inadeguatezza, ben camuffato, che si impadronisce sempre di me in sua presenza. Tutto sostituito da quella immagine che cozzava con ogni pensiero, ogni vanto, ogni logica, ogni speranza.
Anzi, no. La speranza la fomentava pure. Perché se costei è riuscita a stare con lui, speranza ce n’è davvero per tutti.
Eppure succede.
Ma non a me.
Queste importanti considerazioni, sono state bloccate dalla domanda della mia amica, basita almeno quanto me:
“BB, ma non dici nulla?”
“Non riesco a dire niente…”
“Tuuu?? Come è possibile??”
“Ho in mente solo la barzelletta di Raoul Bova…”
“Cheee??”
“Sì, dài, la barzelletta di Raoul Bova, Brad Pitt, Patrick Dempsey, chi ti pare. Qualsiasi bono famoso che ti viene in mente”.
“E qual è? ”
“Ci sono una moglie e un marito.
Lei fa a lui: ‘Caro, ma se ti dicessi che sono stata con Raoul Bova, che diresti?’
E lui risponde: ‘Be’, lo guarderei da uomo, e poi gli direi: certo Raoul, fai tanto il figo e poi… Guarda con chi vai!”
Non so voi, ma io la frase: «Non la posso lasciare perché lei è troppo debole, insicura, ecc…» l’ho sentita fin troppe volte, direttamente e indirettamente.
Il primo sentore di questa circostanza, lo ebbi sin dalla tenerissima età, guardando Candy Candy. Per una serie incredibile di eventi, questa sfigata piagnucolosa (e manco bella, dai!) era riuscita a conquistare Terence, altresì detto IL FIGONE.
E, mentre eravamo tutte lì a singhiozzare che allora è vero, il Lieto Fine arriva, se patisci sufficientemente, l’universo ti ricompensa e, come Cenerentola prima e Candy poi, pure se sei una patetica sfigata, alla fine un figo te lo accaparri sicuro. Eddaje! Capimmo che, invece, manco per niente…
Perché Terence la amava, sì, ma non poteva stare con lei, perché Susanna – la donnuccia-uccia-uccia-deboluccia – per salvarlo ci aveva rimesso le gambe e allora “Ti amo ma non posso, DEVO stare con lei”. Per riconoscenza mista a senso di colpa, intrisa di dovere, ottenendo, così, la relazione di “circostanza”, in cui sono entrambi infelici, ma stanno comunque insieme. Allora Candy scappa per le scale e lui la rincorre e le si avvinghia da dietro e piangono tutti e due e però, niente, non se po’ fa!
Bel quadretto.
E già lì, già da ragazzine, abbiamo capito che ‘sta cosa dell’Amore celava un sacco di fregature e che se poco, poco eri una in gamba (appunto) eri fottuta!
Anni dopo, proprio a ME, toccò fare la Candy Candy della situazione. Quando le mie orecchiucce delicate dovettero sentire le testuali parole:
«Sì, tu sei tu, non c’è paragone, ma io proprio non posso. DEVO rimanere con lei. Lei da sola non ce la farebbe mai…»
Da lì in poi, attraverso incontri o racconti, di donne ritrovatesi novelle Candy, e uomini filantropi, ho imparato che il mondo è pieno di Susanne che gna fanno, minacciano suicidi, e sono davvero troppo, troppo fragili, povere! [e lo sapete che ne penso delle Gatte Morte, vero? Se non lo sapete, leggete QUI]
E il mondo è altresì generoso di Uomini affetti dalla “Sindrome di Terence”, ovvero quella patologia che li spinge a vivere una vita di merda, di supplizi, sacrificati in nome dell’inerzia e del senso di colpa, a fianco di una donna che non amano.
Che poi le donne lo sanno pure di non essere amate e – giuro, giuro, giuro! – viviamo come fratello e sorella e non ci tocchiamo mai, mai, mai e – quelle poche volte che succede – è ginnastica, è timbrare il cartellino, ammazza che schifo.
Però, oh, DEVO!
Ovviamente te lo chiedi: cosa sei, un crocerossino? Chi te lo fa fare di immolare la tua vita e la tua felicità per qualcun altro?
Certe volte, ahimè, le fanciulle attuano dei ricatti morali e materiali davvero difficili da ignorare. Sono sicura che, se ci pensate, vi vengono in mente svariati esempi. Certe volte è davvero difficoltoso per uomini perbene e con un briciolo di cuore, mollarle.
E mi sono sempre chiesta come possa una donna sensata (posto che lo sia), adulta, e con un filo di amor proprio, accettare un compagno di facciata.
Perché tu, donna, se uno vuole o no stare con te, lo sai, lo capisci. Non raccontiamoci il contrario. Piuttosto che stare sola, preferisci una relazione di copertura?
Non pensi di meritare di essere amata, ma amata davvero, e non per convenienza o supplica?
Mi chiedo pure, se dietro questa condanna e abbraccio all’eterna infelicità, esista un tacito, reciproco accordo secondo il quale io resto la “lei” ufficiale, non starò mai da sola, ma devo chiudere un occhio sulle infinite corna che popolano la mia testa. (Non disdegnando, magari, di pareggiare i conti… )
La domanda è, allora, lecita: ma che rapporto è?
Altro fatto che mi ha sempre molto colpito, è la distinzione immediata che riescono a fare gli uomini tra quelle che “non ce la possono fare” e le “donne cazzute che je la fanno, eccome”.
Forse perché non frigniamo, forse perché non supplichiamo e non minacciamo di porre fine alla nostra vita, ma loro sono certi che, va be’, tanto a te passerà, ce la farai, tu sei TOSTA.
A noi, figurati, ‘ste cose non ci sfiorano nemmeno!
Noi siamo forti, a noi “cazzomene”, abbiamo il cuore e la vagina rivestiti di materiale impermeabile e ininfiammabile, a noi che ce frega!
Siamo fredde e insensibili stronze che tanto se la caveranno, ovvio.
Loro no, le Susanne del mondo gna farebbero mai, scherziamo? Affrontare addirittura una rottura e la vita, completamente sole, chi ci riuscirebbe? Ah, giusto! NOI. Va be’ ma noi possiamo e dobbiamo. Scusa, abbiamo giocato, pacchetta sulla spalla e vattene affanculo. Dai su, che tanto tu non crolli.
Va detto che, ovviamente, noi conosciamo solo una versione della storia, quella del lui altruista. Sarebbe interessantissimo appurare se queste donne siano consapevoli che i loro uomini stanno loro accanto, per mera carità cristiana. Se, effettivamente, siano loro ad aver mendicato attenzioni e presenza, e non viceversa, se questa non sia tutta una favoletta per non impersonare la parte del cattivo, il traditore seriale, ma, piuttosto, quello che vorrebbe pure, ma è talmente buono e riconoscente da non sentirsela di abbandonare la lei che gli è stata vicino per anni.
Ci fanno decisamente una figura migliore, non trovate?
Infine una risposta alla domanda che, sono certa, in molti stanno formulando. I soliti, quelli che non sbagliano mai e hanno sempre quella tremenda voglia di puntare il ditino accusatore contro qualcuno:
«Perché mettersi proprio con uno sposato/fidanzato?».
Ecco.
Sicuramente a voi non sarà MAI successo, ma – nel resto del mondo – capita tutti i giorni.
Certe volte, certe cose, accadono e basta. Anche se ti eri giurata che tu no l’avresti fatto mai.
Non si programmano, né progettano, ma si verificano. E i motivi possono essere i più disparati: la solitudine; il gusto del proibito; l’illusione di riuscire a non legarsi troppo; la vigliaccheria che impedisce di non assumersi un impegno serio e da ultimo, ma più importante, succede anche – e soprattutto – perché l’infelicità spinge la gente a cercarsi altro.
Non è piacevole essere “l’altra”, la cattiva, la zoccola, non è il sogno di nessuna donna essere etichettata come tale. Ma, a volte, accade.
Infatti, nove volte su dieci, sono proprio queste “rovina famiglie” a troncare la liason, poiché stufe di un ruolo che non gli appartiene. Confermando, in effetti, loro sì, di essere così forti da preferire la solitudine a un legame fittizio e infelice.
E finché ci saranno rapporti di apparenza, vi si affiancheranno quelli clandestini.
Ma, onestamente, mi chiedo quali siano quelli davvero“sbagliati”.
PS: Comunque, se io fossi stata Candy, penso che avrei riposto al Sig. Terence:
«Ti capisco, figurati, che problema c’è? Io tanto me la cavo, sono forte! Sono orfana, amica solo di un procione, perché la mia ex migliore amica si è rivelata una grandissima stronza. Le famiglie adottive mi hanno trattata di schifo, l’amore della mia vita è morto, tu mi stai piantando, però, oh, sto in piedi! In tutti i sensi. Quindi è giusto che tu stia con lei, perché lei c’ha bisogno. Magari di due, ne fate uno sano. Prenditela a braccetto e andatevene affanculo insieme!»