Credo molto nei “segnali”, ovvero quando accadono determinati fatti che sembrano voler indirizzare la tua vita: una chiamata che non si sente; il telefono scarico; una strada che si sbaglia; una scritta letta di sfuggita; una canzone che sembra parlare di te; un’ora di ritardo ad un appuntamento; un incontro “per caso”, che non è mai “a caso”.
Ho sempre creduto molto in questi suggerimenti da parte dell’Universo.
Proprio l’altra sera ne parlavo con un amico che mi raccontava come non fosse riuscito a seguire il programma che si era prefissato per la serata. Era stato letteralmente impossibilitato. E io avevo commentato con un serafico: “Be’, sai, in genere le cose vanno esattamente come devono andare. Non è poi così sbagliato prestare attenzione agli accadimenti e farsi guidare da loro…”.
Lo penso, lo penso davvero.
Poi la mattina successiva è successo qualcosa…
Il mio inconscio ha deciso di ignorare la doppia sveglia e io ho rischiato seriamente di non essere presente ad uno degli eventi più importanti della mia vita. Non mi era MAI accaduto di non svegliarmi in occasione di una partenza, una circostanza speciale, un appuntamento, o qualsiasi tappa fondamentale nella mia esistenza.
Grazie alla mia pignoleria patologica – che mi aveva fatto programmare la levata in deciso anticipo – avevo un margine temporale che, forse, mi avrebbe permesso di arrivare in tempo a quel volo. Lavaggio e vestizione al volo – appunto – sono comunque riuscita ad uscire di casa, rimandando il trucco al viaggio in macchina.
Il traffico trovato sul GRA mi aveva quasi tolto ogni speranza di riuscita, ma ce l’ho fatta. Ero in ritardo, ma potevo ancora riuscire a prendere quell’aereo. DOVEVO.
Esigua fila ai controlli, ma – i pochi minuti recuperati – nuovamente persi nei tre passaggi sotto al metal detector che continuava a suonare.
“Si tolga le scarpe, si tolga i bracciali, si tolga la cinta…”
“Per favore, è tardi! Non posso perdere questo volo!!”
“Vada…”
Ho continuato la corsa, mentre tutto il Leonardo da Vinci rideva per questa matta in tacchi a spillo che trottava come un’ossessa, impegnata in un percorso a ostacoli improvvisato, con una vescica stracolma che non avevo il tempo di vuotare, e una tachicardia atroce.
La fretta mi ha fatto leggere male il numero del gate. Ovviamente il mio era l’ultimo: altro piano, altro giro, altra corsa.
Col fiatone e a fatica, sono arrivata. Ho provato, finalmente, il senso di vipposità connesso al fatto di essere l’ultimo ad imbarcarsi, con un intero aereo pieno ad aspettarti. Me la tirerò per anni.
Arrivata al mio posto, vi ho trovato seduto un uomo che dormiva. Con imbarazzo l’ho svegliato, dicendogli che quello era il mio sedile, la mia fila, il mio finestrino, mentre lui mi guardava male. Se avesse fatto storie, lo avrei intimidito con la frase che echeggiava, in quel momento, nella mia mente:
“Se ‘n te levi, te do una pizza che te faccio prova’ tutto quello che ho passato stamattina!! E pensa che so’ ancora le otto e mezza!! Fino a stasera, che dovrà succede ancora??”
Con fare scocciato, se n’è andato.
Mi sono accomodata, notando che la poltrona accanto a me era vuota. Ho cominciato a riprendere fiato, ripensando a tutte le peripezie che avevo superato, per essere finalmente lì. Ma c’ero. Ce l’avevo fatta.
È stato in quell’istante che mi si è insinuato nella testa questo strano pensiero…
Mi è sovvenuto tutto quel che ci insegnano i film che accade quando scambi il tuo destino con quello di un’altra persona. Quando forzi le porte di una metro, o cedi il tuo biglietto, o il tuo posto a un altro. Quando sembra – perché è – che tutto sia contro di te, ma tu ti ostini a continuare per la tua strada.
Tutti quei piccoli segnali mi stavano dicendo che, forse, non sarei dovuta essere su quell’aereo, quel giorno, in quel momento.
Non avevo prestato attenzione agli avvertimenti ed ero una pazza a non scendere immediatamente. Oppure significava che, nonostante i contrattempi, ero riuscita ad esserci ed era giusto che andasse così?
Mentre cercavo di capire, l’aereo è decollato e, con esso, la mia via di fuga da un destino che si preannunciava tragico.
Tutto quanto faceva molto “Final Destination” e io non avevo recepito i suggerimenti dell’Universo, che non voleva farmi perire miseramente su un aereo.
Ho iniziato a pensare a tutti i “segnali” che avevano accompagnato la mia vita, a ogni volta che, con saggezza, li avevo colti e a quando avevo preferito ignorarli, per poi accorgermi, col senno del poi, di quanto fossero notevolmente lungimiranti.
Ho appreso, sin da piccola – da uno dei miei libri preferiti – che il nostro cammino è disseminato di indicazioni, che ci condurranno verso la realizzazione del nostro destino, la nostra Leggenda Personale, il nostro scopo.
Purtroppo, quella mattina, avevo deciso di non affidarmi a loro e questa sarebbe stata la mia ultima scelta scellerata. Le forze universali avevano provato a salvarmi, ma io non ero stata abbastanza percettiva e questo sarebbe stato la mia rovina. Come accaduto molte volte in passato, quando ho insistito, nonostante evidenze palesementi contrarie.
Mentre ripercorrevo la mia esistenza, l’aereo è atterrato. Così dolcemente, da non farmene quasi accorgere.
Allora non era l’aereo, allora magari una macchina mi investirà, o qualcuno mi aggredirà, o mi rapiranno, o…
O, niente.
Il mio viaggio è stato fantastico, la mia occasione speciale, pure. Quei presunti segnali che sembravano volermi dire di non andare, li ho ignorati perché era molto più forte la voglia di esserci. E ho fatto strabene.
Perché il mio istinto – l’unico che merita SEMPRE di essere ascoltato – sapeva che ce l’avrei fatta e che non avrei mai perso quei momenti. A ogni costo, in ogni modo, perché dovevo e volevo essere lì. Lo volevo con tutta me stessa.
Ho finalmente capito che, nella mia vita, mi sono raccontata un bel po’ di cazzate.
Vedendo segnali come un’infinita pletora di buoni propositi o scuse, opportunamente usati a seconda del caso. Ma non quello del fato, a seconda di quanto, inconsciamente, avevo già deciso.
Perché i segnali magari ci indirizzano, ci guidano, ma verso una scelta che avremmo comunque fatto. O ci fanno rinunciare quando non siamo sufficientemente convinti. Li usiamo per farci dare delle “spintarelle” d’incoraggiamento, in una o nell’altra direzione.
Questo ho capito.
Che le opportunità o le persone che ho perso, non mi interessavano realmente, e ho sbagliato a dispiacermene. Che si lotta sempre, nonostante gli impedimenti, per ciò, e chi, si tiene.
Che, forse, questa storia che “è tutto già scritto”, non so se sia vera.
Che non lo so se davvero il destino possa essere interessato alla mia vita. Quello che so, è che in questa mia vita, non ho MAI saltato le occasioni nelle quali volevo a tutti i costi essere presente; le chiamate che non volevo perdere; le ricorrenze che non volevo dimenticare; i pezzi di vita che volevo condividere; i contatti che volevo mantenere.
Che i traguardi ai quali tenevo, li ho sempre raggiunti, anche contro ogni previsione.
Che, quando volevo, sono uscita con la febbre, zoppa, col brufolo ‘della festa’ sul naso e coi capelli sporchi. Quando non ero convinta, mi sono fatta scoraggiare da un lieve mal di testa, la poca ricezione del telefono, o l’oroscopo avverso che “Sembra proprio, proprio parlare di me, te lo giuro!!”
Che ha ragione Coelho quando dice che: “L’Universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio…”
Ma solo se lo desideri davvero.
In caso contrario, troverai molte scuse e molti “segnali” per desistere, e un commento che è di parecchio conforto per noi vigliacchi: «Si vede che non era destino…»