DILLO CON UN ADESIVO! (MA ANCHE NO…)

Io sono una che adora le emoticon, lo ammetto. Su Whatsapp faccio addirittura dei rebus sfruttando le icone e sono pure parecchio brava e creativa.

Però…

Però.

Ormai ci siamo talmente abituati a loro, da esserci scordati delle parole. Quelle vere, quelle che leggi e rileggi, quelle che ti ricordi, quelle alle quali ripensi. Ora, al massimo, puoi dire: «Mi ha mandato un cuore grande che batte!» Che poesia e soprattutto che culo! Tu magari hai scritto un poema e la risposta è:

Taaanto caaarino, taaanto dolce, ma poi?

Anche il Messenger di Facebook è il non plus ultra degli adesivi, li installi, li togli, ce se sono per tuuutti i gusti.

Io ve lo dico, ma ogni volta che rispondete con un pupazzo, ormoni femminili si suicidano.

Io sono una donna e sono pure parecchio paranoica, ma tendenzialmente non credo di essere molto diversa dal resto del mondo, perciò quando uno/a mi risponde con uno smiley, un pupazzo o col semplice pollice – messo addirittura di default dal signor Facebook per facilitare la liquidazione di una risposta e imparanoiarci ulteriormente – la scena che vivo è più o meno questa:

-Ha risposto con un adesivo:

  1. Non sa che rispondere, ma risponde per cortesia e allora mette una faccina;
  2. Non gli va, ma vedi sopra;
  3. Non gliene frega niente di quello che ho detto, ma vedi sopra;
  4. Chi cazzo sei?
  5. Che cazzo vuoi?
  6. Tutte le precedenti;
  7. La conversazione finisce qui.

Ecco, l’ultima ipotesi è quella che prevale. Se uno/a non si prende neanche il disturbo di scrivere tre parole, capisco che non è interessato/a alla conversazione e quindi la stoppo.

Ok, capita che uno legga di corsa, mentre guida, mentre il telefono è scarico e trovi nei pupazzetti un modo veloce per rispondere, ma generalmente si rimanda una risposta più corposa ad un secondo momento:

«Scusa ho risposto al volo, ma…»

SE CI SI TIENE.

Se ciò non accade, dall’altra parte si recepisce che la risposta era esattamente quel cazzo di pupazzo e che la conversazione doveva, effettivamente, finire lì. Incassare e accettare.

Ma, ricordatevi che ogni volta che inviate come risposta un adesivo, sappiate che – da qualche parte – centinaia di estrogeni vomitano dolore, e che il pollicione fa salire l’stinto omicida.

Fidatevi, in certi casi è meglio un chiaro “Vaffanculo”.

Almeno è scritto da voi…

E questo accade quando siamo noi a subire il “Trattamento faccine”. Lo odiamo, lo schifiamo, lo malediciamo.

Ora, però, dovremmo ammettere che lo usiamo anche noi. Dite di no?

Ok, comincio io.

Molto spesso, trovo negli adesivi una degna “salvata”:

  1. Quando voglio chiudere una conversazione noiosa e sterile, senza essere scortese;
  2. Quando non so davvero cosa stracacchio rispondere;
  3. Per sviare un discorso spinoso;
  4. Quando sono indaffarata, ma dall’altra parte si insiste nell’inviare messaggi;
  5. Tutte le precedenti.

Ringrazierò per tutta la vita il Signor WhatsApp, per aver inserito – tra le tante – l’omino che alza gli occhi al cielo,

del quale abuso con gran soddisfazione, e – soprattutto –  il dito medio. Che mando nero, con l’illusione che appaia più cazzuto, quindi più efficace.

Sono anch’io una pessima persona,

Lo ammetto, ma non ditelo in giro, che poi qualcuno ci rimane male.

Esattamente come me.

Ma, forse, rispondere con un adesivo è meglio che non rispondere affatto…

Però, se uno non vi risponde più, significa che non ha davvero più nulla da dirvi e il motivo dovreste conoscerlo.

PS: Ok qui lo dico e qui lo nego: certe volte, certe volte… un cuore dice più di molte parole che, spesso, non riusciamo proprio ad esternare… Certe volte. Per il resto, avete rotto le palle con ‘sti adesivi, grazie! 😉

LA SINDROME DI TERENCE

Non so voi, ma io la frase: «Non la posso lasciare perché lei è troppo debole, insicura, ecc…» l’ho sentita fin troppe volte, direttamente e indirettamente.

Il primo sentore di questa circostanza, lo ebbi sin dalla tenerissima età, guardando Candy Candy. Per una serie incredibile di eventi, questa sfigata piagnucolosa (e manco bella, dai!) era riuscita a conquistare Terence, altresì detto IL FIGONE.

E, mentre eravamo tutte lì a singhiozzare che allora è vero, il Lieto Fine arriva, se patisci sufficientemente, l’universo ti ricompensa e, come Cenerentola prima e Candy poi, pure se sei una patetica sfigata, alla fine un figo te lo accaparri sicuro. Eddaje! Capimmo che, invece, manco per niente…

Perché Terence la amava, sì, ma non poteva stare con lei, perché Susanna – la donnuccia-uccia-uccia-deboluccia – per salvarlo ci aveva rimesso le gambe e allora “Ti amo ma non posso, DEVO stare con lei”. Per riconoscenza mista a senso di colpa, intrisa di dovere, ottenendo, così, la relazione di “circostanza”, in cui sono entrambi infelici, ma stanno comunque insieme.  Allora Candy scappa per le scale e lui la rincorre e le si avvinghia da dietro e piangono tutti e due e però, niente, non se po’ fa!Barbie Bastarda Candy ev2

Bel quadretto.

E già lì, già da ragazzine, abbiamo capito che ‘sta cosa dell’Amore celava un sacco di fregature e che se poco, poco eri una in gamba (appunto) eri fottuta!

Anni dopo, proprio a ME, toccò fare la Candy Candy della situazione. Quando le mie orecchiucce delicate dovettero sentire le testuali parole:

«Sì, tu sei tu, non c’è paragone, ma io proprio non posso. DEVO rimanere con lei. Lei da sola non ce la farebbe mai…»

Da lì in poi, attraverso incontri o racconti, di donne ritrovatesi novelle Candy, e uomini filantropi, ho imparato che il mondo è pieno di Susanne che gna fanno, minacciano suicidi, e sono davvero troppo, troppo fragili, povere! [e lo sapete che ne penso delle Gatte Morte, vero? Se non lo sapete, leggete QUI]

E il mondo è altresì generoso di Uomini affetti dalla “Sindrome di Terence”, ovvero quella patologia che li spinge a vivere una vita di merda, di supplizi, sacrificati in nome dell’inerzia e del senso di colpa, a fianco di una donna che non amano.

Che poi le donne lo sanno pure di non essere amate e – giuro, giuro, giuro! – viviamo come fratello e sorella e non ci tocchiamo mai, mai, mai e – quelle poche volte che succede – è ginnastica, è timbrare il cartellino, ammazza che schifo.

Però, oh, DEVO!

Ovviamente te lo chiedi: cosa sei, un crocerossino? Chi te lo fa fare di immolare la tua vita e la tua felicità per qualcun altro?

Certe volte, ahimè, le fanciulle attuano dei ricatti morali e materiali davvero difficili da ignorare. Sono sicura che, se ci pensate, vi vengono in mente svariati esempi. Certe volte è davvero difficoltoso per uomini perbene e con un briciolo di cuore, mollarle.

E mi sono sempre chiesta come possa una donna sensata (posto che lo sia), adulta, e con un filo di amor proprio, accettare un compagno di facciata.

Perché tu, donna, se uno vuole o no stare con te, lo sai, lo capisci. Non raccontiamoci il contrario. Piuttosto che stare sola, preferisci una relazione di copertura?

Non pensi di meritare di essere amata, ma amata davvero, e non per convenienza o supplica?

Mi chiedo pure, se dietro questa condanna e abbraccio all’eterna infelicità, esista un tacito, reciproco accordo secondo il quale io resto la “lei” ufficiale, non starò mai da sola, ma devo chiudere un occhio sulle infinite corna che popolano la mia testa. (Non disdegnando, magari, di pareggiare i conti… )

La domanda è, allora, lecita: ma che rapporto è?

Altro fatto che mi ha sempre molto colpito, è la distinzione immediata che riescono a fare gli uomini tra quelle che “non ce la possono fare” e le “donne cazzute che je la fanno, eccome”.

Forse perché non frigniamo, forse perché non supplichiamo e non minacciamo di porre fine alla nostra vita, ma loro sono certi che, va be’, tanto a te passerà, ce la farai, tu sei TOSTA.

A noi, figurati, ‘ste cose non ci sfiorano nemmeno!

Noi siamo forti, a noi “cazzomene”, abbiamo il cuore e la vagina rivestiti di materiale impermeabile e ininfiammabile, a noi che ce frega!

Siamo fredde e insensibili stronze che tanto se la caveranno, ovvio.Barbie Bastarda Susanna

Loro no, le Susanne del mondo gna farebbero mai, scherziamo? Affrontare addirittura una rottura e la vita, completamente sole, chi ci riuscirebbe? Ah, giusto! NOI. Va be’ ma noi possiamo e dobbiamo. Scusa, abbiamo giocato, pacchetta sulla spalla e vattene affanculo. Dai su, che tanto tu non crolli.

Va detto che, ovviamente, noi conosciamo solo una versione della storia, quella del lui altruista. Sarebbe interessantissimo appurare se queste donne siano consapevoli che i loro uomini stanno loro accanto, per mera carità cristiana. Se, effettivamente, siano loro ad aver mendicato attenzioni e presenza, e non viceversa, se questa non sia tutta una favoletta per non impersonare la parte del cattivo, il traditore seriale, ma, piuttosto, quello che vorrebbe pure, ma è talmente buono e riconoscente da non sentirsela di abbandonare la lei che gli è stata vicino per anni.

Ci fanno decisamente una figura migliore, non trovate?

Infine una risposta alla domanda che, sono certa, in molti stanno formulando. I soliti, quelli che non sbagliano mai e hanno sempre quella tremenda voglia di puntare il ditino accusatore contro qualcuno:

«Perché mettersi proprio con uno sposato/fidanzato?».

Ecco.

Sicuramente a voi non sarà MAI successo, ma – nel resto del mondo – capita tutti i giorni.

Certe volte, certe cose, accadono e basta. Anche se ti eri giurata che tu no l’avresti fatto mai.

Non si programmano, né progettano, ma si verificano. E i motivi possono essere i più disparati: la solitudine; il gusto del proibito; l’illusione di riuscire a non legarsi troppo; la vigliaccheria che impedisce di non assumersi un impegno serio e da ultimo, ma più importante, succede anche – e soprattutto – perché l’infelicità spinge la gente a cercarsi altro.

Non è piacevole essere “l’altra”, la cattiva, la zoccola, non è il sogno di nessuna donna essere etichettata come tale. Ma, a volte, accade.

Infatti, nove volte su dieci, sono proprio queste “rovina famiglie” a troncare la liason, poiché stufe di un ruolo che non gli appartiene. Confermando, in effetti, loro sì, di essere così forti da preferire la solitudine a un legame fittizio e infelice.

E finché ci saranno rapporti di apparenza, vi si affiancheranno quelli clandestini.

Ma, onestamente, mi chiedo quali siano quelli davvero“sbagliati”.

 

 

PS: Comunque, se io fossi stata Candy, penso che avrei riposto al Sig. Terence:

«Ti capisco, figurati, che problema c’è? Io tanto me la cavo, sono forte! Sono orfana, amica solo di un procione, perché la mia ex migliore amica si è rivelata una grandissima stronza. Le famiglie adottive mi hanno trattata di schifo, l’amore della mia vita è morto, tu mi stai piantando, però, oh, sto in piedi! In tutti i sensi. Quindi è giusto che tu stia con lei, perché lei c’ha bisogno. Magari di due, ne fate uno sano. Prenditela a braccetto e andatevene affanculo insieme!»

 

Con Amore,

alle mie donne cazzute.

Sempre più fiera di voi.

 

 

IL LATENTE “VAFFANCULO”!

Oggi sono alle prese davvero con un gran bel dilemma: ma la gente che ci ferisce merita di essere mandata palesemente affanculo, o è preferibile riservarle solo la nostra indifferenza?

Dobbiamo avere la soddisfazione, almeno, di sfanculare chi ci fa del male? O questi non sono degni neanche che diamo loro questa soddisfazione e questa importanza?!vaffanculo

Ci fa stare davvero meglio urlare in faccia a questi stronzi/e un grandioso «VAFFANCULO!»?

Una parola, molteplici significati:

spesso si usa per “giocare”, accompagnata da un sorriso. Qui invece parlo proprio del “Vaffanculo” quello serio, quello detto a brutto muso, spesso associato al dito medio, ma – più frequentemente – al braccio alzato dal basso verso l’alto per indicare la direzione da seguire.

Quanto è liberatorio dirlo?

Quando ero più piccola ero molto più istintiva ed irruenta e non ho mai fatto mancare i miei insulti a coloro che pensavo li meritassero. Col tempo mi sono ridimensionata e non lo spreco ad inveire contro gente di poco valore.

«…e tu a quel punto, cosa hai fatto?»

«Nulla…»

«Come nulla?? Io me lo/a sarei mangiato/a!!»hqdefault

Me lo sento dire molto, molto spesso…

Perché ora attuo la politica del “Latente Vaffanculo”, ovvero indifferenza e cambio d’atteggiamento. Quando possibile, sparisco totalmente, non ti cerco, non ti chiamo, non ti scrivo, senza dare spiegazioni. Quando non lo è, di sicuro si può notare una gelida freddezza nei confronti di costoro. 

I motivi sono molto semplici: se mi rendo conto che la meschinità è stata involontaria, me ne scordo immediatamente. Quindi, si rivela un bene il fatto che non mi sia prodotta subito in improperi!

Se, viceversa, è stata intenzionale – mi devo ripetere – ma non mi occorre sapere nient’altro. Quindi un vaffa non riuscirà a lenire la mia delusione. Ho sbagliato, nuovamente, a giudicare qualcuno, ma urlargli contro non cambierà il fatto che costui, o costei, non è per niente all’altezza delle mie aspettative e, anzi, mi ha ferita sapendo di farlo.

Di fronte a queste cose, quello che mi chiedo sempre è: «Che bisogno c’è?» Sul serio, non lo capisco. Non riesco a comprendere perché alcuni individui attuino coscientemente dei comportamenti ingannevoli e credo che non lo capirò mai.

Ma, allo stesso modo, “Che bisogno c’è” che io umili me stessa per cercare uno/a stronzo/a doloso/a e dirgli che sto male per dei suoi atteggiamenti? Nessuno, penso.vaffa

Eppure, poco tempo fa, l’ho fatto… Sono andata a citofonare ad uno per insultarlo. (Pure io ogni tanto sbrocco di brutto…) Ma, onestamente, non so dirvi se mi abbia fatto davvero bene.

Se ci penso, rido, ovvio. Però mi sono sentita anche parecchio patetica, lo ammetto. Non solo questo si era comportato di m – ma di M maiuscola – poi io mi sono presa pure la briga di farmi svariati chilometri per prenderlo a parolacce e fargli sapere quanto fossi rimasta male. Non so davvero se ho fatto bene o no…

Invece, un’altra volta,  sono scesa da una macchina sbattendo la portiera e accompagnando il gesto da un poderoso, carnale ed epocale: «Mavvaffanculooovaaa!» quello, in effetti, mi fece stare meglio. Però lo covavo da un po’.

Allora è davvero lecito e liberatorio esternarlo se si è arrivati al limite e non si trovano altre parole per esprimere quello che sentiamo?

Non saprei.

Perciò, nel dubbio, continuerò a praticare il “Latente Vaffanculo”.

Naturalmente questo avviene quando non ci tengo a ristabilire un qualsivoglia tipo di rapporto, se l’offesa è stata particolarmente grave da non ammettere condoni, o se il comportamento scorretto è stato reiterato tanto da farmi perdere completamente la stima in quella data persona: hai chiuso, per me non esisti più e non voglio neanche sprecare parole a spiegarti perché.

E il fatto che NESSUNO  degli sfanculati latentemente sia mai venuto a chiedermi cosa fosse successo, mi fa pensare che, appunto, le condotte siano consapevoli, anche – e soprattutto – delle conseguenze.

Ma se fosse vera la teoria seconda la quale agli uomini le cose bisogna dirle in maniera più che dettagliata perché sono proprio de coccio e non capiscono, (anche se, ripeto, se uno si comporta male, per me se ne rende conto, eccome…) allora ho sbagliato tutto.

Forse esiste qualcuno che non ne è consapevole? Forse era una provocazione che non ho saputo, né voluto cogliere? Forse è davvero salutare dirlo…

Allora presumo che ci sia molta gente che aspettava almeno un mio bel vaffa. Perdonatemi, occorre che rimedi:

A chi è sparito, a chi ha promesso e non mantenuto, a chi mi ha preso in giro, a chi si è “scordato” di me, alle finte amiche che hanno vomitato parole,d249477aacce63be43ab7a4726880a07

Vi giunga il mio più sentito, profondo, immenso e cordiale

MAVATTENAFFANCULOOO!!!

Perché forse ha ragione la mia amica:

«È meglio un vaffanculo detto che uno represso!»

Prometto che, in futuro, non ve li farò mancare MAI…

 

Grazie alle mie consigliere

e fiere praticanti del “Palese Vaffanculo”! 🙂