FLUSSO DI COSCIENZA

«Sei come un’anguilla che sguscia».

Così mi ha detto.

Un’anguilla che scivola via dalle mani, scappa, che non si riesce a trattenere.

«L’hai fatto anche con me» ha aggiunto.

«E si percepisce questa tua attitudine all’andarsene, a lasciar perdere. Questo istinto che ti porta ad allontanarti. Si sente che sfuggi, che hai sempre un piede sulla porta».

Questo me l’ha detto il 10 Dicembre 2018. È quindi da più di un anno che ci rifletto su.

La gente che non pensa la invidio proprio, io sono un continuo rimuginare:

Che faccio?

Ho fatto bene?

Ho fatto male.

Ho fatto, basta.

No, troppo semplice.

Fatto sta che, dopo queste sue parole, mi sono trattenuta per ben due volte quando era sicuro che sarei dovuta scappare. E pure di corsa.

Pure uno di questi altri due me l’aveva detto:

«Tu ti defili…»

Anziché andare, ho pensato che avessero ragione loro, che fossi troppo precipitosa nel prendere l’uscita, quindi sono rimasta in due occasioni a farmi danneggiare. Ben consapevole.

Mentre le Voci nella mia testa mi insultavano.

E i fatti successivi hanno dato loro ragione.

Ve la do io l’anguilla.

Mica sono masochista!

Se mi viene voglia di scappare è perché non sto bene dove mi trovo.

Mica mi incaponisco.

Non più, almeno…

Che senso ha?

Se fossi felice, resterei. Pianterei una tenda, coltiverei il giardino, metterei l’etichetta sul citofono.

Griderei: «STO QUI!»

Perché dovrei fuggire da persone o situazioni che mi danno piacere?

Mica so’ scema!

Eppure lui ne era convinto.

Sono scappata pure da lui. Per coerenza.

Alla fine non pensavo di avere così tanto bisogno di una terapia, in fondo.

O forse sì…

Di sicuro non della sua che non mi soddisfaceva e acuiva le mie problematiche.

E poi non si ricordava le cose.

Capito?

Con ME, che sono un computer  vivente e ti so dire pure in che occasione te le ho dette e le parole precise che ho usato.

Ogni volta dovevamo ricominciare daccapo e mi snervava.

E lo pagavo pure!!

Sono fuggita, sì. Che stavo a fare?

A sentirmi poco considerata perfino da colui che per lavoro (e parcella) avrebbe dovuto ascoltarmi?

O forse aveva ragione e sono una che sa solo scappare…

Boh.

Sarò matta.

Che poi chi riesce a guardarsi dentro talmente bene da decidere di chiedere aiuto, mica è un pazzo.

Anzi, è perfino troppo lucido.

Chi ha capito che la nostra mente ci pone dei condizionamenti che determinano il nostro comportamento e plasmano la nostra realtà ha capito tutto. Altro che folle.

Quindi, sono un genio.

No.

Ma non sono neanche matta.

Sono una che pensa e sente troppo.

Percepisce un cambio di intonazione, un’inflessione, una mancanza ed ogni piccola cura.

E se le segna.

E le accumula.

E tira le somme.

E considera come il tutto la faccia stare.

Questa, sono.

Sì, forse sono un po’ matta.

Che poi i matti veri hanno tutto un mondo loro, un modo di vivere le cose, una realtà che si forgiano come meglio li aggrada. Ma non stanno meglio di noi? Per me, sì.

Mi sa che mi taglio i capelli.

No, per carità, che l’ultima volta, dopo, piangevo e mi volevo mettere le extension.

Mi faccio bionda.

Chissà come sarebbe la mia vita da bionda…

A-N-G-U-I-L-L-A.

Sarò un’anguilla, che ti devo dire.

Un fondo di verità l’ho trovata, ed è pure palese.

Quando si è stati feriti, si scappa per prevenire ulteriore dolore.

Su questo siamo tutti d’accordo, no?

Di fronte a una malaparata ci si dà a gambe, mi pare logico.

Riconoscere se si scappa per paura o perché è la cosa giusta da fare, qui risiede il problema.

Mi ero convinta di non saper più distinguere le due circostanze.

Tutta la pletora delle mie insicurezze mi avevano condotta fino a lui, e le sue parole mi fecero dubitare ancor più di me.

Come se non sapessi più discernere quel che mi faceva male, e dal quale sarei dovuta fuggire, perché persuasa che cercassi solo la fuga.

Che il mio istinto, la parte più intima della mia amigdala, sbagliasse, mi ingannasse, volesse solo preservarsi.

Che era solo mio Ego ad agire, per tornare nello stato di comfort e rifuggire le novità.

Quando sei insicura, credi sempre che chiunque ne sappia più di te, sia più saggio di te, abbia risposte migliori delle tue. E ti affidi.

Molto spesso, sbagliando. Come in questo caso.

Quel che percepivo come dannoso, ormai lo classificavo come paranoie auto-sabotanti.

Non è così come pensi, no. È il tuo giudizio parziale.

Quindi, quando mi sono trovata dinnanzi a comportamenti inqualificabili che, in altri momenti, avrei gestito con un semplice “Vaffa”, alla luce di questo, mi avevano convinta che, no, era tutto nella mia testa. Stavo sbagliando, stavo scappando, mi stavo defilando.

Un cazzo.

Poi aveva pronunciato una parolina che detesto: “Psicofarmaci”.

Stocazzo.

Io dovevo capire il PERCHÈ dei miei (eventuali) problemi, non curarli e basta.

Questo volevo.

Mi ci ero messa d’impegno, eh.

Roba forte.

Tipo che avevo pianto ogni volta, mentre tiravo fuori dalle viscere quel che più mi addolorava. Io, sempre quella che “non piange in pubblico”, ma con colui che avrebbe dovuto vigilare sulla mia salute mentale, mi sembrava opportuno togliere tutte le maschere.

Questi drammatici accoramenti pensavo potessero essere facilmente ricordati.

Manco per il cazzo.

Perché le volte successive mi poneva le medesime questioni che avevo già sufficientemente lacrimato.

Questo nemmeno mi ascolta.

E io sono insicura, e ho bassa autostima, e partorisco paranoie, ok.

E pago uno che non mi ascolta.

Mo, secondo te, sarei dovuta restare solo perché altrimenti mi avrebbe detto che sono un’anguilla?

Eh no, dai.

Sarò anguilla, ma mica so’ scema.

E due.

Che ci sto a fare qui?

Ecco, questa domanda me la pongo spesso.

Se non sto bene, me ne vado.

Questo fa di me un’anguilla?

Ok, sono un’anguilla.

Ma un’anguilla consapevole.

Ho sempre criticato chi si fa le autodiagnosi, ma non mi potevo permettere di essere delusa da qualcun altro.

Ora ti spiego una cosa: quando una che non è avvezza a chiedere aiuto, poi si sforza di farlo, ma non lo riceve, passeranno dei lustri prima che riesca a chiederlo di nuovo. È sicuro.

Molti pensano che sia un fatto di boria e supponenza, no! Non c’entra un cazzo.

In genere, quelli che sono incapaci a chiedere aiuto non è che siano davvero incapaci, ma hanno paura di disturbare. Ci crederesti mai? Ebbene è così. Sappilo. E hanno paura di non trovarlo e di essere delusi. Boom!

“Quelli che non chiedono mai aiuto sono coloro che ne hanno più bisogno”. La sapevi questa? È una grossa verità che pochi considerano.

Se ci rifletti è una spiegazione più che logica.

Stronzi a parte, ovvio. Quelli manco li considero.

Forse dovrei tagliarmi pure le unghie. E mettere una smalto rosso.

Rosso?

Naaa… Non mi ci vedo.

“Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto”.

E se fosse mettere lo smalto rosso?

Ci faccio un pensierino, va’…

Ho perso il filo del discorso, dov’ero?

Ah, cavarsela da soli.

Se qualcosa ho capito di me e che sono una cocciuta con una forza di volontà incrollabile. Quando voglio.

Quindi mi sono giurata che ne sarei venuta a capo. Che avrei agito in maniera obiettiva e senza scorciatoie. Che avrei sofferto e versato lacrime  e sangue, ma avrei trovato le mie risposte. Cazzo, sì.

Così ho letto: pagine e pagine di sviscerato, addentrato, rimuginato. Libri, articoli, seminari, confronti.

Tutta roba “pesante”, tosta e il tutto fatto con una consapevolezza tale da farmi restare sveglia di notte a pensarci, te lo garantisco.

Ho rielaborato e rivissuto svariati episodi.

Ho riconosciuto delle fughe immotivate, per motivazioni davvero ridicole, perche era più facile.

Ma ho notato anche degli indicatori palesi che avevo scelto di ignorare.

Scelto.

Perché mi ero sforzata di restare.

Ora ti dico un’altra cosa: quando una che ha un muro eretto, addobbato, stratificato, calcificato, incontra uno con un muro altrettanto imponente e ben evidente, lo sai lei – l’anguilla – che fa? Fa un’altra bella fila di mattoni. E poi, eventualmente, scappa.

Dimmi, in tutta onestà: lo trovi un comportamento così strano?

Poi, storicamente, ogni volta che mi è capitato di disarmarmi di fronte a delle fortezze, sono successi dei disastri, dei danni per me e delle conseguenze così intrecciate che in Beautiful non sanno manco che so’. E, a dirla tutta, non ne valevano neanche la pena. È logico che ora ci metta un bel po’ a deporre l’elmetto.

Penso a “Love” di Milov. Noi tutti siamo così: bambini interiori spontanei e amorevoli, intrappolati dalle sovrastrutture che ci creiamo e che ci limitano. Ingabbiati dalle paure e chiusi in noi stessi, mentre le anime si cercano. Questo siamo.

E i muri lo rappresentano.

Ma possiamo scegliere (SCEGLIERE) di uscirne.

Lo butti giù? Lo faccio anche io.

“Salti tu, salto io” come in Titanic. Certo, non è che abbiano fatto ‘sta gran fine loro due, vabbè sto divagando, non c’entra niente.

Però io questo lo penso: se si abbassano le recinzioni, occorre venirsi incontro. E viceversa. Ed è bellissimo.

A quel punto, sì che pianterei una tenda, coltiverei il giardino, metterei l’etichetta sul citofono.

Non credi?

Certe volte non vale la pena scalare, questa è un’altra verità. Potresti trovarti a capo di una cordata con un qualcuno che ti trascini, che cerchi in tutti i modi di portarti dietro mentre lui non fa il benché minimo sforzo per salire insieme a te.

Credi sia cosa buona e giusta?

No.

Bisogna tagliare la corda. In tutti i sensi.

Ah-ah, ho fatto la battuta!! So’ troppo simpatica!!

Quindi so discernere quando è il momento di andare via e quando no.

Possedevo da sempre le chiavi del tutto, ma non avevo voluto usarle.

La mente mente e mi sorprende.

A-N-G-U-I-L-L-A.

Che poi l’anguilla è brutta, viscida e strisciante, ma lui mi vede così??

Ammazza…

Oddio, pure qualcun altro mi vedrà così??

Ma sai che c’è?

MASTICAZZI.

Poi lo sai che ho capito proprio bene, bene, bene??

Che mi sono fracassate le ovaie di pensare sempre di avere IO qualcosa che non vada! E basta!

Pure la terapia, volendo, era un’ammissione di “colpevolezza”, di qualche imperfezione grave da correggere, di problematiche che mi rendevano un soggetto da riabilitare.

Socialmente deficiente. Nel senso di deficienza proprio, mancanza. Ma pure deficienza in senso lato.

Sì, lo ammetto che ho un piede sulla porta, cazzo, sì!

Ormai mi curo degli altri in maniera “giusta”. Né più, né meno.

Non soffro né mi sento in difetto per questo.

E ho seimiliardi di altre stranezze che, se vuoi, ti elenco in ordine alfabetico e non so quando potrei finire!

Questo mi renderebbe una donna immeritevole, indegna di assecondare le proprie esigenze e destinata al mesto “accontentarsi di quel che passa il convento nel quale, prima o poi, finirai”?

Non credo.

Mi sono seduta sul mio trono da sgrinfia sussiegosa e ho urlato:

«MI VADO BENE COSÌ!! A VOI, NO?? ESTICAZZIII!!»

Sono una fottuta anguilla sensibile, strana e pretenziosa.

E mi vado bene così.

Tié.

 

 

 

«…BB?»

«Eh?»

«A che pensi? Sei tutta assorta…»

«Ah! Ehm… Niente, niente…»

«Tutto ok? Che c’è?»

«Niente, davvero, nient… No. Non è vero!»

«Allora cos’hai?»

«Il copione di genere prevedrebbe che ti rispondessi “Niente”, come ho fatto. Ma c’è qualcosa che stavo pensando, sulla quale ragionavo, una sorta di flusso di coscienza libero e folle, e te ne vorrei parlare…»

«Dimmi, allora»

«C’entra un pesce…»

«Un pesce??»

«Sì. Si parla di un’anguilla…»

 

 

 

Il flusso di coscienza (stream of consciousness in lingua inglese) è una tecnica narrativa consistente nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi. Da alcuni autori è considerato un vero e proprio genere letterario, anche se altri autori ritengono dubbia questa pretesa.

Il flusso di coscienza viene realizzato tramite il monologo interiore nei romanzi psicologici, ovvero in quelle opere dove emerge in primo piano l’individuo, con i suoi conflitti interiori e, in generale, le sue emozioni e sentimenti, passioni e sensazioni.

Fonte: Wikipedia

2 risposte a "FLUSSO DI COSCIENZA"

  1. “Se mi viene voglia di scappare è perché non sto bene dove mi trovo.
    Perché dovrei fuggire da persone o situazioni che mi danno piacere?”

    Eccellente e logico pensiero che sposa la teoria della causa->effetto.
    Tuttavia ti sento (leggo) troppo incattivita, incazzata col mondo, una barbie veramente bastarda… ma perchè?
    Perchè ti incazzi? Chi devi convincere?

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